L’Ossezia del Sud rappresenta da anni una delle pedine fondamentali nello scacchiere geostrategico della Russia di Vladimir Putin. Ne fu parte integrante nella prima decade della leadership di Putin in Russia, con l’intervento militare contro l’esercito georgiano del 2008. Lo è stata in questi anni, con la volontà sempre più evidente del popolo osseto di indire un referendum per l’annessione alla Federazione Russa. Ma lo è anche oggi, e dimostrazione ne è l’annuncio di pochi giorni fa da parte del Cremlino di inserire sotto il comando militare russo le forze ribelli di stanza in Ossezia: forze che rappresentano di fatto l’esercito che controlla e che rende autonoma la regione dallo Stato centrale della Georgia.L’annuncio non è un fatto isolato nato dalla semplice volontà del Cremlino, ma è un frutto da ricondurre ad un’escalation diplomatica e militare che negli ultimi mesi ha avuto ad oggetto l’Ossezia del Sud e che, naturalmente, sta interessando sia le relazioni fra Russia e Georgia, sia, più realisticamente, le relazioni fra Russia, Nato ed Unione Europea.Il dato fondamentale per comprendere il background su cui si fonda questa nuova – per certi versi inaspettata – mossa di Mosca, è da ricondurre al fatto che negli ultimi mesi, la Georgia ha intrapreso insieme alla Nato un processo di forte partenariato, che la stessa Nato ha inserito in quei progetti considerati di “enhanced opportunities partnership”. Un partenariato rafforzato, tanto che in molti, specialmente a Mosca, temono possa essere il preludio di un ingresso di Tbilisi nell’Alleanza Atlantica.In questo senso, due episodi dell’ultimo mese possono dare indicazioni precise su quanto stia avvenendo tra l’Alleanza e Tbilisi. Il primo episodio risale allo scorso 2 marzo, quando una delegazione del Comitato militare della Nato è giunta in visita ufficiale a Tbilisi, dove ha tenuto incontri con i più alti vertici militari e politici.Il secondo episodio, invece, è quello che sta avvenendo in queste ore, con il ricevimento a Bruxelles da parte del vicesegretario generale della Nato, Rose Gottemoeller, del ministro dell’Interno della Georgia, Giorgi Mghebrishvili. Un incontro di importanza capitale nelle relazioni fra Nato e Georgia, e che si inserisce in una serie di incontri fra le due parti che avvengono con una certa regolarità già da gennaio di quest’anno e che si unisce al messaggio rivolto a Mosca da parte del segretario Stoltenberg di ritirare immediatamente le forze russe dalla regione dell’Ossezia del Sud e di far mancare il riconoscimento alle due repubbliche ribelli di Abhkazia e Ossezia.Se da parte atlantica e georgiana è chiaro il contenuto del messaggio rivolto a Mosca, cioè di voler intraprendere quanto possibile per far ritornare le due regioni ribelli sotto il controllo di Tbilisi, altrettanto cristallino risulta il messaggio inviato da parte russa con l’inserimento delle truppe ribelli ossete nella catena di comando russa. Il messaggio è semplice, ed è quello che storicamente ha fatto proprio la Russia: gli alleati non si abbandonano. E il popolo dell’Ossezia è per Mosca un prezioso e fedele alleato.E questa alleanza deriva non soltanto dal fatto che la repubblica ribelle è una spina nel fianco dei governi filoccidentali di Tbilisi, ma anche dal fatto che il popolo osseto ha un legame con il popolo russo talmente radicato nella sua storia da considerare la Russia come vera e propria madrepatria, se solo si pensa che l’Ossezia del Nord, a pochi chilometri da loro, è pienamente in territorio russo.Questo legame con la Russia è stato sacralizzato anche nella stessa costituzione del popolo osseto, che prevede il potere di appellarsi direttamente al Presidente della Federazione Russa per dare validità ad un eventuale referendum per l’annessione alla Russia. Questa possibilità era stata recentemente accantonata da Vladimir Putin durante un incontro tenuto a Mosca con il presidente osseto Tibilov. È chiaro che Putin abbia voluto strategicamente allontanare la questione per evitare l’apertura di un nuovo fronte con l’Occidente. La contemporaneità con il caso ucraino, in special modo con il referendum della Crimea – con cui vi sono parecchie affinità-, e la guerra di Siria, sono stati fattori determinanti nel voler sedare sul nascere le velleità ossete.In tutto ciò, non va dimenticato come il Caucaso rappresenti per Mosca un nervo scoperto, che racchiude in sé problemi atavici dei governi russi quali la Cecenia e l’Inguscezia. Tutti tasselli di un mosaico che la Russia aveva costruito negli ultimi anni con fatica e con astuzia. Tutte parti di una fitta rete su cui poggia in equilibrio precario l’intera regione del Caucaso ma che il processo di inglobamento della Georgia da parte della Nato e le malcelate aspirazioni europee del governo di Tbilisi rischiano di far destabilizzare in modo fragoroso. Il tutto con una sola conseguenza: l’apertura di un nuovo e pericoloso fronte nella nuova guerra fredda tra Russia e Occidente.

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