Una malattia su tutte è la piaga dell’Africa, ed è tanto ancestrale quanto la morte che dissemina nel continente africano: la malaria.Non è l’ebola con le sue immagini di medici avvolti in tutte ermetiche e monatti che trasportano cadaveri in fosse poi ricoperte di calce viva, non è il colera immortalato nelle foto che arrivano dai campi profughi dove corpi anelano alla vita appesi al filo di una flebo. È la semplice puntura di una zanzara che falcidia l’Africa sub-sahariana e a confermarlo sono le cifre dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che rivelano che nel 2015, nel mondo, sono morte 438mila persone a causa della zanzara anofele.Non esiste un vaccino, solo profilassi e misure preventive ma oggi quest’ ultime si trovano ad affrontare la crisi. A dimostrarlo la storia di Gèrard Niyondiko e Moctar Dembélè, due studenti africani che hanno progettato un sapone anti malarico e che per ottenere i fondi per realizzarlo sono dovuti ricorrere al crowfunding.La vicenda dei due ricercatori risale al 2013. All’epoca i due giovani con il loro progetto, Faso Soap, vincevano il Global Social Venture Competition, un concorso internazionale che si tiene a Berkley e che premia giovani laureati e creatori di imprese a forte impatto sociale e ambientale. Il progetto presentato dai due studenti aveva subito attirato l’interesse dei media globali, il Faso Soap infatti si presentava come un prodotto rivoluzionario, un sapone repellente in grado di tenere lontane le zanzare e, una volta mescolato con l’acqua, in grado di avere un effetto larvicida.”Vincere il GSVC ci ha dato visibilità e abbiamo iniziato una collaborazione con l’ITECH, una scuola di ingegneria a Lione. Un lavoro durato quattro mesi e che doveva portare all’ottimizzazione del prodotto”, così ha raccontato a Le Monde Nyondiko. Il percorso quindi sembrava seguire delle tappe obbligate: test di laboratorio, sicurezza cutanea e oculare e infine il test in ambiente semi aperto. Tutto questo però non è avvenuto.Nessun investimento e sovvenzione è stata trovata per finanziare la ricerca del prodotto . Il costo totale dei test era compreso tra i 40 e i 50mila euro, ma nessuno ha investito questa somma e il progetto oggi rimane quindi bloccato e Gèrard Niyondiko è rimasto il solo a porre delle speranze e a credere nella realizzazione.Il motivo, del fatto che non si siano trovati dei finanziatori, secondo l’ideatore di Faso Soap è che l’Oms o l’Unicef non finanziano dei privati. Per l’Unione Europea e i donatori di fondi specializzati nella lotta alla malaria il progetto è troppo piccolo mentre risulta troppo grande per le ONG.Nessuna speranza apparentemente per Faso Soap ma Niyondiko non si è perso d’animo e l’anno scorso ha vinto una borsa di studio di 5000 dollari e ora ha deciso di fare appello alla gente comune, alla volontà disinteressata della gente di combattere la piaga della malaria. Ecco quindi che ad aprile lancerà sulla piattaforma Ulule la campagna ”100.000 vite” con la speranza di raccogliere 30mila euro e poi avviare così i test di ricerca. E,stando a quanto confidato dall’ideatore ” Se gli esiti fossero positivi , già nel 2017 il primo sapone potrebbe essere venduto”.
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