“Federazione del nord della Siria”, questa sarà la denominazione delle aree curde del nord della Siria che presto, come annunciato mercoledì da Idris Nassan, funzionario per gli Affari esteri del Consiglio di Kobane, verranno dichiarate autonome dai curdi siriani, e quindi di fatto semi indipendenti.L’annuncio arriva, non a caso, mentre a Ginevra sono in corso i colloqui tra le delegazioni del governo e dell’opposizione siriana sponsorizzata dall’Arabia Saudita per la pace in Siria, dai quali i curdi del partito curdo-siriano Pyd, a causa delle pressanti richieste turche, sono stati esclusi.A parlare della formazione di quella che viene descritta come un’area nel nord della Siria che si configurerà come autonoma dal governo di Damasco e che includerà non solo l’etnia curda ma anche gli arabi e i turcomanni secondo un modello cantonale, era stato già Nawaf Kalif, del Partito dell’Unione Democratica, il quale aveva anticipato all’Associated Press che la dichiarazione di autonomia sarà promulgata al termine della conferenza dei circa duecento rappresentanti di vari gruppi etnici e religiosi, che nella città di Rmeilan, nella provincia settentrionale siriana di Hassadek, stanno discutendo proprio l’assetto della futura “federazione democratica”.Anche i curdi, dunque, esclusi dalle consultazioni ufficiali, vogliono discutere del futuro della Siria nei “colloqui paralleli” organizzati nella provincia di Hassadek. Il gruppo etnico presente nel nord della Siria, infatti, rivendica gli sforzi compiuti nel combattere lo Stato Islamico sul territorio, e adesso vuole la sua contropartita, ovvero, “creare un sistema sociale autonomo”, come ha detto all’agenzia di stampa curda Firat, Nesrin Abdullah, comandante dell’unità femminile delle Unità di Protezione del Popolo (Ypg), che in questi mesi hanno portato avanti una dura lotta contro il Califfato, sia nell’ambito delle azioni condotte dalla coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa, sia in quello dell’offensiva di russi e forze governative nella provincia di Aleppo.La creazione di una regione federale nella provincia povera di Hassadek, in cui sono concentrati i curdi-siriani, circa l’8% della popolazione,  potrebbe essere il primo passo per la creazione di una regione autonoma simile a quella del Kurdistan iracheno. L’incubo di Ankara, che teme una nuova base d’appoggio per i combattenti del Pkk ai propri confini e l’effetto domino che la creazione di un nuovo Kurdistan siriano genererebbe, riaccendendo le rivendicazioni autonomiste dei curdi che abitano le regioni sud orientali della Turchia, dove è in corso da mesi una massiccia operazione “anti-terrorismo” del governo turco contro il Pkk, che ha provocato anche molte vittime civili, sta quindi prendendo forma.Un funzionario del ministero degli Esteri di Ankara ha subito fatto sapere, infatti, all’emittente al Arabiya, che la Turchia “sostiene l’unità nazionale della Siria e non considera valida alcuna iniziativa federale unilaterale”. Dello stesso avviso il rappresentante permanente della Siria alle Nazioni Unite, Bashar al Jafari, che guida la delegazione del governo di Damasco a Ginevra, il quale ha respinto l’ipotesi di un sistema federale curdo nel nord. “Scommettere sulla creazione di divisioni sarebbe un fallimento totale”, ha dichiarato infatti al Jafari, chiarendo come il compito principale dei negoziatori sia quello di mantenere e salvaguardare l’integrità territoriale siriana, rimarcando come, in questi senso, i curdi costituiscano “una componente importante del popolo siriano”.Aperti a soluzioni di tipo federalista, pur nel rispetto delle decisioni autonome del popolo siriano e di quelle che saranno prese dai partecipanti ai negoziati di pace, si sono dichiarati ancora una volta i russi. Le dichiarazioni di qualche settimana fa del vice ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Ryabkov, sono state infatti riprese anche dal capo della diplomazia russa Sergej Lavrov, il quale ha affermato che un nuovo assetto politico federale potrebbe essere una delle soluzioni possibili per la Siria.Intanto a Ginevra proseguono i colloqui tra l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan De Mistura e le parti in conflitto. Colloqui, che, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbero trasformarsi presto in un confronto “diretto” tra la delegazione del governo siriano e quella dell’opposizione sostenuta da Riad, guidata da George Sabra. Per ora le parti hanno presentato al delegato dell’Onu due piani per la risoluzione del conflitto, comprendenti tra l’altro, la proposta dell’opposizione siriana di formare governo di transizione con pieni poteri, sulla base delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.Se però, come aveva dichiarato De Mistura in un’intervista rilasciata alla vigilia dell’arrivo delle delegazioni a Ginevra all’agenzia di stampa russa Ria Novosti, i due obiettivi più importanti dei colloqui di pace sarebbero dovuti essere “l’inclusione e il risultato”, si può osservare, al contrario, che relativamente alla questione curda, i negoziati partano già zoppi, perché privi del supporto e dell’inclusione di una componente importante della società siriana, che, esclusa dai colloqui di pace con gli altri attori, cercherà altri palcoscenici per far valere le proprie rivendicazioni.





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