È una sala gremita ad accogliere ad Ankara la nascita di un nuovo partito turco, acclamandone a fine ottobre la fondatrice come prossimo primo ministro. Una sala a cui Meral Akşener, un passato da primo ministro nel governo di breve durata di Necmettin Erbakan, risponde spavalda che non è tanto quello il posto a cui punta, quanto lo scranno da Presidente della Repubblica.
“Tutti i miei amici e i fondatori del partito insistono”, continua indicando una prima fila dove siedono personalità come il parlamentare Nuri Okutan, che come lei ha tagliato i ponti con gli ultra-nazionalisti (Mhp) dopo una lunga faida per il controllo del partito, per finirne definitivamente espulsi e da lì mettere in piedi un nuovo soggetto politico.
È una storia appena iniziata quella del Partito buono (Iyi parti) di Meral Akşener, che nella sua fase germinale era una sfida ai risultati deludenti della formazione guidata dall’anziano Devlet Bahçeli, stampella della maggioranza di Erdoğan. Passando per il “no” al referendum costituzionale che al presidente ha consegnato poteri senza grandi contrappesi, è arrivato fino a costituirsi come una nuova sigla, intenzionata a capitalizzare sullo scontento popolare, pure se tra grandi dubbi sulle reali possibilità di incidere seriamente alle prossime elezioni del 2019.
I suoi fondatori presentano l’Iyi parti come una forza non estremista, in uno scenario in cui posizioni troppo schierate fallirebbero il tentativo di attrarre una percentuale ragionevole di elettori. Dopo avere rotto con gli ultra-nazionalisti, se il nuovo partito turco vuole avere qualche speranza deve prima di tutto centrare un obiettivo: l’asticella del 10% da cui dipende l’ingresso in un aula in cui può già contare su cinque parlamentari indipendenti (incluso uno strappato all’opposizione di centrosinistra).
Fondamentale sarà la capacità di fagocitare quanto resta del partito dei “Lupi grigi”. Da mesi, da quando le prime voci sulla costituzione del nuovo partito hanno iniziato a impilarsi una sull’altra, a ondate i quadri locali del partito hanno iniziato a rassegnare le loro dimissioni per andare a riempire le caselle del nuovo schema. Ma non è limitandosi a essere un partito di transfughi che l’Iyi parti potrà avere una chance. Il partito della “Lupa”, come i sostenitori chiamano la Akşener, dovrà saper accogliere anche altre posizioni, vincendo i dubbi sollevati dal passato estremamente chiaro e decisamente nazionalista suo e di molti tra i fondatori.
È ancora presto per capire quanto varrà l’Iyi parti, ma una proiezione – molto in anticipo sui tempi – dei sondaggisti di Gezici dà la formazione schierata sotto il sole con otto raggi, accompagnato dallo slogan “la Turchia si riprenderà” come uno sfidante reale. Prima di tutto per l’inconcludente opposizione. I dati raccolti dicono che Akşener sfonderebbe senza problemi la soglia di sbarramento necessaria per entrare in parlamento. Dicono anche che a rimanerne fuori rischiano di essere proprio gli ultra-nazionalisti e l’Hdp filo-curdo e di sinistra, i cui leader sono da mesi in carcere. Per l’Akp cambierebbe poco o nulla.
Grandi sconfitti in questo scenario sarebbero i kemalisti dell’attuale principale partito di opposizione, che crollerebbero sotto il 20% delle preferenze. “La Turchia è stanca, la nazione è stanca, lo Stato è esausto”, ha detto l’ex ministro Akşener. E di segni di stanchezza parla anche Erdoğan, che nel giro di poche settimane ha accompagnato alla porta d’ingresso i sindaci di tre delle quattro città principali.
Servirà tempo per dire se l’Iyi parti sarà all’altezza della sfida, ma se il partito di maggioranza punta a consolidarsi riposizionando le pedine e gli uomini più leali, per il nuovo partito la strada scelta, ben più in salita, è quella di eclissare “il leader nazionale ‘postmoderno'” in una lotta che sarà senza esclusione di colpi. Qualsiasi altro risultato servirebbe a ben poco.