Secondo un sondaggio tracciato su 400 piccoli-medi comuni tedeschi e presentato lo scorso 9 maggio dalla catena televisiva Ard, il 69 per cento delle municipalità non hanno le possibilità economiche logistiche per ospitare nuovi migranti e un altro 17 per cento ammette d’aver esaurito da tempo le risorse per l’accoglienza. Un quadro preoccupante che conferma, una volta di più, la fragilità del sistema tedesco di fronte alla massiccia ondata migratoria abbattutasi dallo scorso anno sulla Germania.

I numeri parlano chiaro. Nel 2022 sono pervenute a Berlino complessivamente 244.132 richieste d’asilo (+27,1% rispetto al 2021) a cui vanno sommati circa un milione e 200mila ucraini scappati dalla guerra e un numero indefinito di clandestini non registrati. Ad oggi, secondo i dati governativi, rimangono sospesi i dossier di 70.976 siriani (+ 29,3 %), 36.358 afghani (+ 56,2%), 23.938 turchi (+ 23,7%). A seguire gli altri: una folla di disperati proveniente dall’Africa, dal Pakistan e Bangladesh.  Un’emergenza che ha costretto il governo federale a riconvocare nella capitale per la seconda volta in poche settimane i rappresentanti dei Lander per trovare una via d’uscita possibile.

Intanto nel paese monta e si organizza la protesta, soprattutto nei centri minori. Qualche esempio. A Upahal, un borgo di soli 500 abitanti sulle rive del Baltico, la popolazione è scesa in piazza per mesi protestando contro la paventata installazione di un centro d’accoglienza per 400 richiedenti asilo. L’opposizione dei residenti – indignati e spaventati dai numeri previsti – per una volta ha forato il solito muro di gomma dei media e Upahal è presto diventata il simbolo della lotta dei cittadini contro le politiche migratorie federali.  Dopo una serie di manifestazioni e d’interventi sulla stampa nazionale, il progetto è stato sospeso e gli “ospiti” stranieri sono stati dirottati nelle vicinanze creando così ulteriori problemi. Ad esempio, nella vicina Wismar, 44mila abitanti, la situazione è ormai insostenibile. Il punto d’accoglienza, strutturato per 350 posti, è pieno come un uovo e nello scorso autunno le autorità sono state costrette ad allestire uno spazio ulteriore requisendo due scuole pubbliche per ricavarne altri duecento posti.  Anche in questo caso, considerato l’esasperazione dei locali, il governo ha promesso di sospendere provvisoriamente gli arrivi. Poi si vedrà.

Anche a Greifswald, cittadina di 59mila abitanti presso la frontiera con la Polonia, a febbraio la gente si è mobilitata per protestare contro l’annunciata apertura di un ultriore punto d’accoglienza di 500 posti; il comune a guida socialdemocratica è stato costretto ha rivedere radicalmente il progetto e proporre una riduzione drastica del numero dei migranti (non più di cento) con la promessa di distribuirli in piccoli nuclei sul territorio. Una soluzione che i cittadini non hanno gradito e in meno di due settimane sono state raccolte oltre 4mila firme per indire il prossimo 18 giugno un referendum cittadino. Il quesito è chiaro quanto indicativo. Sulla scheda gli elettori troveranno la seguente domanda: “Siete favorevoli che dei terreni appartenenti alla città anseatica e universitaria di Greifswald siano affittati al governo della Pomerania occidentale per costruirvi contenitori per alloggiare migranti?”.

Il risultato, se il referendum varcherà la soglia del 25%, è scontato. Nel caso della molto probabile della vittoria dei no, il plebiscito sarà a tutti gli effetti giuridici valido innescando un effetto domino nel resto dei Lander. Dal canto loro i ministri di Berlino e i partiti di sinistra – in sinergia con parte del mondo imprenditoriale – fanno orecchie da mercante e continuano a ripetere che l’economia tedesca necessita di 400mila arrivi all’anno e, quindi, urge rassegnarsi ad un’immigrazione sempre più massiccia. Una prospettiva che, al netto dei calcoli e dei “buoni sentimenti”, alla Germania profonda non piace per nulla. Greifswald insegna

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.