Il governo di Kyriakos Mitsotakis non si è fatto illusioni: appena venerdì mattina anche ad Atene sono rimbalzate le voci secondo cui Recep Tayyip Erdogan era intenzionato a riaprire i flussi migratori verso la Grecia, le autorità elleniche non hanno iniziato a chiedere interventi dell’Ue o solidarietà da Bruxelles. Le prime mosse sono state orientate a rinforzare, con propri uomini e mezzi, i controlli sia lungo i confini terrestri che marittimi con la Turchia. E così, ecco che i greci hanno iniziato ad affrontare da soli la nuova emergenza migratoria, la quale rischia di destabilizzare un paese già provato da altre ondate di profughi e dalla lunga e dolorosa scia lasciata dalla crisi economica iniziata dieci anni fa.

Atene ha blindato i confini

La strategia del premier Mitsotakis, già dalle prime ore di venerdì, ha ricalcato di fatto la stessa lanciata da quando il suo governo si è insediato nello scorso mese di luglio: giro di vite sui controlli e potenziamento del cordone di forze dell’ordine e di soldati lungo le frontiere. Indubbiamente però la minaccia lanciata da Erdogan nei giorni scorsi è apparsa subito come potenzialmente destabilizzatrice della situazione, visto che subito dopo gli annunci del governo di Ankara centinaia di migranti si sono posizionati nei pressi della linea del confine tracciata dal fiume Evros. E così, ecco che già venerdì pomeriggio nella stazione di Alexandropoli era possibile notare l’arrivo di numerosi militari da ogni parte della Grecia, pronti per essere stanziati nelle campagne vicino alle frontiere.

La linea di Mitsotakis è subito stato orientata sul “pugno duro” da attuare contro chi ha iniziato a provare ad entrare illegalmente in Grecia: “C’è stato un tentativo illegale di invadere il paese – ha spiegato Stelios Petsas, portavoce del governo ellenico – E noi l’abbiamo respinto”. Per adesso sono stati resi noti un centinaio di casi in cui i migranti sono riusciti ad oltrepassare i confini, potrebbero essere di più ma le cifre fornite dal governo di Ankara, secondo cui già in 80.000 avrebbe varcato le frontiere, appaiono ben lontane dalla realtà. Più problematica la situazione sulle isole dell’Egeo, dove il pattugliamento delle coste appare più difficile e qui i cittadini, soprattutto a Lesbo, hanno attuato alcuni blocchi soprattutto all’interno dei porti per evitare nuovi approdi.

Per Atene la missione appare ardua, ma al tempo stesso l’approccio del governo è improntato sulla realistica prospettiva di poter contare solo sulle proprie forze. Dopo quanto accaduto in tempi di crisi economica e dopo che le promesse di Bruxelles sulla redistribuzione di alcune quote di richiedenti asilo sono state disattese, non solo il governo ma l’intera popolazione greca non si fida delle istituzioni comunitarie. Altri militari sono in partenza per la regione del fiume Evros, altri membri della Guardia Costiera sono in allerta: in Grecia, i cui campi profughi appaiono saturi già da anni, si sa bene di non potersi permettere nuovi arrivi e, al tempo stesso, di non poter contare sul sostegno europeo. E quindi, ecco che l’unica alterativa possibile, secondo Mitsotakis, è quella di continuare a blindare i confini ed aspettare una diminuzione della pressione migratoria.

Una partita giocata contro il rivale di sempre

Il governo greco però, ha un altro motivo per provare a bloccare il flusso di profughi diretto verso le proprie frontiere. L’imperativo al momento è quello di non dare modo ad Erdogan di vincere e di ridimensionare le portate delle sue minacce. Grecia e Turchia non hanno mai goduto di ottimi rapporti e questo sia a livello storico che politico. Oggi Atene ed Ankara sono rivali in tanti dossier non indifferenti, a partire da quello energetico: Erdogan rivendica il diritto di trivellare nelle acque attorno a Cipro, la Grecia al contrario sostiene ovviamente le ragioni dei “cugini” di Nicosia in quella che ha tutto l’aspetto di essere la più importante partita del Mediterraneo orientale.

Un contrasto, quello tra greci e turchi, che ha sullo sfondo l’intera politica energetica da attuare in questa parte del Mediterraneo. E che adesso potrebbe vedere nella crisi migratoria innescata dalle frasi di Erdogan un nuovo importante round, che Atene non può permettersi di perdere. Costi quel che costi, anche se il rischio è quello di farsi carico in solitaria del problema migratorio.

Un video mette in imbarazzo la Guardia Costiera greca

Intanto nelle scorse ore è stato fatto circolare un video in cui si vede una motovedetta della Guardia Costiera ellenica in azione. A girarlo è stato un gruppo di attivisti presso l’isola di Kos: nelle immagini, in particolare, si vedono militari in divisa avvicinarsi ad un gommone e, subito dopo, usare un lungo bastone contro il mezzo. Per far allontanare il gommone dalle coste dell’isola greca, la Guardia Costiera ha anche sparato due colpi di fucile come avvertimento. Secondo alcune informazioni circolate sul web, il mezzo dei migranti sarebbe partito da Bodrum, in Turchia, e come tanti altri gommoni in queste ore ha provato a raggiungere una delle isole dell’Egeo. Il video costituisce un’ulteriore testimonianza della tensione che si vive in queste ore in Grecia.

 

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