La battaglia di Afrin, come abbiamo già scritto, apre una nuova fase della guerra in Siria e impone nuovi interrogativi. Come reagirà il governo di Damasco davanti all’avanzata turca? Mosca – e, quindi, di riflesso pure Assad – si è accordata con Ankara su questa operazione per avere il via libera per la liberazione di Idlib? Cosa faranno gli Stati Uniti? Abbandoneranno i curdi per stare dalla parte dell’alleato Nato oppure no?

L’iniziativa turca dimostra una cosa: le mire di Erdogan in Siria non si sono mai sopite e il Sultano cerca nuovi spazi di manovra. Il 29 e 30 gennaio prossimi, è stata convocata a Sochi l’Assemblea nazionale siriana, che riunisce sia membri dell’opposizione che governativi. Ma l’opera di pacificazione di Putin potrebbe naufragare: la Turchia non parteciperà nel caso in cui dovessero esserci anche i curdi del Pyd (Partito dell’unione democratica); l’Onu latita (Staffan De Mistura ha parlato di una fase “molto, molto critica” del conflitto), così come gli Stati Uniti. Oggi, in un colloquio telefonico, Sergei LavrovRex Tillerson hanno discusso “del ruolo di Mosca nell’assicurare che il regime di Assad svolga un ruolo costruttivo nel processo negoziale di Ginevra che si svolge sotto l’egida dell’Onu”.

È ovvio che il presidente russo non può continuare in questa direzione senza un consenso il più ampio possibile, che comprenda, oltre alle milizie sul campo, anche gli attori internazionali. 

La Turchia, dopo l’abbattimento di un Sukhoi russo il 25 novembre del 2015, ha cambiato, almeno apparentemente, la propria posizione sulla crisi siriana, avvicinandosi sempre di più alla Russia e a Teheran. Una scelta quasi obbligata, visto l’andamento della guerra. Dopo la caduta di Aleppo nel dicembre del 2016, è apparso chiaro a tutti che Damasco e i suoi alleati stavano vincendo la guerra e che ogni tentativo di un cambio di regime era definitivamente naufragato.

Gli Stati Uniti, che fin dall’inizio del conflitto hanno appoggiato i ribelli (l’8 luglio del 2011 l’ambasciatore Robert Ford entra ad Hama sotto una cascata di rose) hanno poi rivolto le loro attenzioni ai curdi, usati non solo per combattere contro lo Stato islamico, ma anche per creare un’enclave in cui Washington può conservare basi militari e, soprattutto, soldati

L’Arabia Saudita e il Qatar, finanziatori e procacciatori di combattenti per i ribelli, hanno poco alla volta abbandonato il conflitto, tanto che gli stessi combattenti, per lo più combattenti del jihad, hanno cominciato a lamentarsi: “È il comandante Abou Motassam che vi parla, attenzione combattenti, non c’ è più niente da fare, conviene andarsene. Siamo stati venduti, è finita“.

L’Iran, uno dei pochi vincitori del conflitto, è riuscito ad aumentare la propria egemonia nella regione, creando un lungo corridoio che lo porta a lambire, grazie all’aiuto degli alleati libanesi Hezbollah, il Mediterraneo.

La Russia ha saputo ritagliarsi un ruolo di guida non solo in Siria, ma in tutto il Medio Oriente. È riuscita a far sedere allo stesso tavolo governativi e opposizioni, a salvare Assad e a ottenere per altri 45 anni la base di Tartus.

Gli incontri di Astana hanno rappresentato senza dubbio un passo in avanti, ma non sufficiente. E la battaglia di Afrin potrebbe essere usata come merce di scambio per le trattative tra Russia e Turchia. Un’ipotesi rilanciata dall’Agi che, citando un rapporto dell’Ispi, scrive: “Le autorità curde di Afrin avrebbero raccontato di come la Russia, per conto del regime, alla vigilia dell’offensiva abbia offerto al Pyd di fermare le operazioni turche in cambio della consegna di Afrin direttamente al regime. Tale offerta potrebbe rimanere sul tavolo anche nei prossimi giorni, mentre l’offensiva turca è ancora in fase di avanzamento. Ciò permetterebbe ad Assad di prendere due piccioni con una fava: completare l’offensiva su Idlib e contemporaneamente bloccare l’avanzata dei ribelli filo-turchi su Afrin, di fatto bloccandoli nella piccola fascia di Azaz, Jarablos e Al-Bab attualmente in loro possesso”.

Un’ipotesi non così peregrina e che dimostra come i curdi si trovino con le spalle al muro. O trovano un accordo con Assad oppure rischiano di esser schiacciati nella morsa turca. 

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.