L’avanzata diplomatica della Cina è entrata nella sua fase cruciale. Dopo aver piantato solide radici in Africa, dove i legami tra Pechino e numerosi governi locali risultano eccellenti, ed essersi ritagliato un importante spazio d’azione in America Latina e Medio Oriente, grazie soprattutto a ingenti investimenti nel primo caso, e alla mediazione dello storico disgelo tra Iran e Arabia Saudita nel secondo, adesso il Dragone punta dritto sul Cremlino.

In realtà, la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese possono già contare su una partnership, o meglio su una “amicizia senza limiti”, ma il rapporto sino-russo è stato ulteriormente consolidato dal 40esimo incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Nel suo viaggio a Mosca, il presidente cinese ha probabilmente appena sancito la sua presa sul capo del Cremlino, attraverso il quale spera di risolvere, o almeno congelare, la crisi ucraina.

Comunque si risolva la questione, infatti, la Cina potrà dire di aver provato a mediare fino in fondo, in modo tale da ergersi ancora di più come “attore responsabile” agli occhi dei Paesi in via di sviluppo. Ed è proprio su questi ultimi, sugli Stati del sud del mondo, che Xi intende fare buona impressione. Al fine di creare una sorta di comunità attraverso la quale risolvere le più importanti questioni globali e di interesse comune. Con la Cina, va da sé, al centro di tutto.

Se la Cina non intende creare un nuovo ordine internazionale ex novo, Pechino vuole comunque ristrutturare l’attuale architettura, sorta dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, e giudicata da eccessivamente a trazione statunitense. Per riuscirci, Xi ha bisogno di cementare i rapporti almeno con Africa e America Latina, per poi usare Medio Oriente e Russia per circondare definitivamente l’Europa e attirare a sé quante più nazioni europee possibili.

Circondare l’Europa

Di accordo in accordo, la Cina sta cercando di tessere un filo diplomatico in grado di circondare l’Europa su tutti i fronti. A quel punto, con alcuni dei più importanti porti nel Mediterraneo controllati dai cinesi, e con il controllo di ghiottissime rotte commerciali – riguardanti tra l’altro risorse strategiche – Pechino potrebbe auspicare di convincere il Vecchio Continente ad approvare il famigerato CAI.

Il dossier più importante sul tavolo sino-europeo è dunque il futuro del Comprehensive Agreement on Investment, e cioè l’accordo sugli investimenti siglato tra Unione Europea e Cina, ma rimasto in fase di stallo. Pechino sperava che il processo di ratifica dell’intesa potesse sbloccarsi nel 2022 ma così non è stato. Il Parlamento europeo lo ha congelato dopo che la Cina ha sanzionato alcuni legislatori dell’Ue in risposta alle sanzioni europee contro i funzionari cinesi coinvolti nella repressione dei musulmani uiguri nello Xinjiang.

Il nuovo ambasciatore cinese presso l’Ue, Fu Cong, sarebbe adesso desideroso di rilanciare l’iter burocratico per ottenere la fumata bianca. Nei mesi scorsi, il signor Fu è persino arrivato ad affermare che le persone non dovrebbero dare troppo peso alle etichette o a termini come “nessun limite” (usato da Putin e Xi per descrivere la loro amicizia), aggiungendo che Pechino potrebbe descrivere allo stesso modo le relazioni con l’Unione europea.

La ragnatela portuale nel Mediterraneo

Nel frattempo, la Cina può intensificare la sua presenza nel Mediterraneo grazie all’ultima acquisizione centrata dall’azienda statale Cosco Shipping Ports (CSPL), che ha messo le mani su una partecipazione del 25% nel nuovo terminal container di Sokhna in Egitto per una somma pari a 375 milioni di dollari.

Il progetto è un nuovo terminal, che sarà costruito e gestito da una joint venture che includerà anche CSPL, e che avrà un periodo operativo di 30 anni. Il porto di Sokhna è uno dei principali porti egiziani situato a sud dell’ingresso del Canale di Suez, a circa 120 chilometri a est del Cairo. La CSPL, quotata a Hong Kong, ha già un terminal non di controllo in Egitto: il terminal del canale di Port Said Suez.

Vale inoltre la pena sottolineare che Cosco Shipping Ports Limited – Abu Dhabi, consociata interamente controllata da CSPL, attualmente gestisce CSP Abu Dhabi Terminal, la più grande stazione di trasporto merci in container del Medio Oriente nell’ambito di un contratto di concessione di terminal container di 35 anni firmato con Abu Dhabi Ports nel settembre 2016.

Ricordiamo che tre principali colossi dello shipping cinesi, Cosco Shipping Ports, China Merchants Port Holdings e Qingdao Port International Development sono in possesso delle quote di vari porti del Mediterraneo. La lista è lunga: il porto del Pireo, Valencia (51% Cosco), Casablanca (49% Cosco), Vado Ligure (40% Cosco, 10% QPI), Bilbao (40% Cosco), Ambarli (26% Cosco), Marsiglia (CMPort 25%), Port Said (20% Cosco) e Tanger Med (20 % CMPort). A questi si aggiungono Cherchell in Algeria, Haifa e Ashdod in Israele.

La strategia di Pechino

Senza sparare un colpo, e senza coinvolgere direttamente l’Europa, la Cina sta idealmente accerchiando il Vecchio Continente mediante una catena di accordi con Paesi situati in continenti limitrofi.

La strategia sembra seguire le regole applicate nel tradizionale gioco da tavolo cinese del go. Se l’obiettivo degli scacchi consiste nel far cadere il re con un attacco diretto, nel caso anche eliminando tutte le altre pedine, nel go è invece previsto un piano di accerchiamento volto a neutralizzare il nemico mediante la forza che lo circonda e gli impedisce di muoversi. Lo scopo di quest’ultimo gioco, dunque, non consiste nell’annientare l’avversario, bensì nel controllare una zona del tavolo maggiore rispetto a quella nemica.

Da questo punto di vista, la strategia della politica estera cinese sembra ricalcare il percorso di un giocatore di go. L’America Latina e l’Africa rappresentano allora due imprescindibili perle nell’ipotetica catena cinese posizionata ai margini dell’Europa. I numeri sono emblematici: nel 2022 Pechino ha investito 8,4 miliardi nell’Unione europea, 4,7 negli Stati Uniti e dai 7 ai 10, a seconda delle stime, tra America Latina e Caraibi (LAC).

Per quanto riguarda il continente africano, tra il 2000 ed il 2016, la Cina aveva già dato in prestito all’Africa circa 125 miliardi di dollari, stando quanto riferito da  China Africa Research Initiative. Si stima che nel 2017, gli scambi bilaterali delle due controparti abbiano raggiunto la somma di 180 miliardi di dollari, di cui la maggior parte sono frutto di esportazioni cinesi. Ad oggi, quindi, la Cina è il principale partner commerciale e creditore dell’Africa, avendo superato gli Stati Uniti fin dal 2009. Numeri che certificano gli obiettivi del Dragone. Anche se la ciliegina sulla torta è ovviamente rappresentata dal mercato europeo.