DA STOCCARDA – Sono i “terroni” della Germania. Ancora oggi i cittadini dell’ex-Repubblica Democratica comunista, la DDR, sono bersaglio di battute continue da parte dei tedeschi dell’ovest. «Non paghiamo per loro, che non hanno voglia di lavorare». Quante volte ho sentito dire questa frase in Germania. Un riferimento alla ‘tassa di solidarietà’ che i Land dell’ovest pagano da molti anni per aiutare le regioni più povere ad est. «Ma è inutile: non hanno spirito di iniziativa a causa del comunismo», ripetono i maliziosi a Monaco o Stoccarda. Luoghi comuni, come ne esistono in ogni Paese. Ma non è tutto. Negli ultimissimi anni se ne è aggiunto un altro, ancora più infamante, a cui ha dato credito anche la stampa tedesca: «Razzisti». La nascita del movimento anti-islamico Pegida a Dresda, città dell’est, e gli exploit elettorali di Alternativa per la Germania nei Land ex-comunisti hanno portato alla nascita di questo stigma.Eppure, dati alla mano, la verità è un’altra, molto più semplice. La Germania, a più di un quarto di secolo dalla caduta del muro, resta un Paese diviso. Anzi, guardando ai dati economici degli anni di governo della Merkel, è sempre più spezzato in due. Prendiamo la Sassonia, il Land dove si trovano Lipsia e Dresda, e dove è nata Pegida. I numeri parlano chiaro. Dal 2005 al 2015 la percentuale di giovani a rischio povertà è passata dal 30,2 al 39,8%. A dirlo sono i dati forniti dal governo. A livello nazionale, la media è molto più bassa: il 25,5%. Alta anche la fetta di anziani a rischio povertà, passata sotto la Merkel dal 7,2 al 12,2%. Ma anche per chi lavora, nulla di buono. Troppo bassi i salari, che spesso non bastano a arrivare alla fine del mese. Il risultato è che il 18,6% degli abitanti della Sassonia risultano oggi a rischio povertà. E non è solo la Sassonia. I Land dell’est risultano tutti in cima alla classifica sui dati per la povertà. Per la precisione, l’unico dei primi sei a essere ad ovest è lo stato di Brema. Gli anni della Merkel, arrivata al potere proprio nel 2005, rischiano di essere ricordati come un incubo per i cittadini dell’est.Un paradosso, se si pensa che la cancelliera è cresciuta proprio nella DDR. Ma anche un dato utile a spiegare gli ultimi exploit dei movimenti anti-sistema di cui sopra. Peraltro anche la Linke, il partito che porta avanti l’eredità comunista, qui va molto più forte che ad ovest. Non sono pazzi: si sentono cittadini di serie B e esprimono così la loro protesta nei confronti della politica. Si sentono traditi da Berlino e se la prendono con i rifugiati. Niente di più naturale, dato che la Germania della Merkel e sue imprese hanno preferito importare disperati e manodopera a basso costo, anziché investire sui propri cittadini. Nessuno sembra voler prendere coscienza di questo semplice fatto in Germania o altrove. Ma bastano un pugno di cifre per capire che i tedeschi dell’est non sono sporchi e cattivi come li dipingono.Che cosa è andato storto, allora? Il punto è che la Germania della Merkel si sta trasformando rapidamente in un Paese simile agli USA e la Cina. Una piccola fetta di milionari che gestiscono cifre da capogiro, una classe media che rischia di essere presto un pezzo di archeologia, e ondate di disperati – stranieri o autoctoni, poco importa, basta che siano gli uni contro gli altri – che con il loro lavoro da schiavi mantengono competitiva la locomotiva tedesca a livello mondiale. Un vero e proprio incubo, che in parte è già diventato realtà. Austria a parte, nessun altro Paese dell’eurozona ha infatti livelli di disuguaglianze economiche più alte della Germania. La metà più povera del Paese possiede solo il 2,5% di ricchezze. Fra loro, la larghissima parte vivono ad est.E allora fai presto a dire razzisti. Fai presto a chiederti perché qui non abbiamo accolto, come ad ovest, i profughi alla stazione con gli striscioni «Benvenuti rifugiati!» Razzista è anche chi finge di non accorgersi di tutto questo.
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