La notizia politicamente più rilevante per l’Italia è arrivata alla vigilia del vertice. Il fatto stesso che il tema dell’immigrazione sia stato inserito tra i punti all’ordine del giorno del consiglio europeo ha rappresentato una novità. Di migranti tra i capi di Stato e di governo dell’Ue non si parlava dal 2018. Per questo Mario Draghi ha subito cantato vittoria. Anche perché il dibattito è durato poco: le bozze dei documenti emerse nei giorni scorsi, in cui si evinceva un cambio di strategia e di linea da parte italiana, sono state approvate subito. Un passo rilevante per Roma sotto il profilo politico, dietro però si celano anche delle insidie: a partire dal mantenimento delle promesse da parte dei governi Ue.
Passa la linea della “dimensione esterna”
Nel documento di dieci pagine che contiene le conclusioni finali del consiglio europeo, l’immigrazione occupa tre articoli. Sono tre punti in cui i capi di governo comunitari indirizzano il futuro della politica sull’immigrazione. L’articolo 12 è quello che di più interessa il presidente del consiglio italiano Mario Draghi: “Al fine di prevenire la perdita di vite umane e ridurre la pressione sui confini europei – si legge – saranno intensificate partnership e cooperazione vantaggiose con i Paesi di origine e di transito, come parte integrante dell’azione esterna dell’Unione europea”. Era proprio questo l’obiettivo politico voluto dall’ex governatore della Bce: “Viene sviluppata la dimensione esterna dell’immigrazione – ha dichiarato Draghi – ed è stata una sessione che ci ha visto soddisfatti”. Per dimensione esterna si intende proprio l’approccio volto a considerare l’immigrazione come un problema da risolvere in primis esternamente dai propri confini.
A livello pratico, vuol dire che per prevenire ulteriori partenze saranno posti sul piatto svariati miliardi di Euro a favore dei Paesi di origine dei flussi migratori. Potrebbero essere almeno 8 i miliardi, almeno stando alle indiscrezioni della vigilia. Si tratterebbe di somme da prendere dal fondo europeo per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale (Ndci). Il tutto all’interno di un piano al quale ha lavorato intensamente lo stesso Mario Draghi nelle sue ultime visite in Spagna e Germania. Nelle conclusioni non c’è traccia invece dei ricollocamenti. Ma questo era ampiamente preventivato: “Il mio obiettivo non era ottenere un accordo sui ricollocamenti – ha dichiarato in conferenza stampa il presidente del consiglio – sarebbe stato prematuro avere un accordo per noi conveniente”. Complessivamente “L’Italia è soddisfatta – ha proseguito Draghi – dell’accordo raggiunto in Consiglio Ue sul tema dei migranti”.
Altri sei miliardi a Erdogan
Fin qui le note positive. Ma non mancano i tasti dolenti. A partire dalla suddivisione degli otto miliardi di Euro previsti dal piano Ue. Ben sei dovrebbero prendere la direzione di Ankara. Intenzione infatti del consiglio europeo è sollecitare la commissione guidata da Ursula Von Der Leyen a rimettere in moto da subito i precedenti accordi stretti con la Turchia, sottoscritti nel 2016 e che prevedono per l’appunto il pagamento di importanti somme per tenere i profughi siriani nel Paese anatolico. Lo si è scritto a chiare lettere nell’articolo 18 del documento finale del consiglio, uno dei nove dedicati alla Turchia: “Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare senza indugio formali proposte – si legge – per il proseguimento del finanziamento per i rifugiati siriani e le comunità di accoglienza in Turchia”. L’espressione usata in inglese non lascia spazio a dubbi: “To put forward without delay“, dunque l’argomento ha assoluta priorità.
Probabilmente già nelle prossime settimane da Bruxelles le somme verranno stanziate. Un’azione in contraddizione con le ultime uscite mediatiche sul presidente turco Recep Tayyip Erdogan, criticato duramente dopo aver fatto rimanere in piedi durante un incontro Ursula Von Der Leyen. Lo stesso Draghi ha definito il leader turco un “dittatore”. Evidentemente però per l’Europa è prioritario chiudere in primis la rotta balcanica, che negli ultimi mesi ha ripreso vigore. Da qui il corposo stanziamento per la Turchia. Poca roba al momento invece è prevista per le zone di maggiore interesse per l’Italia, Libia in primis. I restanti due miliardi di Euro dovrebbero coprire sia gli investimenti per la stessa Libia che per l’intero continente africano. Non è detto poi che queste somme vengano sborsate a breve. Al contrario, sono probabili ulteriori passaggi in commissione e non prima dell’estate.
In Italia l’opposizione non a caso si è scagliata contro le conclusioni del vertice: “Incomprensibile la soddisfazione del presidente del Consiglio Draghi per le conclusioni del Consiglio europeo sull’immigrazione – ha dichiarato ad esempio il leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – Al rinnovo dell’accordo con la Turchia di Erdogan e allo stanziamento di altri tre miliardi di euro da versare ad Ankara corrisponde, infatti, il nulla totale sul fronte del Mediterraneo centrale. Poche e generiche righe sulla Libia, nessun impegno concreto per bloccare le partenze, zero azioni risolutive per arginare il flusso incontrollato di immigrati. Risultato: l’Europa abbandona l’Italia al suo destino”.
L’Europa manterrà le promesse?
Ad ogni modo, sotto il profilo prettamente politico è importante registrare il cambio di inerzia. Di immigrazione si è iniziato a parlare, seppur per l’Italia al momento i vantaggi concreti e pratici sono molto limitati. E c’è anche un’altra incognita di cui tener conto, sottolineata anche da Mario Draghi. Quella cioè dell’affidabilità dei partner comunitari: “Naturalmente vanno messi in atto tutti gli impegni di politica espressi”, ha dichiarato il capo dell’esecutivo in conferenza stampa. Un modo per affermare come, dopo il cambio di inerzia, adesso a parlare dovranno essere i fatti. E tra il dire e il fare in Europa, c’è di mezzo il Mediterraneo.