Su oltre 80mila migranti sbarcati illegalmente nel nostro territorio dal primo gennaio a oggi, oltre diecimila sono di nazionalità ivoriana. In questo 2023 da record sul fronte degli approdi lungo le coste italiane, è proprio la Costa d’Avorio a prendersi lo scettro di Paese da cui arrivano più migranti. Circostanza che sorprende per almeno due motivi: la lontananza geografica, rispetto almeno ad altri Paesi come Tunisia ed Egitto, e la crescita economica al suo interno. L’economia ivoriana nel 2022 è cresciuta dal 7.2%, uno dei tassi più importanti di tutta l’Africa e non solo. Eppure si continua a partire. Comprendere il caso della Costa d’Avorio, potrebbe voler significare capire molto dei meccanismi migratori riguardanti il continente africano.

L’economia della Costa d’Avorio

Già dai primi anni di indipendenza, il Paese è emerso come economia più sviluppata della regione dell’Africa occidentale. A trainarla sono state le esportazioni: le piantagioni di cacao, caffè, olio di palma e altri prodotti agricoli hanno dato alla Costa d’Avorio un surplus nella bilancia commerciale notevole, poco paragonabile a quello degli Stati vicini. Questo ha attratto, tra le altre cose, cittadini da altri Paesi africani che hanno dato manforte alla manodopera necessaria all’economia ivoriana per solidificarsi. Circostanza quest’ultima molto importante per comprendere l’attuale assetto sociale ivoriano. Nel settembre del 2020, su InsideOver il responsabile della no profit Avsi nel Paese, Lorenzo Manzoni, ha spiegato che un buon 30% della popolazione è di origine straniera.

Il boom ivoriano è terminato negli anni ’80, ma per diverso tempo l’economia ha continuato a distinguersi dal resto dell’Africa occidentale. Anche perché nel frattempo oramai la posizione della Costa d’Avorio come principale esportatrice di cacao a livello globale si era consolidata, al pari della posizione ai vertici della produzione di caffè.

Questo ha permesso al Paese di tornare a crescere dopo gli anni bui della guerra civile, durata circa un decennio a partire dal 2002. Le contrapposizioni tra l’ex presidente Laurent Gbagbo e l’attuale capo di Stato Alassane Ouattara, sono confluite per 9 anni in scontri di natura anche etnica e religiosa. Adesso la situazione è meno tesa, anche se gli equilibri politici rimangono costantemente precari. Ad ogni modo, la Costa d’Avorio è tornata a sfruttare le sue potenzialità dettate non solo dall’agricoltura ma anche dalle tante miniere d’oro presenti all’interno del suo territorio. Risorse che hanno inciso su una crescita quasi a doppia cifra percentuale del Pil negli ultimi anni. E che pongono nuovamente il Paese come tra i più sviluppati in Africa.

Chi parte verso l’Europa

Eppure, come detto, da qui si continua a partire. Un’apparente incongruenza, spiegabile in parte dalla composizione della popolazione ivoriana. Molti migranti giunti nel Paese negli anni del boom economico, con il tempo sono stati naturalizzati o comunque integrati. Il primo presidente ivoriano, Félix Houphouët-Boigny, ha incoraggiato la politica dell’integrazione per via della necessità di fornire al Paese la manodopera necessaria a sostenere la crescita economica. Non solo nei campi, ma anche nelle città: con il lavoro di migliaia di migranti provenienti dai Paesi vicini, è stata costruita la nuova capitale Yamoussoukro e sono stati edificati i nuovi quartieri di Abidjan.

Con le tensioni politiche e con la guerra civile, molti dei migranti di prima o seconda generazione sono andati via. Alcuni hanno preso la via dell’Europa, alimentando un canale migratorio cresciuto nel corso degli anni. Molti di loro, spinti anche dal timore di essere rimandati nel Paese di origine, hanno preferito dichiararsi ivoriani una volta raggiunte le frontiere con la Libia o con la Tunisia.

Tra chi parte dalla Tunisia con in tasca la cittadinanza ivoriana dunque, una buona parte in realtà è originario di altri Paesi. Tra questi, il Burkina Faso, il Ghana oppure il Mali. In poche parole, il numero di cittadini ivoriani sbarcati registrato lungo le coste italiane è così alto perché in tanti si dichiarano ivoriani pur avendo un’origine diversa.

Il problema delle disuguaglianze

La domanda iniziale però resta: come mai si scappa da un Paese dalla forte crescita economica? In una situazione caratterizzata da notevoli incrementi del Pil, anche gli ivoriani di seconda o terza generazione in teoria dovrebbero avere interesse a rimanere. Occorre quindi introdurre un altro fattore in grado di incidere sull’aumento dell’immigrazione dalla Costa D’Avorio: la disuguaglianza. La crescita economica, come spesso capita nei Paesi in via di sviluppo, non raggiunge tutti in egual misura. C’è chi rimane tagliato fuori e vede le proprie condizioni di vita peggiorare. Ad Abidjan, metropoli più grande e capitale economica del Paese, a fianco dei nuovi e moderni quartieri esistono anche baraccopoli e intere aree caratterizzate da costruzioni fatiscenti.

Chi riesce a mettere un po’ di soldi in tasca per partire, prova quindi ad emigrare verso l’Europa. Quello ivoriano è un paradosso solo apparente. I Paesi che registrano i maggiori tassi di crescita tra quelli in via di sviluppo, sono quelli in cui circolano più soldi da spendere per i viaggi della speranza. Maggiore sviluppo non significa dunque necessariamente minore emigrazione. A volte è esattamente l’opposto: se si guarda solo alla crescita economica, senza intervenire sulle disuguaglianze, da un terminato Paese si continuerà a emigrare. E forse anche in misura maggiore rispetto che ad altre parti.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.