A Lampedusa, complice anche il bel tempo, si torna a sbarcare. Anzi, per meglio dire, si continua a sbarcare. Gli approdi seppur in costante flessione, non sono mai stati del tutto azzerati nell’isola più grande delle Pelagie. E nelle ultime 48 ore si registrano due sbarchi, che portano all’interno di Lampedusa un totale di 39 migranti. Non sono certo i numeri dell’emergenza del 2011 e del 2017 e di altri periodi caldi sul fronte migratorio, ma al tempo stesso lo zero nella casella degli sbarchi (auspicato in primis dai cittadini lampedusani) non sembra alla portata.
La nuova strategia degli scafisti
Nello scorso mese di novembre, la procura di Agrigento illustra in conferenza stampa un nuovo metodo usato dai trafficanti di esseri umani per portare i migranti a Lampedusa e sulle coste siciliane. L’utilizzo cioè di una “nave madre” che traina uno o più piccoli pescherecci a bordo dei quali vi sono i migranti imbarcatisi dalla Libia. Si tratta di una tecnica per la verità usata già da tempo, ma documentata soltanto a novembre quando un aereo dell’operazione Frontex avvista per l’appunto una nave con al traino un piccolo natante. Ne scatta un inseguimento da parte di una motovedetta della Guardia di Finanza, finito soltanto a poche miglia dalle acque tunisine. Lì avviene la scoperta: dentro quel peschereccio trainato si nascondono 68 migranti, posti all’interno della stiva per non essere adocchiati subito dalle forze dell’ordine. Il barchino in questione viene sganciato poco prima dell’arrivo della Guardia di Finanza e lasciato alla deriva: secondo gli inquirenti, la nuova strategia consisterebbe proprio in questo, ossia staccare dalla nave madre il mezzo che si traina a poche miglia dalla costa e poi fare inversione verso la Libia.
Questo garantisce agli scafisti il fatto di non compiere per intero il viaggio ed evitare di essere scoperti una volta approdati in Sicilia. Inoltre l’uso di una nave madre comporta la possibilità di riutilizzare il mezzo per altre traversate, senza incappare nei sequestri da parte delle forze dell’ordine. Nell’episodio sopra riportato, la nave madre come detto viene presa dopo un inseguimento. Nel caso degli ultimi sbarchi a Lampedusa invece, l’uso di un mezzo che traina i barchini poi approdati è solo un’ipotesi. Molto ravvicinati i due episodi e molto simili i pescherecci arrivati: ancora una volta dunque, una nave madre potrebbe aver facilitato l’approdo delle ultime ore.
Flusso di migranti mai arrestato
Come detto ad inizio articolo, le coste di Lampedusa continuano anche in questa fase di apparente calma sul fronte degli sbarchi ad essere preda di barchini e piccoli pescherecci con migranti a bordo. Eccezion fatta per i giorni in cui l’inverno regala cattive giornate e condizioni meteo inadatte alle partenze dei natanti dalle coste africane, la più grande delle Pelagie assiste ad un flusso costante di sbarchi. Gli ultimi due episodi ne costituiscono un’importante testimonianza.
Ad arrivare a Lampedusa sono soprattutto tunisini. La rotta da questo paese nordafricano non è mai chiusa del tutto ed anche se nei numeri è meno preoccupante di quella libica, essa appare comunque attiva ed in costante aumento. Ed adesso, tanto nelle Pelagie quanto lungo le coste agrigentine e trapanesi, si teme che l’arrivo del maltempo contribuisca ad alimentare ulteriormente il numero di sbarchi proprio dalla Tunisia.