Nazionalismi /

La destra europea, conservatrice o sovranista che sia, è spesso stata l’espressione politica preferita dal popolo cattolico vicino alle istanze tradizionaliste o oltranziste in bioetica. La sincronia tra le parti è antica, ma oggi, con l’avvento dell’agenda progressista attraverso politiche promosse in quasi tutto il continente, è più semplice notare la perfetta coincidenza tra certi palinsesti valoriali partitici e alcune storiche battaglie del movimento cattolico. Lo si nota, ad esempio, quando vengono stilati gli elenchi dei riferimenti culturali delle formazioni in oggetto: quante volte viene nominato Joseph Ratzinger (che pure è un europeista convinto)?

La commistione, in alcuni determinati casi, sembra totale. Certo, esistono dei distinguo: non tutta la destra guarda al cattolicesimo come religione esclusiva o preminente. E non tutti i cattolici pensano che la destra sovranista o conservatrice sia il giusto argine da apporre al dominio culturale dei progressisti. Lo scenario è plurale. Basti pensare ai partiti popolari (sostanzialmente tutti di’ispirazione cristiana), che in alcune nazioni europee sovrastano in termini percentuali tanto i sovranisti quanto i conservatori.

Il caso del rosario in Polonia a difesa dei confini è forse il più emblematico tra quelli recenti che riguardano la destra conservatrice. A quella iniziativa ha partecipato un milione di fedeli. Diritto e Giustizia non è stato parte attiva dell’iniziativa, ma di certo il partito dei fratelli Kaczynski non si è opposto ad una marcia che aveva come scopo soprattutto quello di mandare un segnale all’Unione europea in materia d’identità, multiculturalismo e politiche migratorie. Per l’Ungheria può essere fatto un discorso simile.

Viktor Orbàn è conosciuto anche per essere schierato senza se e senza ma contro l’avanzata dei cosiddetti “nuovi diritti”. Ungheria e Polonia, guarda caso, sono anche due contesti spesso accostati alla permanenza di episcopati o singoli esponenti cattolici spiccatamente tradizionalisti. Sappiamo, invece, quanti passi in avanti abbia fatto la Chiesa di Roma in termini di evoluzione “modernista”, come affermerebbero i critici. Conosciamo cioè quanto la Chiesa abbia, soprattutto secondo l’opinione del fronte cattolico tradizionale, mosso passi in favore del mondo.

Accostare però il risveglio della fede al consenso ottenuto da questa o quella formazione politica sarebbe fuorviante. Quanti cattolici, ad esempio, stanno sostenendo l’ennesima ascesa del Partito Popolare spagnolo, che ha da poco prevalso sulla sinistra socialista nella regione autonoma di Madrid con Isabel Diaz Ayuso, che non dovrebbe essere cattolica ma che, come raccontato su IlTimone, continua a distinguersi per essere una strenua difenditrice delle tradizioni cristiano-cattoliche? Tanti, la maggioranza, così come sono tanti i cattolici che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno ai Repubblicani francesi, come nel caso della candidatura del cattolico praticante Francois Fillon, che venne azzoppato da uno scandalo in piena campagna elettorale.

San Giovanni Paolo II, in Fides et Ratio, aveva già letto la cristi attraverso cui sarebbe dovuta passare la modernità, consentendo alla fede di esplodere di nuovo, al netto dell’ormai avviato processo di secolarizzazione. La base di fedeli che sostiene le istanze pro life sta in effetti aumentando. E per accorgersene basta prestare attenzione all’influenza raggiunta da quella base sui dibattiti della opinione pubblica, all’attenzione che la stampa gli riserva e così via. Spesso e volentieri, poi, esponenti pro life (abbiamo anche esempi italiani) trovano ospitalità come candidati per posizioni di vertice in partiti appartenenti sempre e comunque alla destra o al centrodestra, a seconda delle nazioni in cui operano e dei casi.

Siamo insomma dinanzi ad un fenomeno che è sempre esistito, ma che la contemporaneità sta rimodellando, tenendo conto della velocità con cui l’agenda progressista si impone, secondo la più classica delle polarizzazioni ideologiche. Il collante di questa fenomenologia politica è stato, finché è rimasto in sella, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che è stato considerato un paladino pro life, non senza tentativi d’imitazione europei. Poi però Trump è stato sconfitto alle presidenziali, mentre i pro life hanno per ora smarrito il leader occidentale capace di rappresentarli per l’intero.

 





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