I numeri per questo 2020 sono impietosi per il nostro Paese sul fronte migratorio. Dal primo gennaio ad oggi sono stati 20.624 i migranti approdati irregolarmente in Italia, un dato di gran lunga superiore a quello dello scorso anno quando invece a metà settembre si era fermi 5.868 persone sbarcate. La domanda è: chi sono e quale sarà il destino di chi è arrivato irregolarmente nel nostro territorio? Spesso per i migranti viene usato il termine “profughi“. E questo perché chiunque giunge in Italia può avanzare regolare domanda d’asilo e fino a quando non ci sarà una risposta è quindi etichettato come profugo. Ma la situazione in realtà è un po’ più diversa.

I numeri delle richieste d’asilo accolte

Anche in questo caso sono i numeri a poterci fornire un quadro esaustivo del problema e mostrare uno stato dei fatti diverso da come comunemente lo si immagina. I veri profughi in Italia sono una decisa minoranza tra coloro che sbarcano irregolarmente. In questo 2020, tra tutte le domande di asilo esaminate soltanto nell’11% dei casi l’esito è stato positivo. Anna Bono su Atlantico Quotidiano ha esaminato la situazione nel mese di giugno. Durante questo arco temporale, sono state esaminate 2.359 richieste di asilo, di queste ben 1.906 sono state respinte. Tradotto in termini percentuali, l’81% delle domande è stato accantonato e andando più nel dettaglio, il 12% ha ottenuto lo status giuridico di rifugiato, mentre il 6% ha avuto riconosciuta la protezione sussidiaria e infine l’1% invece ha ottenuto la protezione speciale. Quest’ultimo è un istituto esistente soltanto nel nostro Paese, introdotto con i decreti sicurezza voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini con il quale si è voluta sostituire la protezione umanitaria. L’istituto dovrebbe sopravvivere alle modifiche che l’attuale maggioranza giallorossa vorrebbe introdurre alle norme varate dal precedente governo, anche se l’intenzione è quella di allarga la base dei casi previsti per il riconoscimento dello status. La protezione sussidiaria è invece stata introdotta dall’Unione Europea e riguarda coloro che non possono tornare nei Paesi di origine “per il rischio effettivo di subire un grave danno”.

Considerando quindi i rifugiati veri e propri e coloro che hanno ottenuto la protezione in base agli altri due istituti descritti, la percentuale di coloro che possono essere considerati profughi è molto bassa. Ed è stato così anche negli altri anni: nel 2016 la percentuale tra le domande esaminate non è andata oltre il 5.4%, a fronte di un numero record di richieste giunte in quell’anno nei tribunali tutt’ora ineguagliato.

I migranti irregolari rimangono in Italia

Il problema però è che nella stragrande maggioranza dei casi, coloro che vedono esitata negativamente la propria domanda d’asilo riescono a rimanere nel nostro Paese. Si tratta a quel punto non di profughi bensì di irregolari. In Italia fare un computo preciso di quanti siano coloro che rimangono stabilmente nel nostro territorio pur non avendone titolo è pressoché impossibile. Questa volta poter ragionare su numeri certi è difficile, c’è però una stima approssimativa che parla di oltre mezzo milione di persone. Quando durante il lockdown il ministro per le Politiche Agricole Teresa Bellanova ha proposto una maxi sanatoria per gli irregolari, ha fatto riferimento ad una platea potenziale di 600.000 migranti. E forse questo è il dato che più si potrebbe avvicinare alla realtà. Anche perché l’iter che porta alla definizione dell’esito della domanda d’asilo è molto lungo e a volte può durare anche quattro anni. E una volta arrivato il diniego, è possibile fare ricorso con lo Stato che garantisce un patrocinio gratuito al soggetto ricorrente. I tempi si dilatano e alla fine gli irregolari rimangono a tempo indeterminato in Italia.

Come scritto su IlGiornale.it, anche quando un soggetto riceve il foglio di via è difficile rimpatriarlo: dal 2010 in poi in media sono stati 7.000 ogni anno i rimpatri effettivamente effettuati. In particolare, è tornato nel proprio Paesi di origine il 30% dei tunisini e degli egiziani espulsi, percentuale che scende sotto il 10% per molti cittadini provenienti da Stati dell’Africa sub – sahariana e dell’Asia. Anche con il foglio di via in tasca, spesso si continuano a chiamare profughi coloro che invece sono irregolarmente presenti nel territorio nazionale. Una confusione che rischia di alimentare ulteriormente il problema legato al fenomeno migratorio.

I problemi dati dal trattato di Dublino

Dati, cifre e numeri che mettono il nostro Paese con le spalle al muro: il problema legato alla questione migratoria è ogni anno sempre più serio, in primis perché nel nostro territorio aumentano anno dopo anno le persone presenti irregolarmente. Una circostanza dovuta all’onere che ha l’Italia di essere chiamata da sola a rispondere delle domande d’asilo di chi arriva lungo le coste. Questo perché secondo il trattato di Dublino del 1990, soltanto il Paese di primo sbarco deve farsi carico dell’accoglienza e delle richieste di asilo. Per l’Italia tutto ciò si è sempre tradotto in costi sociali ed economici molto elevati: dai tribunali ingolfati dalle domande fino alle spese per l’accoglienza e per garantire ai migranti quei diritti di cui godono mentre sono in attesa dell’esito della loro richiesta, questi sono soltanto alcuni degli effetti pagati cari dal nostro Paese. La riforma del principio di Dublino non è mai stata una priorità per l’Europa, nonostante tanti annunci negli anni scorsi. E il destino dell’Italia da questo punto di vista è quello di veder continuare a crescere i problemi nella gestione del fenomeno.

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