La March pro Life è la più partecipata manifestazione a tema del mondo. Si svolge ogni 22 Gennaio, a Washington D.C e se la partecipazione di migliaia di giovani durante la quarantunesima edizione non ha rappresentato certo una sorpresa, il vero elemento di novità è stata la presenza del Vice Presidente degli Stati Uniti d’America, Mike Pence.Lo scopo fattuale dell’evento è quello di chiedere l’abolizione della sentenza Roe vs. Wade, quella con cui la Corte Suprema Americana legalizzò l’aborto negli Usa nel 1973. La crescita numerica e d’entusiasmi del mondo pro life americano, ben si capisce, ha certamente influito sulle scorse elezioni presidenziali: il Tea Party, ma anche le numerosissime organizzazioni studentesche che stanno proliferando attorno a quelli che vengono chiamati valori non negoziabili, sono in crescita costante.Si pensi, per avere un dato concreto, che Students for Life, una rete universitaria, fornisce assistenza a più di 700 gruppi presenti sul territorio americano. Questo composito raggruppamento, insomma, è l’immagine più evidente di una sensibilità, di una visione della realtà in materia, cui Donald Trump ha già concretamente dimostrato di aderire e che sta prendendo sempre più voci in capitolo riguardo alle scelte legislative su questi aspetti.Tra i i primi ordini esecutivi del Presidente Trump, del resto, c’è stato il blocco dei finanziamenti da parte del governo federale alle Ong che praticano aborti o fanno attività informativa sull’interruzione volontaria di gravidanza.Questa prassi, introdotta da Reagan nel 1985, divenuta una costante degli esponenti repubblicani giunti alla Casa Bianca, viene tradizionalmente chiamata “Mexico City Policy”. Se Obama, insomma, aveva inaugurato il suo primo mandato, sbloccando i fondi alle organizzazioni internazionali favorevoli all’aborto, le prime mosse del duo Trump-Pence virano esattamente nella direzione opposta.Certo, nel bipolarismo politico americano questa dialettica è una costante, ma la presenza di Pence all’evento degli antiabortisti di ieri segna un cambio di passo decisivo, un giro di boa in termini di priorità valoriali. Sarà utile ricordare, a sostegno di questo ragionamento, che poco prima della scadenza del suo mandato, Obama stava studiando un modo per far sì che i fondi destinati a Parenthood, la principale delle realtà favorevoli all’aborto, venissero legislativamenter trasformati in permanenti. Sempre l’ex inquilino della Casa Bianca, inoltre, era stato costretto a fare marcia indietro su quella che i suoi oppositori avevano definito “Death panels”, una misura contenuta nella riforma sanitaria che prevedeva la possibilità per i cittadini oltre i sessantacinque anni di avere un colloquio informativo con un medico pubblico rispetto ad una sorta di testamento biologico.All’epoca il mondo pro life si scatenò accusando Obama di voler porre le basi per un’eutanasia di stato. Donald Trump, dunque, cambia decisamente rotta rispetto queste tematiche, decidendo di dar seguito a quanto promesso in campagna elettorale, rendendo maggioritarie le posizioni di un mondo sinora abbastanza sommerso, ma numericamente decisivo in termini elettorali.
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