Potrebbe esserci una correlazione tra gli ultimi scontri a Tripoli e la ripresa delle partenze dalla Libia. Negli ultimi giorni il Mediterraneo torna purtroppo a far parlare di sé per i morti in mare dovuto al naufragio di alcuni barconi. Gli ultimi in ordine di tempo di cui si conosce il porto di partenza, risultano salpati da Garabulli. Si tratta di una cittadina a sessanta chilometri ad est di Tripoli, il cui nome completo è Gasr Garabulli, ossia Castelverde. E qui si nota già una particolarità: di solito le partenze dei migranti avvengono da Sabrata e nelle zone limitrofe a questa cittadina. Si tratta di un territorio che si trova però ad ovest di Tripoli, più orientato verso il confine tunisino. Garabulli come detto è invece ad est ed è quasi a metà strada tra la capitale e la città Stato di Misurata. Una rotta, quella libica, che sembra quindi “arricchirsi” di un altro porto: vien da chiedersi come mai adesso si parte anche dalle coste comprese tra Tripoli e Misurata. La risposta potrebbe essere ricercata proprio negli scontri degli ultimi giorni nella capitale libica. 

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Misurata sempre più lontana da Al Sarraj

Non è un mistero che, dal suo insediamento avvenuto nel marzo 2016, il governo Al Sarraj non ha mai disposto di proprie forze e di un esercito a sé vicino. Tutt’altro, l’esecutivo voluto dall’Onu ed uscito dagli accordi di Skhirat, da sempre risulta costretto a servirsi di milizie che però non disdegnano spesso di usare l’arma del ricatto per continuare a rimanere al fianco del consiglio presidenziale. Tra queste milizie, le più importanti sono certamente quelle di Misurata. Questo perchè, durante il conflitto anti Gheddafi del 2011, questa città assume un ruolo di primo piano all’interno delle battaglie dell’area di Sirte e della stessa Tripoli. Un impegno militare ben “speso” sotto il profilo politico una volta ucciso il rais. Misurata diventa così una vera e propria città Stato, con all’interno almeno 250 milizie e migliaia di combattenti che riescono ad avere un peso determinante per gli equilibri tripolini instauratisi dopo il 2011. Sono proprio le milizie di Misurata a combattere l’Isis nell’agosto 2016 a Sirte, con l’aiuto dei raid Usa. All’epoca si parla di esercito libico al servizio di Al Sarraj, si tratta invece di mere milizie che da allora in poi ovviamente diventano più potenti. 

Ma dentro Misurata non mancano divisioni in fazioni e gruppi rivali, tanto militari quanto politici. Si va dai partiti islamisti radicali a quelli islamisti moderati, così come è facile riscontrare sia gruppi più intransigenti che vogliono lo scontro frontale con gli altri attori libici, sia quelli invece maggiormente propensi al dialogo. Ma ciò che accomuna le varie fazioni di Misurata, è senza dubbio la volontà di non rimanere tagliati fuori dal calderone libico dopo quasi un decennio di dominio nell’area tripolina. Soldi, potere, prestigio, sono elementi questi che nessuno a Misurata vuole perdere. Ed il sentimento di paura, specie tra le fazioni che dal 2016 sono a Tripoli a rappresentare gran parte delle forze di sicurezza al servizio di Al Sarraj, inizia a crescere. Molti gruppi temono, con l’inizio del processo politico di riconciliazione nazionale, di essere prossimi ad un ridimensionamento del proprio ruolo.

Il riferimento è soprattutto ai Fratelli Musulmani, che a Misurata sono molto forti e che a Tripoli esprimono diversi politici di alto rango oltre che non poche fazioni armate presenti nella capitale. E qui si arriva agli scontri interni al consiglio presidenziale dei giorni scorsi, tramutati poi in battaglie tra le strade dei quartieri meridionali di Tripoli. Alcuni misuratini stanno avendo popolarità e ruoli di primo piano in questa fase politica, come ad esempio il ministro degli interni Fathi Bishaga, altri invece no. Tra questi indubbiamente Ahmed Maaitig, che dopo aver rappresentato per anni il contatto più stretto dell’Italia in seno al consiglio presidenziale, nel vertice di Palermo di novembre viene quasi messo in disparte. Lui è uno dei vice di Al Sarraj ed insieme ad altri due membri del consiglio presidenziale, Fathi al Majbari e Abdel Salam Kajman, è firmatario di una lettera che suona come una vera e propria sfiducia al premier. Tutti e tre, non a caso, sono vicini ai Fratelli Musulmani. Bishaga invece dal canto suo, nei giorni scorsi consegna l’aeroporto alle autorità dell’aviazione libica e questo gesto appare, a molte milizie presenti nella capitale, come una provocazione e come un regalo inatteso ai miliziani della Settima Brigata di Tahruna. Da qui gli scontri che ad inizio della scorsa settimana lasciano sul campo 14 vittime. 

L’allentamento dei controlli sul traffico all’immigrazione

Ben si evince dunque come, in questi giorni, sia in atto uno scontro tra il governo di Al Sarraj e molte componenti misuratine. E questo non può far altro che incidere anche sulle attività di contrasto della criminalità. In questo calderone, rientra anche l’azione anti immigrazione portata avanti negli ultimi mesi. Non solo supposizioni, ma anche concrete dichiarazioni da parte delle stesse milizie della capitale che, come detto sopra, hanno al loro interno diversi gruppi di Misurata. Le forze di autodifesa ad esempio, dopo la notizia della consegna dell’aeroporto internazionale ad altri gruppi, in un comunicato affermano di non seguire più gli ordini lanciati dal ministro Bishaga e dal premier Al Sarraj. Un vero e proprio boicottaggio conclamato, che certamente non si svolge solo nell’area di Tripoli ma anche lungo le coste. Ed ecco perché adesso si torna a partire e proprio dai litorali compresi tra la capitale e Misurata. 

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I gruppi criminali che gestiscono la tratta libica dell’immigrazione, hanno nuovamente via libera. La Guardia Costiera libica potrebbe essere essa stessa divisa in fazioni, con alcuni membri che decidono di continuare il contrasto ed i controlli volti a prevenire nuove partenze, altri invece che decidono di boicottare gli ordini di Tripoli. E così, sfruttando anche condizioni meteo favorevoli, i clan tripolini rimasti quasi all’asciutto in questi mesi, provano a riconquistare terreno. E questo vuol dire, purtroppo, via libera ai loro criminali affari. 

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