Il flusso di migranti da quando è in corso la battaglia per Tripoli in effetti appare aumentato, ma in direzione opposta: se prima la Libia affronta il fenomeno della rotta di subsahariani che entrano dal Niger, adesso è l’esatto opposto con il Niger che conta dalla Libia un afflusso sempre maggiore di migranti che fanno marcia indietro. A riportare questo aspetto del fenomeno migratorio sono alcuni funzionari dell’Oim, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, interpellati dalla tv Al Jazeera.

L’afflusso di migranti ad Agadez

Il nord del Niger da anni è punto di riferimento per le partenze verso la Libia. Raggiungere questo territorio per i migranti provenienti dai paesi del Sahel non è molto difficile: grazie alla zona di libero scambio dell’Ecowas (o Cedeao se si fa riferimento all’acronimo francese) dal Burkina Faso, dalla Nigeria, così come dal Mali o da altri paesi confinanti è possibile raggiungere il Niger e spostarsi poi all’interno di questo Stato tra la capitale Niamey e le province settentrionali confinanti con la Libia. Agadez è l’ultimo grosso centro prima che il deserto prenda il sopravvento e le carovane di migranti raggiungano il territorio libico. Poi da qui in poi si entra nella parte del tragitto in mano ai trafficanti di esseri umani che gestiscono la tratta e che, dopo l’attraversamento del Sahara, portano i migranti lungo le coste da dove poi si aspira a partire verso l’Italia.

Città punto di riferimento dei tuareg nigerini, un tempo famosa per essere una delle tappe della gara automobilistica della Parigi – Dakar, Agadez negli ultimi anni vede l’emergere di un’economia sommersa retta soprattutto dall’indotto del traffico di migranti. I pick up che fino ai primi anni 2000 trasportano i turisti nei luoghi del rally più famoso al mondo, oggi vengono impiegati per portare decine di africani verso la Libia. Ma adesso, come accennato in precedenza, la situazione inizia a variare. A causa del conflitto a Tripoli, i migranti preferiscono rimanere ad Agadez oppure tornare nella città nigerina percorrendo al contrario la rotta che alcune settimane fa li porta in Libia.

Il Niger adesso ha il problema inverso: se prima il paese africano chiede aiuto per fermare il flusso verso la Libia, ricevendo anche un miliardo di euro all’anno dall’Ue per arginare il fenomeno, ora si ritrova centinaia di migranti che ogni giorno attraversano da nord verso sud la frontiera. Chi arriva nel paese nordafricano ad inizio aprile, inverte subito il suo percorso: troppo rischioso andare avanti nella vana speranza di raggiungere le coste della Tripolitania. Ma del resto un simile scenario viene già annunciato nei giorni scorsi da Ayoub Qassem, portavoce della Guardia Costiera di Al Sarraj: “Le strade normalmente usate per arrivare nei punti di partenza dei barconi sono inutilizzabili per via degli scontri”. Dunque, la soluzione attuale è tornare indietro oppure rimanere in Niger.

Una soluzione considerata solo temporanea

Diverse centinaia di migranti quindi tornano indietro: lo spauracchio di avere una pressione sempre maggiore lungo le coste nordafricane al momento appare attenuato. La guerra per adesso sta rendendo la vita impossibile ai trafficanti e sta facendo desistere diversi migranti dal pensiero di continuare la traversata del deserto libico. Ma secondo quanto descritto da Al Jazeera, questo non vuol dire definitivo arresto del flusso diretto verso l’Europa e principalmente verso l’Italia. Al contrario, funzionari Oim dichiarano che la maggior parte di chi rimane in Niger o rientra nel paese, non rinuncia alla possibilità di andare verso il Mediterraneo una volta placata la guerra alle porte di Tripoli.

In poche parole, Agadez è solo una sistemazione provvisoria. Molti migranti sarebbero disposti ad aspettare diverse settimane prima di prendere una decisione definitiva. Di certo c’è però che, allo stato attuale, le organizzazioni criminali in Libia non hanno la possibilità di sfruttare il caos a Tripoli per provare a rimettere nel Mediterraneo decine di barconi. Ma questo non deve significare, per l’Italia e l’Europa, dormire sonni tranquilli.

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