Qualche giorno fa è trapelata la notizia che il Qatar sarebbe in trattativa con la Russia per l’acquisto di un certo numero di Sukhoi Su-35 “Flanker E” a margine di un accordo di forniture militari più ampio stipulato a ottobre dell’anno scorso.
Come ha riportato anche la Tass in uno stringato comunicato stampa, l’assistente per la cooperazione nelle tecnologie di difesa del presidente russo, Vladimir Kozhin, ha dichiarato che “le trattative sono in corso” tra Doha e Mosca, senza però dare ulteriori dettagli in merito.
La notizia segue quella dell’interessamento del Qatar per il sistema di difesa aerea S-400, come ha fatto trapelare lo stesso ambasciatore qatariota presso Mosca Fahad bin Mohammed al-Attiyah, e se fosse confermata rappresenterebbe un punto di svolta per l’Emirato proprio sulla scorta di quel memorandum di intesa siglato l’anno scorso che prevede l’implementazione dei rapporti bilaterali tra i due Paesi in merito alla cooperazione militare e tecnica, che ha la finalità soprattutto di facilitare la vendita di armamenti russi al Qatar – anche se i dettagli dell’accordo non sono stati resi pubblici.
L’Aeronautica di Doha – se l’accordo con Mosca non dovesse andare in porto – avrà a disposizione una flotta eterogenea ma “occidentale”: per sostituire i suoi 12 Dassault “Mirage 2000-5S” ha infatti ordinato 36 Dassault “Rafale”, 36 F-15QA e 24 Eurofighter “Typhoon” che sono in via di consegna.
Il Su-35 rappresenterebbe quindi il quarto aviogetto da caccia che andrebbe a complicare ulteriormente uno schieramento già di per sé complicato: ciascun velivolo ha infatti bisogno della propria linea di manutenzione e logistica con personale che dovrà formarsi su differenti tipi di macchine.
L’ingresso del “Super Flanker” nella Qeaf sarebbe pertanto una scelta molto azzardata perché trasformerebbe in un “incubo” la gestione della forza armata sul piano logistico e manutentivo, però potrebbe non esserlo dal punto di vista politico.
In questo momento storico il Qatar si trova isolato dopo essere stato indicato dall’Arabia Saudita come “finanziatore dei terroristi” durante l’inaugurazione del Global Center for Combating Extremist Ideology avvenuta la scorsa estate a Riad. Da allora il Gulf Cooperation Council (Gcc) ha elevato un vero e proprio embargo verso l’Emirato di Doha che di rimando si è andato avvicinando sempre di più a Teheran.
Già nelle ore immediatamente successive alla “condanna” saudita l’Iran ha provveduto a sostenere il Qatar con dei voli “ombra” – transponder acceso ad intermittenza e piani di volo non dichiarati – probabilmente carichi di aiuti non solamente alimentari. Sempre l’anno scorso, a maggio, la scoperta di un giacimento “giant” di gas nell’offshore qatariota ha contribuito a ribaltare definitivamente le alleanze locali, con Teheran che ha visto la possibilità di sfruttare gli impianti di liquefazione di Doha per commercializzare il proprio prodotto considerando che proprio il Qatar è il più grande esportatore di Lng al mondo: fumo negli occhi per Riad ma anche per Washington che in Qatar, lo ricordiamo, ha una importantissima base militare (al-Udeid). Stati Uniti che però, potrebbero avere colto l’occasione di questo ribaltamento per avere un canale diplomatico – ufficiale ed ufficioso – preferenziale per controllare le mosse di Teheran, fattore che spiegherebbe la vendita degli F-15 all’Emirato.
La mossa di Doha si potrebbe quindi spiegare nella ricerca di maggior consenso internazionale in modo da uscire così dall’isolamento impostole dal Gcc, guardando a Usa, Uk, Europa e Russia soprattutto ora che Mosca è tornata prepotentemente alla ribalta in Medio Oriente grazie all’onda lunga della guerra in Siria che ha riportato in auge i rapporti del Cremlino con gli Ayatollah.
E’ anche vero che lo stesso obiettivo si sarebbe potuto raggiungere già solo con il possibile acquisto degli S-400 o di altri sistemi militari diversi dai cacciabombardieri di fabbricazione russa, come ad esempio naviglio combattente.
Non è nemmeno da sottovalutare l’ipotesi che Doha voglia mettere pressione sulle cancellerie occidentali – ed in particolare sulla Casa Bianca – affinché vengano ceduti i prodotti hardware di ultima generazione (si vocifera un forte interesse per l’F-35) ponendosi sullo stesso binario dei loro rivali Emirati Arabi Uniti che a ottobre del 2017 annunciarono di voler acquistare sempre i Su-35 in numero tale da poter comporre uno stormo caccia: lo scorso aprile il ministro dell’Industria e del Commercio russo, Denis Manturov, aveva preannunciato i negoziati con Abu Dhabi per la fornitura di “parecchie dozzine” di macchine, ma ad oggi non si è andati oltre la fornitura di documentazione tecnica da parte Uac (United Aircraft Corporation).
Il Qatar sarebbe così il secondo Paese dell’area in seno al Gcc ad affidarsi alla tecnologia russa per quanto riguarda le forze aeree, dato che Arabia Saudita, Kuwait, Oman e Bahrein hanno sempre scelto velivoli occidentali, fatto che segna un’inversione di tendenza nei rapporti diplomatici che è la conseguenza diretta della rinnovata attenzione politica di Mosca verso l’area del Medio Oriente e del Golfo Persico che ha portato ad accordi commerciali (e militari) con attori diversi rispetto a quelli tradizionali: non più solo Siria e Iran, adesso il Cremlino guarda anche a Riad ed Abu Dhabi, coi quali ha stretto importanti contratti di cooperazione militare ed economica.
Risulta però difficile pensare che il Qatar possa entrare a breve nella “sfera di influenza” di Mosca come avvenuto per l’Iran – sebbene Doha e Teheran siano molto più vicine di un tempo – considerando la forte presenza americana nel Paese, ma solamente 10 anni fa sarebbe stato impossibile pensare che l’Arabia Saudita potesse stipulare accordi con la Russia in merito a forniture militari e alla delicata gestione del mercato degli idrocarburi.