Israele non guarda solo al Medio Oriente o all’Europa. C’è anche l’Africa nella strategia di Benjamin Netanyahu. E lo dimostra il viaggio del premier israeliano in Ciad, dove, insieme al presidente Idriss Deby Itno, ha annunciato la ripresa delle relazioni diplomatiche, interrotte dal governo di N’Djamena nel 1972.
La visita di Netanyahu in Ciad è una delle missioni più importanti del primo ministro dello Stato ebraico, tanto che lui stesso l’ha definita “storica”. Prima di imbarcarsi per lo Stato africano, Netanyahu ha sottolineato che il viaggio rientra nel quadro della “rivoluzione” che Israele sta compiendo “con il mondo arabo e musulmano”. E lo fa partendo da un Paese che è strategicamente fondamentale, “al confine con Libia e Sudan”. E soprattutto dopo il viaggio a novembre del presidente ciadiano in Israele, che aveva confermato l’intelaiatura su cui si è costruito il ripristino ufficiale delle relazioni diplomatiche.
Per Israele si tratta di una strategia chiarissima. Dopo decenni di isolamento all’interno della sua roccaforte mediorientale, Netanyahu ha deciso di sfruttare il grande periodo di transizione geopolitica in atto in Medio Oriente e Africa per cambiare i rapporti con moli Stati arabi e africani. Israele ha bisogno di uscire fuori dal suo guscio e sa che l’Africa, così’ come il mondo arabo, rappresentano partner economici e politici estremamente importanti, soprattutto in chiave anti-iraniana. E lo conferma anche la volontà di andare in Sudan (che ha autorizzato il sorvolo dell’aereo di Stato) e in Bahrein.
Il primo viaggio del premier israeliano in uno Stato arabo è stato quello in Oman. Uno Stato importante, per certi versi sottovalutato, che si trova proprio sull’altra sponda dello Stretto di Hormuz, che l’Iran ha più volte minacciato di chiudere come rappresaglia in caso di attacco israeliano o degli Stati Uniti. Avere allacciato relazioni con l’Oman, che condivide con l’Iran interessi strategici molto importanti, è stato un primo segnale chiarissimo della nuova strategia di Netanyahu, che è quella di unirsi al blocco arabo e di compattarlo nella sua sfida all’Iran.
Dopo l’Oman, tappa in Ciad, in quell’Africa che è sempre apparsa distante dagli interessi israeliani e che invece diventa ogni anno sempre più importante. Il Ciad non è certamente uno dei Paesi più importanti dell’Africa né quello con il tasso di crescita maggiore. I dati rivelano che si tratta di una delle 30 nazioni più povere della Terra e la democrazia non è che un miraggio. Ma il Ciad ha alcune peculiarità. Innanzitutto la sua posizione geografica, ribadita non a caso da Netanyahu con quel “al confine fra Libia e Sudan”, Due Paesi sui evidentemente il governo israeliano ha puntato gli occhi.
Ma c’è anche un altro elemento fondamentale: la forza militare. Come spiega La Stampa, “il Ciad, infatti, principale alleato francese nell’area, con il sostegno finanziario e logistico di Parigi è l’esercito più importante all’interno del cosiddetto G5 Sahel: un dispositivo militare creato nel 2014 che riunisce anche gli eserciti di Mali, Mauritania Niger e Burkina Faso e ha l’obiettivo di contenere le spinte di gruppi jihadisti come Boko Haram e le filali locali di Stato islamico e Al Qaeda”.
Proprio tramite la lotta al terrorismo, Israele e Ciad hanno avuto modo di riallacciare i rapporti. A N’Djamena, Netanyahu e Idriss Déby hanno siglato accordi di cooperazione militare e di intelligence che rappresentano uno snodo fondamentale nella strategia israeliana in Africa occidentale. E non va dimenticato che nei mesi scorsi, anche in concomitanza con il viaggio di Déby in Israele, sono uscite alcune rivelazioni di funzionari ciadiani sulle forniture di armi ed equipaggiamenti da parte di Israele per contrastare i ribelli del nord.
Notizie che hanno fatto il giro del mondo e che sembrano confermate dagli accordi siglati ieri fra i due Stati. E il messaggio è stato recepito anche da parte di alcune milizie islamiche locali. Ieri, un gruppo legato ad al-Qaeda in Mali, Nusrat al-Islam wal Muslimeen, ha rivendicato l’attentato che ha ucciso 10 caschi blu originari del Ciad e che è avvenuto vicino Aguelhok, nel nord del Mali. Il gruppo ha rivendicato l’attacco su Telegram. Secondo quanto affermato dagli islamisti, l’attentato è una risposta al patto fra Netnayahu e Déby. Ma è soprattutto un segnale di come questo nuovo rapporto fra Israele e Ciad possa cambiare le sorti del Sahel.