La Catalogna non è solo una fucina dell’indipendentismo. Se qualcuno aveva ancora dubbi sull’esistenza di una sensibilità contraria ed opposta a quella di Carles Puigdemont e compagni, la manifestazione svoltasi nella giornata odierna può fornire buone argomentazioni. All’interno di ogni confronto tra le parti, gli indicatori migliori restano sempre i numeri: a Barcellona la controrivoluzione, che è però pacifica, muove sulle gambe di migliaia di manifestanti. Non è una differenza sottile quella tra 80 mila e 400 mila persone: come spesso accade, però, dati ufficiali e dati ufficiosi forniscono statistiche differenti.

Comunque c’era tanta gente. Non si è trattato di un moto spontaneo, ma di una vera e propria adunata cercata e voluta dalla Societa Civil Catalana. Sono anni che Joseph Ramon Bosch, imprenditore e leader degli unitaristi, e gli altri esponenti dell’ente sopracitato si prodigano affinché lo spirito unitario della penisola iberica prevalga sulle singole velleità identitarie. Un’operazione soprattutto culturale, che passa però anche dalle discese popolari tra le strade. La piazza che le cronache hanno immortalato in queste ore costituisce una buona testimonianza di come l’impegno nazionalista di Bosch stia, a mano a mano, andando a segno, nonostante anche in questo caso alcuni media usino parlare di lui come di un esponente associabile in maniera negativa al populismo sovranista per via di alcuni suoi trascorsi ideologici.

Ma il legame della kermesse odierna è un altro, ossia la “concordia” – questo è in fin dei conti il tema alla base dell’iniziativa – condivisa da tutte le forze politiche presenti nello scacchiere spagnolo, tranne ovviamente dagli indipendentisti catalani, che concordi sul “basta!” gridato nei confronti delle rimostranze degli estremisti non lo sono affatto. Dai socialisti dell’ex premier incaricato Pedro Sanchez a Vox, dai popolari di Pablo Casado a Ciudadanos di Albert Rivera: nessuno ha voluto disertare il richiamo di Joseph Ramon Bosch. Nonostante ci sia stato un tentativo di operare una sorta di taglia fuori nei confronti di Santiago Abascal, alla fine della fiera Vox è riuscita nell’interno di marcare l’occasione.

Sullo sfondo, ma neppure troppo, ci sono le elezioni del prossimo 10 novembre. E la sensazione è che gli spagnoli, come peraltro buona parte dei cittadini catalani, non abbiano più voglia di assistere passivamente alle proteste plateali, a comportamenti incendiari e agli scontri con le forze dell’ordine. C’è una volontà di pacificazione, che i leader hanno ben intercettato. Il secessionismo, per la maggioranza silenziosa degli elettori, va riposto in un angolo. E questo è il messaggio ribadito forte e chiaro qualche ora fa.

Vale la pena sottolineare poi come le sigle partecipanti, nei comunicati inoltrati, abbiano voluto far notare i distinguo esistenti tra le modalità di manifestare degli indipendentisti e quelle degli unitaristi: questo è un filone che vale pure per altre nazioni europee, a dire il vero, quando si prendono in considerazione le manifestazioni di sinistra e destra. Quello che è successo sabato sera costituisce la scia lunga di un conflitto che è destinato a perdurare. Ma da oggi esiste ufficialmente una Spagna che vuole costruire una barriere immaginifica in grado di evitare episodi conditi da tanta violenza.

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