La situazione tra Serbia e Kosovo appare sempre più tesa, confusa e controversa dopo il raid della polizia kosovara nella zona a maggioranza serba di Mitrovica dello scorso 28 maggio che ha portato all’arresto di 23 persone, inclusi 19 agenti di polizia di cui 11 serbi, quattro bosgnacchi e quattro kosovari di etnia albanese, secondo quanti riportato dal sito BalkanInsight.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha conseguentemente posto in stato di massima allerta l’esercito e ha convocato con urgenza una riunione del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Vucic ha poi avvertito l’Unione europea che Belgrado reagirà se la polizia di Pristina non abbandonerà la zona di Mitrovica popolata dai serbi. Nel frattempo nella città serbo-kosovara è stato chiuso il ponte sul fiume Ibar che separa il settore nord (serbo) da quello sud (kosovaro). La Kfor ha rafforzato la propria presenza nell’area interessata mentre nella mattinata di martedì nella zona nord di Mitrovica suonavano le sirene d’allarme e i cittadini serbi si riversavano nella piazza centrale per protestare contro l’intervento della polizia kosovara, ritenuto provocatorio oltre che una grave interferenza.

Mercoledì il sindaco Goran Rakic ha invitato i propri connazionali serbi alla calma: “Vi chiedo di resistere alle provocazioni preparate nelle cucine occidentali. Finché i serbi restano in Kosovo la terra sarà anche nostra”. Eloquente l’intervento del capo della commissione parlamentare per il Kosovo, Milovan Drecun, che da Belgrado dichiara: “I kosovari rispondono ai nostri messaggi di pace con messaggi di guerra”, aggiungendo che l’obiettivo di tali provocazioni sarebbe quello di arrivare a scontri con la popolazione serba per provocare un intervento armato della Serbia, con tutte le relative conseguenze sul piano internazionale.

Tra gli arrestati dalle forze di polizia kosovare figurano anche due delegati della missione Onu in Kosovo, tra cui il diplomatico russo Mikhail Krasnoshchenkov, liberato il giorno successivo e trasferito all’ospedale di Mitrovica nord.

La versione kosovara

Secondo la versione fornita dal presidente kosovaro, la polizia di Pristina sarebbe intervenuta a Mitrovica nord in un’operazione contro gruppi della criminalità organizzata attivi nel contrabbando di merci, tangenti ed altre attività illegali, con collusione di agenti di polizia e doganieri, avvisando tra l’altro le autorità locali prima dell’intervento e cercando di limitare i danni nel contrastare le barricate innalzate dai serbi. Haradinaj ha inoltre aggiunto che gran parte delle testimonianze utili alle indagini sono state fornite da testimoni serbi e che in ogni caso il Kosovo ha diritto di perseguire il crimine organizzato. Le autorità kosovare hanno aggiunto che le forze di polizia sono state bersagliate da colpi di armi da fuoco mentre i serbi piazzavano barricate per resistere all’avanzata della polizia inviata da Pristina.

La versione serba

Differente invece la posizione dei serbi che accusano la polizia kosovara di aver invaso la zona nord con un imponente e aggressivo dispiegamento di forze per mettere in atto una provocazione volta a generare un’ “escalation” di violenza. Interessante la testimonianza del giornalista serbo dell’emittente Prva, Zoran Maksimovic: “Stavo guidando nei pressi del villaggio di Ugljare e mi sono imbattuto nelle barricate: da una parte i serbi e dall’altra la polizia kosovara. Mi sono fermato per girare un filmato e a quel punto la polizia ha iniziato le manovre per buttare giù le barricate, sparando anche verso la mia direzione e demolendo tutto quello che si presentava davanti, tra cui diverse auto (inclusa la mia).

Controversa la posizione del presidente serbo Vucic che se inizialmente ha dichiarato di aver messo l’esercito in stato di allerta affermando che avrebbe lanciato l’intervento in caso fosse stato necessario proteggere la popolazione serba dai kosovari, in seguito ha poi moderato i toni durante una conferenza stampa, lamentandosi con un giornalista per avergli messo in bocca parole che non avrebbe detto: “Non ho affatto detto che la Serbia sarebbe intervenuta militarmente. Ho detto che siamo pronti a proteggere la nostra gente. Non vogliamo causare una guerra e stiamo proteggendo la pace a tutti i costi. Non ho menzionato alcun intervento, lo ha fatto lei”, come riportato dall’agenzia serba Tanjung.

La reazione russa

Non si è fatta attendere la reazione da parte di Mosca che ha duramente condannato l’intervento della polizia kosovara tramite una dichiarazione del ministero degli Esteri: “Consideriamo l’intrusione delle forze speciali del Kosovo albanese nei municipi popolati dai serbi una provocazione mirata a minacciare e cacciare la popolazione non albanese e ottenere il controllo su questi comuni tramite l’utilizzo della forza…Ovviamente tale comportamento provocatorio è una conseguenza diretta di quella connivenza con Unione Europea e Stati Uniti che dura ormai da anni”.

Duro anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che durante una visita in Slovenia ha affermato che l’intervento kosovaro a Mitrovica nord è stato istigato da coloro che vogliono creare una “zona cuscinetto” anti-russa nell’area e che mirano a espandere ovunque la Nato. Ora non resta che attendere le prove riguardo all’operazione contro la criminalità organizzata indicata da Pristina mentre tra i serbi sono in molti a credere che il Kosovo si senta forte dell’appoggio incondizionato ricevuto dagli Stati Uniti e dalla Nato e dunque legittimato a intraprendere azioni come quelle di martedì.

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