Ora è ufficiale: Benjamin Netanyahu è tornato. Il nuovo governo del leader del Likud, il trentasettesimo nella storia di Israele, ha ottenuto la fiducia della Knesset, il Parlamento di Gerusalemme. Hanno votato a favore 63 dei 120 deputati, mentre i voti contrari sono stati 54. Netanyahu succede a Yair Lapid, premier uscente succeduto nei mesi scorso a Naftali Bennett per guidare la coalizione volta a escludere Netanyahu dal potere nel giugno 2021.

L’esperimento è durato un anno e mezzo e ora con il ritorno al potere di Netanyahu per il suo quinto governo Israele conosce la più netta svolta a destra di sempre. Un Likud mai spostato su posizioni tanto conservatrici e identitarie sarà perno per un esecutivo in cui si uniscono formazioni politiche ultraortodosse di matrice religiosa (rispettivamente Shas e Giudaismo Unito nella Torah), e tre partiti nazionalconservatori di estrema destra: Sionismo religioso, di matrice più confessionale, e Otzma Yehudit e Noam, movimenti di impronta etnonazionalista e anti-araba.

Le posizioni chiave dell’esecutivo, compresa quella del ministro degli Esteri andato a Eli Cohen (omonimo della leggendaria spia ma non suo discendente), 50enne già Ministro dell’Economia e dell’Intelligence in passato, sono rimaste incerte a lungo.

Netanyahu ha blindato con quattordici ministeri per il Likud le posizioni chiave. Oltre a Cohen, il Likud avrà anche il Ministero della Difesa nella figura di Yoav Gallant, ex generale delle Forze difesa israeliane (Idf) e veterano della Shayetet 13, l’unità delle forze speciali in cui il premier, al suo terzo periodo come capo del governo, ha servito. Yariv Levin, alleato di Netanyahu eletto per poche settimane presidente dello Knesset, sarà Ministro della Giustizia. A guidare il ministero dell’Agricoltura sarà Avi Dichter, ex capo del servizio di sicurezza interna Shin Bet. Dichter ha già servito come ministro della Sicurezza interna e della Difesa Territoriale e la sua presenza sposta ulteriormente sul fronte identitario e militarista l’esecutivo. L’Agricoltura, inoltre, sarà un dicastero chiave per accelerare la colonizzazione della Cisgiordania. La deputata del Likud Gila Gamliel, una delle cinque donne nel governo, guiderà i servizi segreti

Lo Sviluppo del Negev e della Galilea avrà un Ministero ad hoc, il 30enne Yitzhak Wasserlauf, del partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico), formazione ultranazionalista e secondo membro della coalizione per peso politico.  Itamar Ben Gvir, capo della formazione, guiderà un super-Ministero della Sicurezza Nazionale, neocostituito da Netanyahu, che Agenzia Nova ricorda essere “in sostanza un ministero della Pubblica sicurezza ampliato, avrà poteri senza precedenti sulla polizia israeliana. L’accordo di coalizione tra Ben Gvir e Netanyahu prevede anche la supervisione diretta dell’intera polizia di frontiera, comprese le sue unità della Cisgiordania che sono attualmente sotto l’autorità del ministero della Difesa”. I Ministeri legati agli Affari Religiosi, alla Diaspora ebraica e gli incarichi identitari sono andati ai partiti confessionali della coalizione.

Come ricordavamo su queste colonne, ora per Netanyahu la sfida sarà unire questa svolta con una reale capacità di amministrazione. La svolta identitaria e conservatrice è una delle poche amalgame per un governo che unisce più destre. La destra laica e nazionalista del Likud si somma a quella ultraconservatrice di Ben Gvir, orientata su basi etniche, e a quelle che uniscono tradizionalismo religioso e difesa della sicurezza nazionale (Sionismo Religioso) o invece puntano soprattutto sul primo fronte (i partiti ultraortodossi).

La proiezione contro i rivali regionali come l’Iran e la maggiore muscolarità verso la questione palestinese saranno tra i fattori accomunanti di un nuovo esecutivo che non è meno specchio della complessità di un Paese in crisi politica da anni rispetto alla coalizione anti-Netanyahu che l’ha preceduto. Per Netanyahu uno degli obiettivi è porre fine alla tempesta giudiziaria e alle accuse di corruzione nei suoi confronti grazie alla tenuta del suo potere. Anche per questo, il cuore pulsante del nuovo esecutivo sarà la figura del premier, destinato a personalizzare un governo che tornerà a dividere Israele attorno alla sua figura. Come inevitabilmente succede da trent’anni che, per circa la metà del tempo, hanno visto Bibi ancorato a un potere a cui non ha affatto intenzione di rinunciare.

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