È stato arrestato in Libia “Bija“, al secolo Abd al Rahman Milad, ufficiale della Guardia costiera libica accusato di traffico di esseri umani e di contrabbando di carburante che mette in imbarazzo l’Italia. L’impresentabile comandante della Guardia costiera di Zawiya era corrotto fino al midollo: con i soldi per pattugliare il Mediterraneo e gestire i centri di detenzione dei migranti si era comprato ville e perfino cavalli da corsa. Un trafficante in piena regola le cui nefandezze sono state ampiamente documentate nelle inchieste dei giornalisti Nancy Porsia, Francesca Mannocchi e Nello Scavo che hanno fatto luce sul ruolo di “Bija” nel contrabbando di petrolio e nel traffico di esseri umani, nonché sull’imbarazzante incontro riportato da Avvenire con il governo italiano avvenuto nel Caro di Mineo di Catania nel 2017. L’uscita di scena di “Bija” rappresenta un vero e proprio terremoto non tanto in Italia, bensì in Libia. Milad è infatti uno dei leader chiave delle potenti milizie di Zawiya, città costiera dove partono i migranti e dove viene raffinato il petrolio estratto in Fezzan, schierate in prima linea nella rivoluzione contro Muammar Gheddafi nel 2011 e contro le forze del generale Khalifa Haftar nel 2019.
Chi c’è dietro l’arresto di Bija?
“Bija” è l’ultima vittima – e finora la più illustre – della campagna anti-corruzione portata avanti dal ministro dell’Interno del Governo di accordo nazionale (Gna) della Libia, Fathi Bashaga. Finora erano finiti nel mirino del potente politico di Misurata, ex pilota di aerei oggi considerato tra gli uomini più potenti del Paese nordafricano, solo dei pesci piccoli: viceministri, segretari particolari, funzionari di compagnie statali. Fonti libiche hanno spiegato ad Agenzia Nova che “l’arresto di Bija potrebbe essere il primo di una lunga serie con l’obiettivo di accreditare Bashaga come uomo forte della Tripolitania e successore affidabile di Fayez al Sarraj, in quanto capace di contenere lo strapotere e gli abusi delle milizie armate”. Secondo il riferisce il sito informativo libico “al Saa 24“, considerato vicino alle istanze del generale Haftar, la prossima preda di Bashaga potrebbe essere Salah Badi, capo delle milizie islamiste Al Sumud. Proprio come Bashaga, anche Badi è originario di Misurata, la “città-Stato” della Libia occidentale dove la Turchia sta costruendo una base navale. Un’altra possibile preda di Bashaga potrebbe essere Ahmad Dabbashi, detto “Al Ammu” (lo zio), potente “boss” del clan Dabbashi di Sabrata accusato di traffico di armi e munizioni, traffico di carburante, trasporto di immigrati irregolari in cambio di denaro, rapimenti ed estorsioni. Ankara sembra aver puntato le sue fiches su Bashaga, non su Badi (come “Bija” sanzionato dalle Nazioni Unite, dunque impresentabile) né tantomeno su Ahmed Maiteeq, ambizioso vicepresidente autore dell’accordo con l’est che fatto riaprire i pozzi di petrolio (ma non quelli dell’Eni, ancora bloccati dai mercenari al soldo di Haftar) ma anche arrabbiare i Fratelli musulmani.
Bashaga successore di Sarraj?
Bashaga può contare sull’appoggio delle sue potenti milizie Rada, del procuratore generale Sadiq al Sour e dal neo nominato ministro della Difesa, Salah Din Ali Namroush, anch’egli come “Bija” di Zawiya ma al contrario del trafficante molto apprezzato in Turchia. L’obiettivo del ministro di Misurata sembra essere quello di indebolire o quantomeno dividere le milizie più “irriducibili” (come quelle di Zawiya) per poi assorbirle nelle future forze regolari libiche, come da anni richiesto dalla Comunità internazionale. Un’impresa difficile tentata – senza successo – dal premier dimissionario del Gna, Fayez al Sarraj. Quest’ultimo, sfiancato dai continui ricatti delle stesse milizie che ha tentato di addomesticare, ha promesso di lasciare il potere a una nuova autorità esecutiva entro ottobre, ma le trattative per un nuovo governo si protrarranno almeno fino alla prima metà di novembre. La prassi vuole che Sarraj lasci l’incarico a uno dei sue due vice: Abdel Salam Kajman, uomo della Fratellanza musulmana ed esponente di spicco del Sud libico; oppure Ahmed Maiteeq, che però si è fatto molti nemici in Tripolitana dopo l’apertura ad Haftar sui pozzi di petrolio. Il destino della Libia sembra essere, ancora una volta, nelle mani della Comunità internazionale che Bashaga sta cercando di ingraziarsi consegnando le teste dei ricercati, tra cui appunto quella “Bija”.