Non solo la rotta libica e non solo il fronte del Mediterraneo. Ci sono altre aree di transito dei migranti che stanno mettendo a dura prova l’Europa in queste settimane e che, in previsione futura, potrebbero rappresentare ulteriori elementi di preoccupazione. A partire dalla rotta balcanica. Proprio quella che tra il 2015 e il 2016 ha visto l’attraversamento irregolare di più di un milione di migranti provenienti dal medio oriente. Una rotta, tra le altre cose, che interessa anche l’Italia.

I numeri di Frontex

A certificare un quadro allarmante per l’Europa sono stati i dati resi noti da Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. I numeri, relativi al periodo che va dal mese di gennaio a quello di ottobre dell’anno in corso, parlano chiaro. Sono stati registrati 275.500 attraversamenti illegali delle frontiere del territorio comunitario. L’aumento rispetto allo stesso periodo del 2021 è del 73%. I flussi riguardanti il Mediterraneo centrale, la rotta cioè che interessa maggiormente l’Italia, ha contribuito a quella cifra con 85.000 attraversamenti via mare registrati dal nord Africa verso le nostre coste. Anche in questo caso l’aumento rispetto allo scorso anno è importante ed è nell’ordine del 59%.

Ma buona parte degli ingressi irregolari in Europa sono arrivati dalla rotta balcanica. In particolare, la tratta è stata attraversata da almeno 128.000 persone riuscite poi ad entrare in uno dei Paesi dell’Unione Europea. Il confronto con il 2021 è ancora più impietoso, visto che l’incremento è del 168%. Una circostanza capace di mettere in allarme soprattutto i governi interessati dalla rotta in questione.

I migranti che risalgono la penisola balcanica entrano in Europa dalla Turchia, ma sono in gran parte originari di Iraq, Siria e Afghanistan. I tre Paesi mediorientali più instabili e alle prese con importanti gravi crisi politiche ed economiche interne. Dalla penisola anatolica, le carovane risalgono dalla Grecia e in misura minore dalla Bulgaria, prima di attraversare i territori di Macedonia del Nord, Serbia e infine Bosnia. Da qui si prova poi il “salto” verso la Croazia e quindi verso il territorio comunitario.

Cosa succede nei Balcani

L’arrivo dei talebani a Kabul e il persistere delle condizioni di insicurezza in Iraq e Siria sta certamente contribuendo ad alimentare la rotta balcanica. La grande impennata di attraversamenti registrati nei confini orientali dell’Ue viene ricondotta proprio al grave contesto politico e militare dei Paesi mediorientali. Ma ci sono anche altre spiegazioni dietro l’incremento dei numeri. A spiegarlo a Giovanni Vale dell’Ispi è stata Silvia Maraone, rappresentante dell’associazione Ipsia. Si tratta di uno degli enti che operano in Bosnia, Paese che l’anno scorso ha assorbito buona parte dei migranti respinti dalla Croazia e quindi rimasti nel “limbo” della rotta balcanica.

“Quello in corso – ha dichiarato – è un anno piuttosto strano. Da un lato registriamo un numero di arrivi più alto rispetto all’anno scorso, dall’altro la permanenza media in Bosnia è molto bassa. Ecco che i quattro campi profughi bosniaci non sono più pieni”. I centri d’accoglienza bosniaci, gravemente sovraffollati nel 2021, in questo 2022 sembrano quasi svuotati. Silva Maraone attribuisce questo fenomeno al cambio di atteggiamento della Croazia.

Il governo di Zagabria infatti l’anno scorso più volte è stato criticato per i metodi con i quali ha respinto i migranti arrivati dalla Bosnia. Respingimenti che ha quindi permesso al flusso migratorio di arrestarsi in parte in territorio bosniaco. Oggi invece la Croazia, candidata all’ingresso nell’area Schengen a partire dal primo gennaio, ha cambiato atteggiamento. La polizia di frontiera ha iniziato a respingere sempre meno al fine di rispettare quelli che sono i dettami per l’adesione a Schengen. I migranti quindi entrano in territorio croato e ottengono da Zagabria un foglio di via che consente loro, solo per alcuni di giorni, di circolare liberamente.

In questa maniera chi ha attraversato la frontiera non è più presente irregolarmente in Croazia e può andare a raggiungere stazioni di bus e treni per continuare il viaggio. Si può quindi dire che il governo croato ha scelto di trasformare il proprio Paese in un semplice territorio di passaggio. Questo inevitabilmente permette più arrivi dalla rotta balcanica verso altre zone dell’Unione Europa, a partire dalle regioni nord orientali dell’Italia. Non è un caso se quest’anno il Friuli Venezia Giulia ha dovuto fronteggiare numeri molto più elevati di migranti all’interno del territorio regionale.

Non solo, ma negli ultimi mesi ad emergere è stata anche la questione serba. Il governo di Belgrado ha infatti garantito l’esenzione del visto ai cittadini di Tunisia, Cuba e Burundi. In questo modo in centinaia possono atterrare negli aeroporti serbi e poi dirigersi verso nord. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, assieme al ministro della Difesa Guido Crosetto, si è recato a Belgrado nei giorni scorsi anche per rappresentare le preoccupazioni di Roma sul fronte immigrazione. Da parte Ue è stato annunciato un piano d’azione per la rotta balcanica, sulla scia di quello presentato il 18 novembre per il mediterraneo centrale. Ma al momento non si conoscono i dettagli delle azioni che Bruxelles vorrà intraprendere.

La rotta del Mar Ionio

Da non sottovalutare inoltre l’aumento degli attraversamenti irregolari lungo la rotta del Mediterraneo orientale. Anche in questo caso Frontex ha stimato un aumento rispetto al 2021 del 122%. Si tratta della rotta che tradizionalmente interessa maggiormente la Grecia. Così come sottolineato dai media ellenici, pochi giorni fa in un naufragio a largo di Creta sono morte 23 persone. Si trovavano a bordo con altri 500 migranti su un barcone partito dalla Turchia.

Ma più che di rotta orientale, occorrerebbe adesso parlare di rotta del Mar Ionio. La tratta interessa infatti l’intero specchio d’acqua tra la Turchia e le coste della Sicilia orientale e della Calabria. “L’80% dei migranti che oggi salpano dalla Turchia punta ad arrivare in Italia”, ha dichiarato il ministro dell’immigrazione greco Notis Mitarakis su un’emittente locale. E infatti il siracusano, così come il crotonese, sono interessati da sempre più sbarchi. Nella provincia più orientale della Sicilia, solo nell’ultima settimana sono arrivati almeno 800 migranti.

Non c’è quindi solo il Mediterraneo centrale e non c’è solamente la rotta libica. A spaventare Europa e Italia sono adesso altri fronti non meno difficili da gestire sia per le dinamiche politiche che per i numeri.

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