Tripoli e Tunisi nello scorso mese di agosto hanno stretto un accordo volto a ospitare all’interno dei propri territori i migranti bloccati nel deserto. Si tratta di un primo segnale di collaborazione tra libici e tunisini, arrivato nell’estate più torrida sul fronte migratorio. In migliaia sono partiti dal nord Africa verso l’Italia, così come in migliaia hanno attraversato i porosi confini libico-tunisini per provare a partire da Sfax e da altre città del sud della Tunisia. Circostanza quest’ultima che ha provocato le ire del presidente Kais Saied e scontri nella stessa città di Sfax tra tunisini e migranti.

L’accordo tra i due Paesi nordafricani ha messo fine alla permanenza nel deserto di centinaia di persone, bloccate dopo il giro di vite anti immigrazione dello stesso Saied. Ma non ha cancellato le incognite che gravano su entrambi i governi. Al momento infatti, si sta continuando a partire soprattutto dalla Tunisia. Inoltre, molte organizzazioni hanno espresso dubbi sul rispetto dei diritti per i migranti presi in carico grazie all’accordo.

Cosa prevede l’intesa

Sia Tripoli che Tunisi nel corso dell’estate sono state raggiunte da numerose critiche e pressioni internazionali pere la gestione dei flussi migratori. E, in particolare, per consentire di fatto la formazione di numerosi gruppi di migranti sperduti nel deserto, in vere e proprie terre di nessuno. Gente lasciata allo sbaraglio, convinta probabilmente dalle organizzazioni criminali a oltrepassare il confine libico-tunisino e respinta dalla polizia tunisina.

Una pratica purtroppo non inedita. Per la verità è da anni che si registrano simili episodi, ma raramente un contesto del genere ha riguardato la Tunisia. Il giro di vite imposto da Kais Saied, anche alla luce degli scontri avvenuti a luglio a Sfax, ha determinato il respingimento tra le dune del Sahara di centinaia di migranti.

Da qui l’intesa tra Tunisi e Tripoli volta soprattutto a spegnere le critiche internazionali. “Abbiamo concordato di condividere la gestione dei migranti al confine – ha dichiarato il 10 agosto scorso ai media locali il portavoce del ministero dell’Interno tunisino, Faker Bouzghaya – la riunione con le autorità libiche si è conclusa positivamente”. Secondo l’accordo, Tunisia e Libia si faranno carico di almeno 300 persone respinte e bloccate nel deserto. In particolare, Tunisi ospiterà 76 uomini, 42 donne e otto bambini. Tutti gli altri invece torneranno in territorio libico.

Le incognite

In poche parole, l’accordo tra i due Paesi nordafricani altro non è che una redistribuzione di migranti irregolari. Il fatto che i due governi si siano mossi per giungere a un’intesa ha senza dubbio dei risvolti positivi. In primis perché le pressioni internazionali hanno sortito l’effetto di evitare il ripetersi della macabra pratica di abbandonare i migranti al proprio destino nel deserto. In secondo luogo, perché sotto il profilo politico Tunisia e Libia per la prima volta hanno deciso di dialogare e giungere a una comune intesa sulla gestione del flusso migratorio. Un precedente che potrebbe non rimanere isolato.

Le incognite però non mancano. A partire dal destino che sarà riservato ai migranti presi in carico. Molte organizzazioni internazionali hanno palesato l’ipotesi di un ritorno, per le persone rientrate in Libia, nelle carceri o nei campi gestiti dai trafficanti. In Tunisia invece, considerando l’attivismo delle organizzazioni criminali che ha garantito l’arrivo in Italia di migliaia di migranti, il rischio è quello che le famiglie prese in carico possano poi finire nuovamente tra le grinfie di chi vuole lucrare sui viaggi della speranza.

Non solo, ma tornando al discorso prettamente politico, occorre chiedersi se il cambio di passo apparente tra Tunisi e Tripoli possa poi corrispondere a un attivismo anche sul fronte della lotta ai trafficanti e della collaborazione con Italia ed Europa per ridimensionare i flussi. La Libia nei mesi scorsi ha bombardato alcune basi usate dai trafficanti, ma le organizzazioni ancora appaiono ben radicate. A preoccupare di più è la Tunisia: qui i criminali sono riusciti a fruttare la poca distanza con Lampedusa per incrementare i loro affari negli ultimi mesi, con il governo al momento inerme o impotente.

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