Meno di due settimane dopo l’uccisione di Berta Caceres, leader del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene (COPINH), l’associazione ambientalista che in Honduras si batte in difesa delle terre degli indios, è stato assassinato Nelson Garcia, un altro importante membro del gruppo.L’uomo, 38 anni, padre di cinque figli, stava rientrando nella sua abitazione dopo aver partecipato a Rio Chiquito ad un presidio in difesa di uno dei tanti terreni contesi, quando tre uomini armati hanno fatto fuoco. I media locali  hanno riferito che l’attivista è stato colpito con quattro colpi in pieno volto.Uccisi dalla polizia militareL’organizzazione ha definito l’omicidio dell’uomo “l’ultimo atto di aggressione del governo contro gli indigeni dell’Honduras”. La versione del COPINH, infatti, è chiara: l’uomo sarebbe stato ucciso dalla polizia militare honduregna, in seguito ad un violento sgombero di un terreno occupato dai contadini della comunità aborigena Lenca. In un comunicato gli attivisti hanno chiesto “la fine delle persecuzioni, degli abusi, della guerra contro i membri dell’associazione e dell’impunità per gli assassini”.Le terre degli indios minacciate da potenti interessi economiciIl piccolo stato è ricchissimo di risorse naturali e fin dagli inizi del novecento le terre sono state preda dei colossi mondiali per l’estrazione mineraria, per l’energia idroelettrica, per quella eolica e per l’estrazione del petrolio. Ma gli indios non ci stanno. Perchè, al contrario delle multinazionali, per loro la terra non è una fonte di guadagno. Per gli aborigeni, infatti, la terra è vita, non moneta.Colpevoli di difendere la terra ancestraleL’Honduras è uno dei Paesi dove gli ambientalisti rischiano di più. Secondo un rapporto della Global Witness, solo tra il 2010 e il 2014, sono stati uccisi 101 attivisti. Sempre lo stesso rapporto segnala che nel mondo vengono uccise due attivisti ogni settimana. La loro colpa? Aver provato a difendere la terra ancestrale. Una vera e propria strage.