La lezione data negli anni passati da Recep Tayyip Erdogan sembra essere stata assimilata anche in Bielorussia. Per spaventare l’Ue e rispondere ad eventuali azioni politiche attuate da Bruxelles, “basta” usare l’arma dell’immigrazione. Da qualche settimana nell’area baltica sono comparsi muri di filo spinato e barriere di cemento rari da trovare da queste parti negli ultimi anni. Si tratta di scenari più consoni all’area balcanica oppure alle zone di confine tra Grecia e Turchia. Ma dalla Bielorussia l’incremento del flusso migratorio è notevole. E a pagarne le conseguenze è soprattutto la Lituania.
I numeri della rotta bielorussa dell’immigrazione
In tutto il 2020 tra Lituania e Bielorussia erano transitati illegalmente circa 80 migranti. A partire dal primo gennaio di quest’anno il dato parla di oltre 4.000 persone in grado di entrare in territorio lituano da quello bielorusso. Cifre, quelle fornite sia dal governo di Vilnius che dall’agenzia Frontex, che a prima vista appaiono poco significative. Specialmente se rapportate alle rotte libiche e tunisine, le quali in Italia nel 2021 hanno portato più di 40.000 migranti. In realtà il numero della rotta bielorussa sta destando molta inquietudine. La Lituania è un piccolo Paese con appena 2.8 milioni di abitanti, un migliaio di ingressi irregolari al mese potrebbero mandare ben presto in difficoltà il sistema di accoglienza. Peraltro il Paese baltico non ha mai affrontato un’emergenza del genere e non sembra essere attrezzato come altri governi dell’Ue. Da qui la costruzione, avviata tra luglio e agosto, di un vero e proprio muro. La situazione però è tutt’altro che vicina alla normalità.
Dalla Bielorussia non entrano cittadini bielorussi. Né tanto meno migranti provenienti da altre parti dell’est Europa. Al contrario, i confini vengono attraversati da siriani, iracheni, afghani. Negli ultimi giorni le autorità sia lituane che lettoni hanno rintracciato anche cittadini africani. In poche parole la rotta bielorussa altro non è che la riproposizione in salsa baltica delle rotte turche e balcaniche. Il sospetto di molti inquirenti, lituani e comunitari, è che proprio dalla Turchia decine di migranti vengono ogni giorno trasportati in aereo verso la Bielorussia. Attratti dalla possibilità di un più facile attraversamento, diversi cittadini asiatici e africani già presenti nella penisola anatolica si imbarcano alla volta di Minsk con il sogno di entrare in Ue dalla porta lituana e lettone. Una volta in territorio bielorusso infatti, intere carovane si spostano verso le frontiere baltiche.
La strategia di Minsk
Per il governo lituano la Bielorussia sarebbe direttamente coinvolta nell’aumento del flusso migratorio verso i propri confini. Il primo agosto un elicottero di Frontex impegnato nel controllo della frontiera avrebbe avvistato una comitiva di migranti scortata da un’auto che, secondo gli inquirenti lituani, è in dotazione alle forze di sicurezza di Minsk. Tuttavia dall’altra parte del confine hanno smentito ogni coinvolgimento. Il dato certo è che, a prescindere da una presunta diretta responsabilità, le autorità bielorusse non sembrano stiano facendo molto per impedire ai migranti di passare il confine. E questo da quando l’Ue ha annunciato misure a seguito di un dirottamento aereo, avvenuto a maggio, operato da Minsk per arrestare una giornalista in procinto di atterrare in Lituania. Non è un caso che da quel momento in poi il flusso migratorio ha raggiunto ritmi da vera e propria emergenza.
Un nuovo fronte inedito, in grado di impensierire l’Ue. Se il dossier immigrazione dovesse mandare in crisi il governo lituano e lettone, c’è il serio rischio di assistere a una destabilizzazione della delicata area baltica. Il problema è così sentito che il 13 luglio l’esecutivo di Vilnius ha approvato una nuova dura legge sul diritto d’asilo. Nel documento è previsto l’allontanamento dei migranti irregolari già dopo la sentenza di primo grado di respingimento della richiesta di asilo, senza aspettare il secondo grado. Una norma che, se approvata in Italia, probabilmente avrebbe causato accuse di mancato rispetto dei diritti umani. L’Europa invece in questo caso ha lasciato fare. L’impressione è che la strategia di Minsk ha colpito nel segno. Ancora una volta il Vecchio Continente si è riscoperto vulnerabile e fragile se ricattato sull’immigrazione.