9 maggio in sordina in arrivo per la Russia. La tradizionale parata sulla Piazza Rossa di Mosca si farà, confermatissima dal Cremlino. Ma l’aspettativa non è quella del 2022. Un solo leader straniero, il presidente del Kirghizistan Sadyr Japarov, sarà ospite di Vladimir Putin per la data simbolo della narrazione storica russa del Novecento. Il 9 maggio torna celebrazione essenzialmente nazionale, senza intenti diplomatici o geopolitici a fare da corollario.
L’anno scorso l’aspettativa per il 9 maggio, l’anniversario della Vittoria dell’Unione Sovietica contro la Germania nazista, era stata caricata notevolmente dal governo russo di Vladimir Putin. La narrazione sulla “denazificazione” dell’Ucraina invasa il 24 febbraio precedente, la necessità di consolidare il mito fondativo dell’attacco al Paese guidato di Volodymyr Zelensky e di spingere i Paesi ex sovietici a cessare ogni rilettura storica del passato in funzione ostile a Mosca aveva spinto a una celebrazione su larga scala, nei giorni in cui l’assedio russo agli ultranazionalisti del Battaglione Azov che resistevano a Mariupol offriva alla narrazione del Cremlino l’assist per parlare di una vittoria sui nazisti di oggi da dedicare a chi i nazisti di ieri li aveva sconfitti.
Quest’anno la retorica russa è diversa. Di “denazificazione” nessuno parla più da tempo. Si parla della necessità di consolidare sul campo i confini auto-imposti del Paese, portati per referendum (farsa) agli oblast occidentali dell’Ucraina. Ivi comprese aree del Paese ex sovietico ancora non occupate da Mosca. Si è consolidata la narrazione della resistenza russa alla presunta guerra per procura occidentale. E torna un 9 maggio in sordina, anche complice il declino che l’imbarazzo della strumentalizzazione dello scorso anno ha imposto in molti Stati a tale celebrazione. Eravamo stati a Chisinau, in Moldavia, a raccontare la spontanea giornata di festa in onore della Vittoria organizzata dall’opposizione nazionale contro la miope decisione del governo filo-occidentale di Maia Sandu di vietare ogni parata.
A livello dei popoli delle repubbliche ex comuniste il 9 maggio resta un giorno di festa e di ricordo, con le “sfilate degli immortali” che commemorano gli antenati dei manifestanti caduti durante la Grande Guerra Patriottica. Nessuno di buon senso collegherebbe mai il più grande sacrificio di sangue mai sobbarcato nella storia umana da una nazione in guerra – i ben più di 20 milioni di morti patiti dall’Urss per sconfiggere Hitler – alla retorica di Putin.
Ma a livello politico il danno compiuto da Putin strumentalizzando la memoria condivisa di una serie di popoli che, sotto il regime staliniano, resistettero compatti a Hitler ha portato la festa ad andare sottotono. Epitaffio del 9 maggio che fu sarà l’assenza dei leader di governi un tempo apertamente pro-Mosca e ora più cauti, dal Kazakistan all’Uzbekistan, dalla Serbia alla fedelissima Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, al Giorno della Vittoria per antonomasia di Mosca, celebrato anche in questi Stati. E potrebbe essere in prospettiva la decisione della Rada, il Parlamento ucraino, di abolire il 9 maggio come festa nazionale se la proposta oggi in discussione a Kiev passerà.
Una ardita procedura di riscrittura della storia che non farebbe onore al Paese di Zelensky, e riapre le fratture sul ruolo storico del nazionalismo anti-sovietico in antitesi a quello decisivo di militari, civili e funzionari ucraini nella vittoria su Hitler, ma che si inserisce in un quadro più ampio dove è stata la retorica intrisa di simboli come la Z emblema dell’invasione, i Nastri di San Giorgio utilizzati non per ricordare l’Armata Rossa ma per celebrare la guerra di Putin e la prosopopea sui “nazisti e drogati” al governo a Kiev a guastare la cerimonia. Per iniziativa dello stesso Putin.
A Putin ora il 9 maggio comunque fa più gioco sul fronte interno che su quello esterno. Farà gioco mettere in campo i ritrovati dell’industria militare russa per mostrare che nella narrazione di Mosca la guerra con Kiev può e deve essere vinta. Farà gioco mostrare l’orgoglio nazionale sfidando sanzioni e invii di armi da parte delle nazioni ostili a fianco di Kiev. E soprattutto distogliere l’attenzione dalle incertezze del fronte. In cui una controffensiva ucraina sul fronte di Kherson e della sponda destra del Dnepr è sempre più nell’aria. La religione civile compatta e in nome dei ricordi del passato distoglie dai problemi del presente. E questo è forse che oggi è ciò di più funzionale che ci sia per Putin nella preparazione di un 9 maggio destinato a essere in sordina.