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Emsaed è una piccola località del deserto sconosciuta ai più. Di recente i suoi abitanti si sono rallegrati perché, dopo tanti anni di attesa, finalmente è stata ripristinata l’illuminazione pubblica. Qui, ancora per pochi passi, si è in Libia. Poi, alla periferia della città, è ben visibile un grande arco con una grande bandiera libica al centro. Dietro, c’è un posto di guardia per soldati e poi una bandiera egiziana. Attraversando l’arco quindi, si entra in Egitto.

Si tratta di uno dei valichi di confine più delicati al mondo. Da una parte c’è un Paese ancora in guerra, senza istituzioni comuni e senza alcuna stabilità dal 2011. Dall’altra, c’è un Egitto a metà tra grandi speranze di sviluppo e grave crisi economica acuita da Covid e guerra in Ucraina. Ad Emsaed un posto di blocco nel cuore del deserto divide queste due realtà. Non tanto però da evitare di fare di quel confine uno dei punti più caldi per il transito di commerci illeciti e di contrabbando. A volte anche di esseri umani.

Il traffico di migranti tra Egitto e Libia

Nel 2022 a Roma il Viminale ha registrato un dato rimasto forse in sordina, ma ugualmente molto importante. Nel nostro Paese infatti lo scorso anno sono sbarcati 20.542 egiziani. Un numero più che raddoppiato rispetto al 2021 e in grado di superare anche il dato relativo ai tunisini, da anni principale nazionalità presente tra i migranti approdati in Italia.

L’aumento di arrivi di egiziani è da mettere in diretto collegamento con un altro fenomeno osservato nel 2022: lo sbarco di grandi pescherecci in Calabria. Lì dove pochi giorni fa le coste sono diventate luogo di morte per quasi cento migranti, partiti dalla Turchia, negli ultimi 12 mesi si è assistito a un aumento degli approdi di imbarcazioni salpate dall’est della Libia. Molti dei migranti giunti in Italia a bordo di questi pescherecci sono egiziani.

Il problema sembra quindi risiedere quindi proprio tra le dune che circondano il posto di confine di Emsaed. Qui sempre più cittadini egiziani riescono, probabilmente anche con la complicità di alcune forze locali, ad attraversare la frontiera e ad arrivare in Libia. Una volta all’interno del territorio libico poi, i migranti si dirigono verso la costa per salpare alla volta della Calabria. “Ma non si tratta di un fenomeno nuovo – ha commentato su InsideOver l’analista Jalel Harchaoui, da sempre molto vicino alle questioni libiche – Anzi, gli egiziani attraversano questa frontiera già dai tempi di Gheddafi“. Con una differenza: durante l’era del rais, gli egiziani arrivavano in Libia per rimanere. Qui trovavano molte opportunità lavorative, specialmente negli anni successivi alla fine dell’embargo contro Tripoli.

Adesso invece, trovano i trafficanti di esseri umani che promettono loro di far raggiungere in breve tempo l’Italia. “Li fanno salire in grossi pescherecci – sottolinea Harchaoui – presentano una situazione sicura, dicono che in queste imbarcazioni non c’è pericolo di morte perché sono molto grandi. Poi li fanno andare. Si tratta di una situazione diversa rispetto a quella dell’ovest del Paese, dove i migranti vengono posizionati in piccole imbarcazioni”. Si parte da Bengasi, Tobruck, Derna e altre città della Cirenaica. Non ci sono solo egiziani, ma anche bengalesi. Anche loro attraversano in massa la frontiera di Emsaed e raggiungono i propri connazionali già in Libia e in attesa di imbarcarsi per l’Italia.

Il ruolo di Haftar

I traffici tra l’Egitto e la Libia avvengono in una parte del Paese nordafricano controllata dal generale Haftar. Occorre infatti ricordare che il territorio libico è frammentato e frazionato in diverse aree di influenza. Tripoli è in mano alle milizie formatesi durante e dopo la guerra contro Gheddafi, i governi che rivendicano la sovranità sul Paese sono due (quello di Ddeibah riconosciuto a livello internazionale e quello di Bashaga, con sempre meno peso), Bengasi e la Cirenaica sono invece sotto il controllo del Libyan National Army, per l’appunto l’esercito creato da Khalifa Haftar.

“Impossibile non pensare che le milizie che controllano l’est della Libia non si accorgano del contrabbando – ha osservato Jalel Harchaoui – chi agisce lo fa perché ha una sorta di permesso da parte di chi ha in mano il territorio”. Eppure, come sottolineato dallo stesso analista, l’esercito di Haftar nelle ultime settimane ha condotto molti arresti in Cirenaica contro i trafficanti: “Il generale – ha commentato Harchaoui – gioca con una certa ambiguità. Probabilmente il motivo è da ricercare nella volontà di tornare ad avere una certa influenza politica, specialmente nei confronti dell’Italia”.

Un doppio problema per l’Italia

In poche parole, anche in Cirenaica hanno scoperto quanti soldi girano attorno al macabro mercato di esseri umani. Nel 2022 si è così attivato un fiorente business sulla pelle dei migranti e, dopo anni in cui le partenze erano appannaggio solo della Libia occidentale, adesso i barconi hanno iniziato a salpare anche dalla Libia orientale. A bordo soprattutto egiziani e bengalesi che transitano da Emsaed. L’Italia deve quindi provare a persuadere Haftar e convincerlo a fermare le partenze dei pescherecci verso la Calabria. Compito non agevole: Roma riconosce il governo di Ddeibah e in passato, basti pensare alla vicenda legata ai pescatori di Mazara del Vallo del 2019, il generale ha chiesto onerose contropartite politiche per venire incontro alle esigenze italiane. Il nostro governo potrebbe far leva sui buoni rapporti che sembrano al momento essersi innestati tra Haftar e Ddeibah.

C’è poi il problema riguardante l’Egitto. L’Italia dovrebbe operare sul Paese nordafricano guidato da Al Sisi per ridimensionare il numero di migranti in partenza verso le nostre coste. I rapporti tra le parti, nonostante pesi la vicenda relativa al caso Regeni, sono buoni. “Il Cairo – ha però ricordato una fonte diplomatica a InsideOver – potrebbe anche dire che i migranti egiziani non partono dall’Egitto e quindi il problema è esclusivamente libico”. L’Egitto potrebbe quindi limitarsi a esercitare pressione su Haftar per evitare nuove partenze. A settembre, un gruppo di quasi 300 egiziani scoperti a Tobruck dagli uomini del generale sono stati rimpatriati. Un primo segnale forse, ma soltanto nei prossimi mesi si potranno avere raffronti per valutare al meglio la situazione.

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