La guerra in Siria ha portato, fra le tante conseguenze, anche quella di un’ondata di rifugiati siriani che si è riversata in Europa. Prima che la Turchia bloccasse – a suon di miliardi – la via di accesso all’Europa, era la famigerata rotta balcanica quella più seguita dal flusso migratorio. E l’Europa balcanica, centrale e settentrionale sono diventate passaggi, se non mete, della fuga di milioni di persone. Angela Merkel, all’inizio dell’esodo, si era posta come paladina dei dritti dei rifugiati. E tutti noi ricordiamo le foto della polizia tedesca che accoglieva i treni carichi di disperati, oppure di Angela Merkel commossa di fronte alla voce dei bambini che chiedevano pace per la propria terra. Immagini toccanti che però contrastavano con un germe di insoddisfazione che cominciava a serpeggiare in tutto il territorio tedesco e che, specialmente nella parte orientale della Germania, ha dato vita a n vero e proprio sentimento di ostilità nei confronti di questa moltitudine di persone arrivata con la promessa di un futuro migliore che poi, come al solito, si è rivelata infondata. Non c’è stata vera e propria integrazione, come sostenuto dal governo della Grande Coalizione, ma transito e sosta di milioni di persone in un sistema sociale non così permeabile e pronto come si raccontava nelle cancellerie d’Europa. E così, tra le violenze perpetrate da parte di molti rifugiati, altrettante violenze perpetrate da parte di alcuni gruppi di tedeschi contro i profughi, la Germania si è riscoperta molto meno a braccia aperte dei quanto Frau Merkel credesse. E il voto alla destra dell’AfD è stato solo il primo segnale di questa stanchezza collettiva del popolo tedesco.
Le ultime elezioni sono state un campanello d’allarme non solo per la signora Merkel ma in generale per tutta la politica tradizionale tedesca. La Germania chiede risposte e l’ha fatto spostando il voto verso altri partiti. Non c’è stato l’exploit “populista” come in altri Paesi, ma per la Germania e il suo granitico sistema elettorale, le ultime elezioni e l’assenza prolungata di un governo, sono un problema molto serio. E in questo, il tema sicurezza è centrale, perché lì si percepisce il malcontento della popolazione. Proprio per questo motivo, pochi giorni fa, i ministri dell’interno dei lander tedeschi si sono riuniti in una due-giorni di vertice a Lipsia per discutere anche del rimpatrio dei rifugiati siriani. Per ora, il governo tedesco aveva posto un veto al rimpatrio (anche forzato) dei siriani. Ma la situazione politica è cambiata e l’elettorato si attende delle risposte. I ministri dell’Interno conservatori, in particolare di Baviera e Sassonia, volevano che il divieto delle espulsioni dei siriani terminasse a metà del 2018, qualora la situazione in Siria avesse consentito un rimpatrio con una certa sicurezza. Ma i ministri socialdemocratici hanno rifiutato la proposta chiedendo di aspettare almeno la fine del 2018 e un nuovo rapporto dettagliato sula sicurezza in Siria. Il problema è che adesso Berlino si ritrova con le mani legate. La Siria è un Paese che, formalmente, potrebbe rimanere insicuro per anni, se non anche per un’intera generazione. E questo significa che il rimpatrio non sarebbe consentito dalla legislazione e dagli accordi internazionali, specialmente in ambito Onu, che vietano il rimpatrio in zone di guerra o a rischio di persecuzione. Assad sta vincendo la guerra, ma sacche di resistenza del terrorismo ancora esistono e con esse, permane il conflitto e il rischio che molti dei rifugiati siriani siano in pericolo – molti sono oppositori del governo. Ma in generale, il cortocircuito della socialdemocrazia europea (tedesca in questo caso) è evidente. Prima si accolgono centinaia di migliaia di rifugiati, poi, quando diventano un problema, li si rispedisce anche forzatamente, altrove. Ma ovviamente, i populisti sono gli altri, non chi accoglie milioni di persone e poi le rimanda indietro quando non sono più utili all’immagine del governo.
Intanto, il governo federale, ha dato il via ad alcuni progetti-pilota sulla costruzione di una sorta di orfanotrofi, in Marocco, per inviare lì i minori non accompagnati arrivati in Germania. Un progetto nato dalla collaborazione bilaterale fra Berlino e Rabat e che prevede il rimpatrio di tutti quei bambini e ragazzi soli che sono arrivati negli anni in Germania. Secondo il ministero dell’Interno tedesco, che ha condiviso le informazioni con Welt am Sonntag, il progetto prevede la costruzione di due centri in Marocco che ospiteranno ciascuno cento giovani. In questi centri, i minori riceveranno assistenza sociale, consulenza di vario genere e accesso a opportunità educative. Questi centri saranno costruiti in collaborazione con il governo marocchino, le autorità locali e le Ong. Secondo quanto riferito dal ministero dell’Interno, al programma parteciperanno i minori di 18 anni non accompagnati che vogliono tornare volontariamente in Marocco, sia i giovani che hanno subito una condanna penale in Germania e che saranno mandati forzatamente via dal Paese.