I saggi antichi sostenevano che nella terra dei ciechi il monocolo è re, una verità sempreverde e più che mai attuale alla luce dell’esaurimento delle risorse naturali in tutto il pianeta. Una di queste risorse, l’acqua, è già oggi inaccessibile o disponibile in quantità limitata in numerosi Paesi e, contrariamente al pensiero comune e dominante, parte di essi si localizza nel Nord globale, o meglio ai suoi margini.
L’applicazione della salomonica locuzione al problema della scarsità idrica è fondamentale ai fini della comprensione di un’ovvietà spesso trascurata o sottovalutata: in un mondo privo d’acqua, chi possiede ingenti riserve di oro blu, o detiene gli strumenti per avervi accesso, è destinato all’egemonia. La Germania, forte della dotazione di entrambi gli elementi, sta fucinando una peculiare forma di diplomazia dell’acqua per espandersi nei Balcani e nell’Europa orientale.
Gli occhi tedeschi sulle acque moldave
La Germania ha investito e sta investendo nel settore idrico moldavo più di ogni altra nazione al mondo. L’acqua sembra essere, sia a prima vista che ad una lettura più approfondita, l’instrumentum regni scelto da Berlino per ritagliarsi una sfera d’influenza all’interno del piccolo Paese in bilico tra Occidente e mondo russo. Sono i numeri a suggerire, anzi a corroborare, questa interpretazione dei fatti.
Le missioni e le attività nel settore idrico moldavo della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) vengono pilotate e pianificate dalla Germania sin dai primi anni 2010; lo stesso accade a livello di Unione Europea, la cui agenda idrica per la Moldavia poggia sul supporto della Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW).
Nel 2016 il Ministero Federale Tedesco per la Cooperazione economica e lo sviluppo ha finanziato l’inizio dei lavori di ammodernamento e potenziamento del sistema intermunicipale di gestione delle acque del Dnestr e dei suoi tributari, che, insieme, rappresentano “la principale fonte di approvvigionamento idrico per l’agricoltura, l’industria e per i due milioni di residenti della Moldavia orientale, Transnistria inclusa”.
Nell’ottobre 2018 l’Agenzia Tedesca per la Cooperazione internazionale (GIZ) ha siglato dei memoranda d’intesa con quattro villaggi appartenenti al distretto Dubasari e con la città di Criuleni aventi come oggetto il miglioramento del sistema intermunicipale di gestione delle acque.
Nel maggio 2018 la Germania ha riportato in vita, tramite la KfW, il dibattito sull’acquedotto Chişinau-Straseni-Călăraşi – un progetto prometeico pensato per assicurare autosufficienza idrica alla Moldavia che, però, non è mai stato realizzato a causa della carenza di capitale, conoscenze e tecnologia – promettendo lo stanziamento di sedici milioni e 500mila euro al fine della costruzione.
Fra il 2016 e il 2019, anche grazie al ruolo determinante giocato da Berlino, 240mila persone hanno ottenuto accesso all’acqua potabile.
L’acquedotto dei sogni
Il Chişinau-Straseni-Călăraşi, una volta completato, permetterà a quasi 200mila persone di avere accesso all’acqua potabile per mezzo dell’unificazione dei punti di trasporto e distribuzione di villaggi e città che si spalmano lungo una rete di 53 chilometri. L’erculeo acquedotto servirà uno scopo fondamentale, garantire sicurezza idrica alla Moldavia, ed è, a tutti gli effetti, la magnus opus della diplomazia dell’acqua della Germania. I lavori dovrebbero terminare nel 2024.
Lo scorso 22 gennaio, l’esposizione finanziaria tedesca nel progetto è lievitata notevolmente: la BfW ha siglato due convenzioni con il Ministero delle Finanze di Moldavia, una di finanziamento supplementare ed una di sovvenzione, aventi come oggetto l’ampliamento del già titanico acquedotto. La BfW, sulla base degli accordi, ha messo a disposizione moldava altri dieci milioni di euro per connettere cinque località alla rete Chişinau-Straseni-Călăraşi.
Gli accordi prevedono, inoltre, la fornitura di servizi di consulenza a supporto del personale che sta lavorando all’acquedotto e che si occuperà della sua ulteriore estensione.
Non solo Moldavia
Non è soltanto in Moldavia che la Germania sta facendo leva sulla diplomazia dell’acqua, anche se, alla luce dei numeri sovraesposti, essa rappresenta sicuramente il caso-studio più significativo. Lo scorso 27 gennaio, ad esempio, Tirana ha ospitato una bilaterale fra l’ambasciatore tedesco in loco, Peter Zingraf, e la ministra dell’energia e delle infrastrutture dell’Albania, Belinda Balluku, durante la quale sono stati firmati tre documenti notabili nei campi dell’energia, degli investimenti e dell’ambiente.
Tre accordi, un denominatore comune: l’acqua. Quel giorno, infatti, Berlino ha ottenuto l’appalto per il ripristino della centrale idroelettrica di Fierza, la più grande del Paese, ha accordato l’erogazione di cinquanta milioni di euro per favorire lo sviluppo regionale integrato attraverso il miglioramento della rete infrastrutturale (inclusa quella idrica), e ha promesso supporto specialistico per la protezione di acque e ambiente a mezzo della creazione di un sistema di “gestione sostenibile dei rifiuti”.
Moldavia e Albania, ad ogni modo, rappresentano soltanto la punta dell’iceberg: la diplomazia idrica di Berlino sta venendo utilizzata in ogni luogo-chiave dello spazio postcomunista di Balcani ed Europa orientale, dalla Bosnia ed Erzegovina alla Macedonia del Nord. Nella sola Serbia, fra il 2000 e il 2017, la Germania ha investito duecentotrenta milioni di euro nel settore idrico.
La domanda globale di acqua è destinata a crescere, gradualmente e costantemente, e chiunque sarà in grado di soddisfarla in maniera adeguata, costruendo acquedotti o finanziando l’innovazione nella dissalazione, scoprirà di avere in mano le chiavi del mondo. Tutto sembra indicare che la Germania, acutamente in anticipo sui tempi, abbia trovato il modo di troneggiare tra i ciechi, o meglio tra gli assetati.