Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato le nuove sanzioni da imporre alla Corea del Nord, in seguito al test nucleare dello scorso settembre.Secondo quanto si apprende dal sito delle Nazioni Unite, la nuova risoluzione ONU mira a inasprire ulteriormente i provvedimenti della precedente (2270), con la quale è interdetto ai Paesi membri l’acquisto di ferro, carbone e altri minerali dalla Corea del Nord.Viene inoltre proibito alla Repubblica Democratica Popolare di Corea (DPRK) di esportare statue, rendendo di fatto nulli i contratti che lo Stato Eremita ha stipulato con alcuni paesi africani.La nuova risoluzione, la più dura e completa mai approvata sinora, prevede anche l’inserimento su una lista nera di istituzioni e individui, tra cui alcuni ex diplomatici, coinvolti nei programmi missilistici e nucleari di Pyongyang. Viene inoltre proposta la riduzione di personale nelle missioni nordcoreane all’estero e del numero di conti bancari per ogni missione.Tutte misure, queste, volte ad impedire alla Corea del Nord l’acquisizione di fondi e materiali finalizzati a implementare il suo programma di sviluppo nucleare.Nel mirino è soprattutto il carbone, il prodotto principalmente esportato dalla Corea del Nord (circa il 25% del totale).Secondo quanto riportato de Reuters, il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ha affermato: “Le sanzioni sono efficaci solo se tutti i membri dell’ONU si impegnano ad applicarle.”Un velato riferimento alla Cina, che primi 10 mesi del 2016 ha importato 18,6 milioni di tonnellate dalla Corea del Nord, circa il 13% in più dell’anno precedente.Legata alla Corea del Nord da rapporti economici, geografici e militari, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) svolge un ruolo cruciale nella gestione del problema nordcoreano.Le accuse spesso mosse a Pechino sono di non applicare in maniera efficace le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In passato, Pechino si è sempre opposta all’embargo, dubitando che sanzioni economiche troppo severe possano causare la capitolazione del regime. Al contrario, potrebbero renderlo ancora più aggressivo e imprevedibile.Nel giro di dieci anni (2006-2016), noncurante delle posizioni del governo cinese, la Corea del Nord ha eseguito cinque test nucleari, l’ultimo dei quali, il più potente, appena pochi mesi fa.Da alcuni anni a questa parte, però, il cambiamento di politica nei confronti di Pyongyang si è reso evidente e le conseguenze potrebbero essere significative sui legami che da decenni caratterizzano le relazioni tra i due Paesi.Per un partito comunista al potere, porsi in termini di rottura con il sistema capitalista ha come conseguenza una lotta per la propria sopravvivenza, per evitare di soccombere alle ingerenze politiche, economiche e militari dell’ordine imperialistico vigente.Per difendere la propria sovranità nazionale, la RPC ha intrapreso una strada, mai battuta da alcun Paese prima, di riforme e di sviluppo tecnologico che ha trasformato l’ascesa del gigante asiatico in un vero e proprio “miracolo economico”.Di contro, la Repubblica Democratica Popolare di Corea, ha rigettato l’economia di mercato rimanendo ancorata al dogmatismo politico e scegliendo la strada della militarizzazione. Sopravvivere, per Pyongyang, significa essere in grado di mettere a punto un apparato militare che funga da deterrente alle minacce esterne.Da tempo, il substrato ideologico che legittimava il legame tra i due paesi è venuto meno. Nel corso dei decenni, Pechino ha cambiato mentalità, ambizioni e atteggiamento, specie in ambito internazionale. Una cosa però non riesce a cambiare: il suo confine a nord est, che la costringe a fare i conti con un vicino turbolento e imprevedibile.I tempi in cui 180mila volontari cinesi attraversavano il fiume Yalu in nome del patto stretto durante la Guerra di Corea, sono un ricordo sbiadito. Negli anni Novanta la Cina già smorzava l’enfasi sui legami ideologici tra i due paesi, fino ad arrivare agli anni più recenti, in cui Pechino ha più volte tentato di ridefinire i rapporti bilaterali da alleanza a normali rapporti fra stati.Ma cosa vuol dire normalizzare un rapporto normale con un Paese che, in fondo, proprio normale non è? Significa forse che i rapporti seguiranno i meccanismi dell’economia di mercato, e che quindi ne risulterà un legame sempre meno solido tra le due parti?Dal 2013 a oggi, dall’inizio del mandato di Xi Jinping, le relazioni tra i due Stati si sono raffreddate ulteriormente e le dichiarazioni ufficiali di condanna alle ambizioni nucleari della Corea del Nord sono diventate quanto mai aperte e dirette.Oltre alle divergenze ideologiche e strategiche tra i due paesi, l’allontanamento da Pyongyang è conseguenza di altri motivi. Tra questi vi sono sicuramente anche le ambizioni internazionali della Cina, il crescente dibattito interno relativo alle politiche estere e un approccio decisamente impudente alle relazioni con il proprio partner principale da parte della DPRK.Di certo, anche il cambio di leadership ha giocato un ruolo importante. A differenza del nonno e del padre, Kim Jong-un non ha mai vissuto in Cina, né ha mai avuto stretti legami personali con i leader cinesi.Nel 2013, Kim ha fatto giustiziare Jang Song-taek, suo zio, lo stesso che l’anno prima aveva ottenuto dalla Cina la promessa di investimenti e l’istituzione una Zona Economica Speciale sul confine tra i due Stati. Un’occasione sfumata, questa, che avrebbe potuto contribuire allo sviluppo dell’economia nordcoreana.Il quarto test nucleare del gennaio 2016, in cui tra l’altro alcuni edifici cinesi prossimi al confine sono stati danneggiati, è stato eseguito proprio mentre una delegazione del governo cinese si trovava a Pyongyang. È stato inoltre il primo test nucleare ad essere effettuato senza che Pechino ne fosse stata messa al corrente.Come se non bastasse, poche settimane dopo, alla vigilia del capodanno cinese, la principale festività della RPC, la Corea del Nord ha lanciato il proprio satellite. Una scelta tempistica talmente inappropriata da lasciar pensare a una vera e propria provocazione.Non è chiaro quanto Kim riconosca l’importanza di avere al proprio fianco un partner come la Cina che, oltre a rappresentare la stragrande maggioranza del proprio commercio estero, si è sempre mostrato pronto a fornire aiuti economici nei periodi più difficili.Il regime di Pyongyang dipende strettamente dalla RPC, la quale rappresenta il 90% del proprio commercio estero. Militarmente, i due Paesi sono vincolati dal trattato Sino-Coreano, stipulato nel 1961 e rinnovato automaticamente ogni vent’anni. Il trattato prevede l’impegno di entrambe le parti ad intervenire in aiuto nel caso in cui una delle parti subisca un’aggressione non provocata. Questo non significa, evidentemente, che Pechino sosterrà Pyongyang qualsiasi cosa faccia.L’applicazione dell’embargo da parte del governo cinese è un chiaro segno di come sia cambiato l’atteggiamento nei confronti di Pyongyang.Di fatto, questa è la prima volta che un presidente cinese sia stato a Seul prima di essersi recato a Pyongyang. Non è casuale che Xi Jinping non abbia ancora incontrato personalmente Kim Jong-un, mentre già diverse volte ha stretto la mano a Park Geun-hye.La Cina ha enormi investimenti in Corea del Sud, per un volume d’affari che ammonta a circa 300 miliardi di dollari, 40 volte rispetto a quello con Pyongyang. Di recente poi, la Corea del Sud ha manifestato supporto ad iniziative importanti promosse dalla Cina, come l’Asia Investment and Infracture Bank e One Belt One Road.È su questo campo che si gioca una delle partite più delicate di Pechino in politica estera, restare in equilibrio nelle relazioni tra Nord e Sud, mantenendo il più possibile la penisola coreana stabile, e denuclearizzata.Alla luce di quanto sopra, però, non sorprende affatto che il governo di Xi abbia profuso il proprio impegno per intensificare legami politici e di sicurezza con Seul.Legami che, dopo il quarto test nucleare di Pyongyang- e la successiva adozione del sistema antimissile THAAD, fornito da Washington alla Corea del Sud- hanno perso lo slancio.Il quarto test nucleare ha creato anche il presupposto di un avvicinamento tra Seul e Tokyo. Alcuni giorni fa i due paesi, assistiti dagli Stati Uniti, hanno finalmente firmato un accordo, il GSOMIA (General Security of Military Information Agreement).Già lo scorso anno, in Giappone, il governo Abe è riuscito a far approvare la riforma costituzionale, che apre al Giappone il mercato delle armi e consente l’impiego di truppe all’estero in difesa di un alleato, anche qualora il Paese non fosse direttamente coinvolto.L’ostinazione della DPRK a perseguire il programma nucleare rappresenta una minaccia alla sicurezza cinese, poiché spinge Corea del Sud e Giappone al potenziamento militare.Le turbolente attività nordcoreane sono da sempre il pretesto degli stati uniti per intensificare la propria presenza militare nel Pacifico.Pechino vuole assolutamente evitare che si ripresenti lo scenario successivo ai precedenti test nucleari, in cui Stati Uniti e Corea del Sud hanno approfittato dell’occasione per giustificare il massiccio dispiegamento di armamenti strategici.Se la Cina permettesse a Pyongyang di ammodernare i propri missili e armamenti nucleari, si ritroverebbe a fare i conti con una corsa agli armamenti tra tutte le parti coinvolte, e con gli Stati Uniti a due passi da casa.D’altro canto, nemmeno la caduta del regime sembra essere l’opzione migliore. Se la Cina volesse far capitolare Pyongyang non perderebbe tempo con le sanzioni ONU, basterebbe interrompere il commercio e sospendere gli aiuti che fornisce al Paese. Oltre all’emergenza di rifugiati da dover affrontare, però, anche in questo caso le conseguenze sarebbero esiziali.Finora, la Corea del Nord ha usato la Cina facendo leva sui suoi timori di instabilità regionale e sulla diffidenza nei confronti degli USA, forzandola ad assecondare il proprio gioco del rischio calcolato.Con l’adozione delle sanzioni, la Cina vuole mandare un chiaro segnale al suo vicino, per costringerlo a tornare al tavolo delle trattative e negoziare la denuclearizzazione.Se Pyongyang si mostrerà ragionevole, ci saranno i presupposti per fare in modo che la Cina investa nel suo sviluppo economico. In caso contrario, è verosimile che i rapporti tra i due paesi proseguiranno in maniera sempre più distante.Probabilmente, per Kim Jong-un, le recenti sorti di altri dittatori sono una motivazione più che valida per perseverare nello sviluppo di tecnologia nucleare. È però difficile immaginare che possedere l’atomica sia una condizione sufficiente per mantenere in vita un regime.
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