Il governo degli Stati Uniti cerca di rispondere alla crisi dei flussi migratori da Sud concedendo mezzo milione di permessi che mettano in regola i venezuelani, e permettano loro di lavorare. Zelensky è tornato davanti al Congresso americano per rinnovare le richieste di fondi e aiuti, ma la situazione è ben diversa dall’anno scorso. Erdogan ha intessuto una tela di progetti molto promettenti a New York, Netanyahu cerca la normalizzazione con l’Arabia Saudita puntando sull’interesse comune contro l’Iran e la Russia ha bloccato temporaneamente l’export di carburanti per stabilizzare il mercato interno. Ecco le cinque notizie del giorno.
Mezzo milione di permessi: il piano americano per regolarizzare i migranti venezuelani (e farli lavorare?)
Alle prese con flussi crescenti di migranti in fuga dai Paesi sudamericani verso gli Stati Uniti, il governo di Washington ha stabilito la concessione di un permesso di residenza temporaneo a quasi mezzo milione di migranti venezuelani già presenti sul territorio nazionale che li rendenderà velocemente idonei al lavoro regolare. Insieme ad altre promesse per accelerare l’assegnazione di permessi di lavoro per molti altri migranti, questa iniziativa potrebbe soddisfare i sindaci e parlamentari democratici che spingono per tutelare maggiormente i richiedenti asilo, ma offre anche il fianco ai repubblicani che ritengono che le politiche del presidente Joe Biden sull’immigrazione siano troppo lassiste. La decisione del dipartimento della Sicurezza interna degli Stati Uniti di garantire questo “status temporaneo di protezione” di 18 mesi ai circa 472mila venezuelani che sono arrivati nel Paese entro il 31 luglio scorso è stata presa per “la crescente instabilità e mancanza di sicurezza in Venezuela”, ha detto il segretario Alejandro Mayorkas.
Zelensky torna davanti al Congresso americano: lo trova profondamente diverso da come l’aveva lasciato
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato oggi a Capitol Hill per la prima volta dell’anno scorso, quando si era rivolto al Congresso americano per chiedere fondi e aiuti militari. Rispetto all’ultima visita però, il panorama politico è radicalmente cambiato: un anno fa i democratici avevano le redini della Camera e il sostegno allo sforzo bellico ucraino era molto più diffuso. All’epoca il presidente aveva tenuto il discorso davanti ad un’aula gremita di parlamentari che vestivano il giallo e il blu in supporto all’Ucraina. Oggi, il presidente torna davanti ad un Congresso che ha un nuovo speaker, Kevin McCarthy, che non ha ancora promesso esplicitamente ulteriori aiuti all’Ucraina e che anzi ha espresso grandi perplessità sull’effettivo tornaconto degli aiuti inviati dagli Stati Uniti. Prima dell’arrivo di Zelensky, alcuni membri repubblicani del Congresso hanno inviato una lettera alla Casa Bianca in cui mettono in dubbio l’approvazione di altri 24 miliardi di dollari in aiuti umanitari e militari per l’Ucraina, sottolineando che il Paese ha già stanziato 114 miliardi di dollari e più per Kiev. I repubblicani più restii a proseguire col sostegno incondizionato alla causa ucraina evidenziano che gli americani “meritano di sapere per cos’è stato utilizzato il loro denaro” e pretendono spiegazioni chiare sull’andamento della controffensiva e le probabilità effettive di vittoria.
I progetti tentacolari di Erdogan
Il presidente Recep Tayyip Erdogan rientra oggi ad Ankara dopo una serie di incontri avvenuti a New York, dove si era recato in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il primo incontro importante del presidente ha però avuto luogo al di fuori delle sedi istituzionali: alla Turkish House di Manhattan, Erdogan ha incontrato il Ceo di Tesla, Elon Musk. Insieme hanno discusso del contributo di SpaceX al programma aerospaziale turco, del lancio in orbita del primo satellite di Ankara e della possibile collaborazione sui temi dell’intelligenza artificiale e di Starlink; soprattutto, Erdogan ha proposto a Musk di aprire una nuova fabbrica Tesla in Turchia. Il Presidente ha poi incontrato il premier georgiano Irakli Garibashvili con cui ha discusso del corridoio ferroviario che collegherà Baku, Tiblisi e Kars, alimentando il commercio tra Azerbaigian, Georgia e Turchia. Il meeting con presidente della Polonia Andrzej Duda è servito a consolidare il rapporto riscoperto con Varsavia, a cui ha fornito i droni da guerra TB2 Bayraktar di fattura turca. Infine, durante lo scambio con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il presidente Erdogan ha ribadito il pieno sostegno all’organizzazione proprio ora che ha nelle sue mani il via libera per l’ingresso della Svezia nell’Alleanza.
Netanyahu cerca la strada per la normalizzazione attraverso un progetto nucleare condiviso
Secondo il Wall Street Journal, il premier israeliano Benjamin Netanyahu starebbe considerando seriamente un’intesa con l’Arabia Saudita per un programma di arricchimento nucleare. Il premier avrebbe comandato ai suoi funzionari di avviare dei negoziati sul tema con Washington in modo da giungere ad un accordo tripartito su un tema tanto sensibile per membri del Congresso americano. La questione nucleare sembra essere diventata parte centrale dell’accordo di normalizzazione tra Riyad e Tel Aviv. Parlamentari americani e israeliani hanno esposto le proprie preoccupazioni, mentre il principe saudita Mohammed bin Salman ha affermato che “se l’Iran ottiene un’arma nucleare, dovremmo dotarcene anche noi”. Netanyahu dal canto suo deve affrontare l’opposizione dei suoi stessi colleghi di coalizione: Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich hanno già avvisato che non accetteranno alcun accordo che includa concessioni ai palestinesi. Dello stesso avviso sono i compagni del Likud, che hanno dichiarato che supporteranno un progetto di “pace per pace”, non un accordo con i sauditi per scendere a compromessi con l’Autorità palestinese.
Stop russo – temporaneo – all’esportazione di carburanti
La Russia ha temporaneamente sospeso l’esportazione di benzina e diesel al di fuori di quattro repubbliche ex sovietiche per stabilizzare il mercato domestico. La nota diffusa dal Cremlino garantisce che lo stop non si applica ai carburanti forniti sulla base di accordi intergovernativi ai membri dell’Unione Economica Eurasiatica, ovvero Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kyrgyzstan. “Queste restrizioni temporanee aiuteranno a saturare il mercato del carburante e ridurranno quindi i prezzi per i consumatori” specifica la nota del governo. Nei mesi recenti la Russia ha più volte sofferto carenze di benzina e diesel; i prezzi all’ingrosso sono saliti alle stelle, mentre sui prezzi al dettaglio è stato fissato un tetto massimo per frenarli in base all’inflazione attuale. Questi ammanchi sono stati particolarmente problematici nelle aree rurali dove i carburanti sono utilizzati nell’agricoltura. Secondo i commercianti, il mercato del carburante è stato colpito da vari fattori inclusa la manutenzione delle raffinerie, i colli di bottiglia sulle ferrovie e la debolezza del rublo che ha incentivato l’export.