Uno dei primi effetti collaterali della guerra in Ucraina, oltre alle ripercussioni sul settore energetico, è l’ondata migratoria che dai confini ucraini si è riversata verso le nazioni dell’Europa dell’Est. In pochi giorni dall’inizio del conflitto sono arrivati quasi 500.000 sfollati in Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia generando una vera e propria emergenza nell’emergenza. Le stime prevedono 4 milioni di sfollati nelle prossime settimane e l’Unione europea è al lavoro a un piano per la redistribuzione che considera circa il 13% possa arrivare in Italia.
Sebbene già in queste ore siano attivi i corridoi umanitari e gli ucraini stiano arrivando in Italia, sono le nazioni confinanti a farsi carico della maggioranza dei rifugiati, in particolare Romania, Polonia e Ungheria.
Il fatto che polacchi e ungheresi siano particolarmente attivi nell’accoglienza degli ucraini, non rappresenta una novità per chi conosce questi popoli ma assume una particolare valenza alla luce della vulgata che negli ultimi anni ha dipinto il governo polacco e ungherese come realtà antidemocratiche e contrarie a qualsiasi forma di immigrazione. In realtà Polonia e Ungheria, e in generale tutto il gruppo di Visegrad, hanno sempre avuto una posizione di contrarietà all’immigrazione illegale ma non hanno negato forme di solidarietà a chi scappava da guerre o ai corridoi umanitari.
Il cortocircuito secondo cui questi paesi, fino a poche settimane fa dipinti come governati da xenofobi e razzisti, siano d’improvviso diventati accoglienti e aperti ad accogliere gli immigrati, è perciò solo interno al mondo liberal. Non stupiscono perciò le immagini che arrivano dai confini o dai centri di accoglienza ungheresi o polacchi in cui si raccolgono cibi, vestiti e ogni genere di aiuto per gli ucraini. Così come è da rigettare la narrazione secondo cui l’accoglienza sia basata su motivazioni di carattere etnico.
Se tra polacchi e ucraini esiste storicamente una buona relazione, è diverso il caso dell’Ungheria. Gli ungheresi non sono infatti un popolo slavo (bensì magiaro) e, a causa delle rivendicazioni e delle condizioni di vita della minoranza magiara nell’Ucraina dell’Ovest (circa 170.000 persone), non c’è un rapporto di buon vicinato. Ciò però non ha impedito agli ungheresi di dimostrare vicinanza al popolo ucraino in un momento difficile come quello che sta vivendo e Viktor Orbán ha affermato che ogni rifugiato che arriva in Ungheria dall’Ucraina deve essere assistito.
In un’intervista al canale di notizie ungherese M1, il primo ministro ha affermato che i rifugiati in arrivo dalla vicina Ucraina “possono essere certi che saranno accolti da amici in Ungheria” aggiungendo “gli daremo da mangiare, gli daremo riparo e provvederemo ai loro figli”.
Orbán ha poi affermato che assistere i rifugiati dall’Ucraina è un “istinto umano elementare, cristiano” e che “l’Ungheria è un buon Paese, con brave persone”. Orbán ha avvertito che più a lungo si trascina la guerra, maggiore è il rischio che ci siano obiettivi in Transcarpazia, portando la guerra “più vicino a noi”.
Le conseguenze dell’emigrazione ucraina saranno più ampie e interesseranno le politiche migratorie europee, la Commissione europea è infatti pronta ad effettuare variazioni nel bilancio per stanziare una cifra consistente per fronteggiare l’ondata migratoria. Il primo passo sarà prevedere aiuti ed erogare una somma a favore degli Stati confinanti con l’Ucraina, il secondo sarà capire quanti saranno i profughi e prevedere una loro redistribuzione negli stati membri.
Nel momento in cui questa redistribuzione avverrà in modo più strutturato, è chiaro che avrà anche un impatto sui futuri flussi migratori provenienti dal sud Europa o dall’area del Mediterraneo aprendo a una redistribuzione più consistente anche nei paesi dell’Est Europa, sbloccando così il Patto su migranti e asilo e aprendo la possibilità ad una revisione del trattato di Schengen sulla libera circolazione.