Vladimir Putin è da sempre uno dei leader che difende il mandato di Nicolas Maduro. La Russia, insieme a Cina, Turchia e Iran, ha scelto di sostenere la legittimità del mandato del leader del Venezuela evitando di riconoscere Juan Guaido come presidente. Una scelta strategica che nasce da due esigenze. La prima, evitare che la Russia per da un alleato in America Latina. La seconda, fare in modo che gli Stati Uniti non acquistino un altro Paese nel novero degli alleati.

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, una settimana ha fatto una dichiarazione netta: “Consideriamo il tentativo di usurpazione del potere in Venezuela come una violazione dei fondamenti del diritto internazionale”. E ha aggiunto: “Maduro è il capo di Stato legittimo”.





Una scelta di campo molto chiara cui è seguita, oggi, un’altra dichiarazione, questa volta della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, secondo cui la Russia è pronta ad aiutare una mediazione politica tra Maduro e Guaido. “Siamo pronti ad entrare in un meccanismo di mediazione e consultazione accettabile dalle parti in Venezuela”, ha detto la Zakharova. Che ha aggiunto: “Gli Stati Uniti attuarono un piano per cambiare velocemente la situazione in Venezuela molto tempo fa” e ha definito “un vero atto di sabotaggio” le sanzioni contro il governo di Caracas.

Un sostegno politico cui si aggiunge anche una vera e propria alleanza sul campo. E in questi giorni, ci sono alcuni episodi che sembrano andare in direzione di un rafforzamento dell’asse Mosca-Caracas. Il primo di questi avvenimenti riguarda l’arrivo di contractors russi in Venezuela. La notizia è stata riportate per prima dall’agenzia Reuters e non ha ricevuto smentite ufficiali da parte di Wagner, l’azienda russa gigante del settore dei “mercenari”. 

Come riporta l’agenzia anglo-canadese, una fonte vicina al mondo dei contractors russi ha detto ai giornalisti che c’era un contingente russo in Venezuela. Si tratta di Yevgeny Shabayev, leader di un gruppo paramilitare di cosacchi con legami con i contractors russi. E a suo dire, i contractors sarebbero già 400. Altre fonti parlano di gruppi più piccoli. Ma sono importanti le parole di Peskov: “Non abbiamo tali informazioni”. Che non è certamente una conferma, ma neanche una smentita.

Secondo alcuni, i contractors sarebbero giunti in Venezuela attraverso un aereo della NordWind arrivato a Caracas i primi di dicembre. Nei giorni scorsi, Reuters aveva parlato di un aereo presente all’aeroporto Simon Bolivar, totalmente vuoto, nelle ore più calde delle proteste contro Maduro. Ma la stessa agenzia ha dovuto smentire, parlando di un aereo atterrato il 3 dicembre. Una data che comunque è significativa, dal momento che è concisa con il viaggio di Maduro a Mosca da Putin. E c’è chi dice che quell’aereo sarebbe servito non per portare contractors ma per portare l’oro venezuelano al sicuro in territorio russo.

Questo perché, come riporta La Stampa, lo stesso vice ministro delle Finanze russo, Sergey Storchak, “ha dovuto ammettere che Caracas avrà ‘probabilmente dei problemi’ a restituire a Mosca i tre miliardi di dollari che le deve. Ecco perché al Cremlino potrebbero aver deciso di correre ai ripari”. E secondo il deputato José Guerra, dell’opposizione, l’aereo sarebbe servito per spostare tonnellate di oro proprio per evitare che la Russia (e forse anche la Cina) perdesse i crediti vantanti con il Venezuela a causa del colpo di Stato. 

Speculazioni prive di fondamento? Forse. Ma Guerra è un ex economista della Banca centrale. E anche una fonte di Bloomberg molto vicina alla questione ha dichiarato che sono già state messe da parte 20 tonnellate di oro per essere portate verso una destinazione sconosciuta. Maduro ha pochi alleati. Ed è per questo che molti pensano sia proprio Mosca.

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