Non sono certo elezioni tradizionali quelle che si stanno per svolgere in Catalogna per scegliere la rappresentanza parlamentare della Generalitat. Dopo il referendum per la secessione del primo ottobre, lo scioglimento del “Parlament” ad opera del governo centrale di Madrid, la fuga in Belgio di Puigdemont e gli arresti dei più importanti leader separatisti, il 21 dicembre sarà un giorno particolarmente importante per la storia recente di tutta la regione. I sondaggi delle ultime settimane sono abbastanza concordi nel dare un’immagine della Catalogna come di una regione perfettamente divisa a metà, fra un blocco indipendentista e un blocco “costituzionale” che si dovrebbero spartire i voti dell’80% dei catalani che si apprestano a recarsi al voto. Affluenza alta che denota anche l’assoluta centralità di questo voto nella società catalana dopo che il referendum del primo ottobre e le settimane prima e dopo il voto avevano già fatto intendere quanto fosse la viva la volontà di partecipazione dei cittadini nella vita politica, sia a favore o contro il referendum. Non ci sarà quindi quella tipica disaffezione che ormai caratterizza il voto nella maggior parte dei Paesi europei: con un 20/25 per cento di indecisi, sembra che nella comunità ci sia voglia di decidere. Elettori, che potrebbero essere chiamati a rivotare un’altra volta in pochi mesi se i sondaggi si riveleranno veritieri. Il rischio paralisi istituzionale è, infatti, dietro l’angolo.
I grandi sfidanti di queste elezioni saranno due: Oriol Junqueras e Inés Arrimadas, con Carles Puigdemont a fare da terzo incomodo nel suo auto-esilio di Bruxelles e il Partito socialista di Iceta a cercare di erodere il consenso dei centristi di Ciudadanos. Junqueras è a capo della lista di Esquerra Republicana. Professore associato all’università di Barcellona, cattolico fervente e praticante (suoi i maggiori contatti con la chiesa catalana per mediare con Madrid e chiedere un referendum legale), Junqueras si presenta come vero e proprio “martire” del secessionismo, essendo uno dei leader incarcerati dopo l’accusa di sedizione. La sua figura è quella che sta raccogliendo più consensi nel blocco indipendentista, anche soprattutto al fatto che, a differenza di Puigdemont, Junqueras è rimasto in Catalogna pagando con il carcere le scelte della sua decisione di rompere l’ordine costituzionale. A differenza di altri capi del movimento separatista, Junqueras non ha beneficiato della linea morbida dello Stato e continua a passare i suoi giorni nel carcere di Estremera. Ma se la reclusione ha minato la sua capacità di fare propaganda, dall’altro lato giova a livello di immagine avere un leader che si è “sacrificato” per la causa.
Puigdemont attende da Bruxelles l’esito del voto. C’è chi dice che potrebbe tornare in Spagna proprio a urne chiuse, ma a questa convinzione (per molti speranza), si contrappongono le accuse pendenti sulla sua testa: sedizione, ribellione e abuso di potere. Tre reati per cui la giustizia spagnola non attende altro che poterlo processare. Capolista di Junts per Catalunya, l’ex presidente ha fatto campagna elettorale direttamente dalla capitale belga, con interviste ai maggiori quotidiani europei e internazionali e con messaggi rivolti al suo elettorato. Molti lo premieranno per aver scelto lo scontro con Madrid. Altri lo puniranno per aver tentennato di fronte a Rajoy e Filippo VI e soprattutto per l’autoesilio di Bruxelles.
La grande favorita per contendere il trono di Barcellona agli indipendentisti è la pasionaria di Ciudadanos (Ciutadans in catalano), Inés Arrimadas. Nata 36 anni fa a Jerez de la Frontera, avvocato prima che politico, Arrimadas è la punta di diamante del blocco costituzionalista e da sempre sostenitrice del pugno duro di Madrid nei confronti del movimento secessionista. Fautrice dell’applicazione più dura e immediata del famigerato art. 155 della Costituzione, ha ottenuto una clamorosa crescita di consensi che la incorona sicuramente la figura leader di tutti coloro che si dichiarano fieramente spagnoli e catalani. La sua figura piace e i recenti attacchi personali rivolti da alcuni esponenti del blocco secessionista, soprattutto di stampo maschilista, le hanno fatto raccogliere ancora più apprezzamento da parte degli elettori indecisi.
Una figura che unisce, ma che attira anche le invidie degli altri partiti, specialmente del Partido Popular, ai minimi storici in Catalogna, e del Partito socialista, che invece cerca di strappare consensi al partito centrista di Ciudadanos. I socialisti in Catalogna presentano come candidato Miquel Iceta, 57enne di Barcellona e storico militante socialista. Omosessuale dichiarato, a Barcellona e nelle altre città catalane attira per la sua ironia e per il suo modo di fare sempre posato. Il suo piano è quello di una terza via fra il centralismo e il regionalismo, e fa parte della corrente del partito che vuole puntare a un progetto di riforma costituzionale. E sembra che la sua figura sia apprezzata anche parecchio dagli elettori, che, secondo i sondaggi, potrebbero premiarlo con circa il 15 per cento dei consensi, trasformando i socialisti nel vero ago della bilancia di un futuro governo.