Dopo tre mesi di lockdown ed enormi sacrifici, l’Italia è riuscita ad appiattire la curva epidemiologica del coronavirus. I reparti di terapia intensiva, fino a poco tempo fa presi d’assalto da pazienti in condizioni critiche, si sono finalmente svuotati. I contagi sono diminuiti e i decessi ridotti al minimo. Gli esperti hanno tuttavia più volte frenato gli entusiasmi, consapevoli che un’eventuale seconda ondata potrebbe vanificare ogni sforzo effettuato.

A questo proposito bisogna segnalare alcuni episodi preoccupanti registrati negli ultimi giorni che potrebbero contribuire a un risveglio del virus. Detto altrimenti, l’Italia rischia di importare il Covid dall’estero. Tre sono i fronti caldissimi da tenere sotto controllo: l’area balcanica, il sud-est asiatico e il Mediterraneo.

I Balcani

Tutti i riflettori sono puntati sui Balcani. È qui, lungo la dorsale orientale dell’Europa, che il coronavirus ha ripreso a correre più forte che mai, contagiando centinaia di persone e creando pericolosi focolai. Sembrava che il Covid avesse appena sfiorato i Paesi dell’Est, e che il grosso della pandemia si fosse riversato sull’Europa continentale. Alla fine non è andata così, visto che da queste parti, mentre in Italia, Spagna e Francia la situazione sta lentamente tornando sotto controllo, la curva epidemiologica è schizzata alle stelle.

In altre parole, la classica seconda ondata ha colpito in pieno l’area balcanica, compresi quegli Stati in cui il Covid era in remissione. In Italia sono subito risuonati i campanelli di allarme, anche alla luce di quanto accaduto in Veneto. La storia dell’imprenditore vicentino ritornato a casa positivo, dopo aver effettuato un viaggio di lavoro in Serbia, ha messo in allerta le autorità italiane.

A quanto pare, ha spiegato il governatore veneto, Luca Zaia, l’uomo sarebbe stato contagiato da un ceppo di coronavirus più aggressivo rispetto a quello riscontrato nel territorio italiano. “Dopo il caso del cluster arrivato dalla Serbia – ha dichiarato Zaia – ho fatto sequenziare il virus dei 4 positivi arrivati da quale Paese  e il risultato è che tutti e 4 i tamponi hanno una carica virale molto elevata, i 4 tamponi sono identici tra di loro e quindi provengon oda un unico ceppo e sono diversi da quelli isolati in Italia”.

Situazione preoccupante

Il Ministero della Salute italiana sta monitorando con attenzione Romania, Croazia, Bulgaria e Serbia. Sul tavolo, ha scritto il quotidiano La Repubblica, c’è l’ipotesi di inserire questi Paesi all’interno della lista nera, dove al momento troviamo 13 Stati ai quali è vietato l’ingresso in Italia.

Non sarà tuttavia facile fare un passo del genere, visto che soltanto alcuni degli osservati speciali fanno parte dell’Unione europea o rientrano nella cosiddetta area Schengen. Da questo punto di vista un’iniziativa presa esclusivamente dall’Italia potrebbe creare tensioni con Bruxelles. E in una fase del genere, dove si stanno discutendo gli aiuti economici da distribuire ai membri dell’Eurozona, non è il caso di alzare polveroni.

Certo, nel caso in cui la situazione dovesse davvero precipitare, Roma imporrebbe l’altolà ai Paesi balcanici e la quarantena fiduciaria agli italiani rientranti dai nuovi luoghi a rischio. I parametri fin qui considerati per imporre o meno blocchi, sono tre: l’incidenza del Covid, con il divieto che scatta per chi conta più di 100 casi ogni 100mila abitanti, i rapporti con l’Italia, semaforo rosso per chi ha più di 30 casi ogni 100mila abitanti in aggiunta a scambi intensi con il nostro Paese, e la qualità del sistema sanitario.

Mediterraneo e sud-est asiatico

Ci sono poi da considerare gli incessanti sbarchi di migranti. Già, perché, tanto per fare un esempio, all’interno del gruppo formato da oltre 60 persone approdato ieri a Pozzallo, in Sicilia, sono stati riscontrati 11 soggetti positivi al coronavirus. I migranti, sottoposti al test del tampone, sono stati isolati in una struttura individuata dalla prefettura di Ragusa. Questo è soltanto l’ultimo episodio. Lo scorso fine settimana altri 28 migranti, su un totale di 70 sbarcati a Roccella Jonica, in Calabria, sono risultati positivi, anche se asintomatici e in buone condizioni di salute.

L’ultimo fronte riguarda il Bangladesh. L’Italia ha sospeso ogni volo da e per Dacca ma, prima che il governo imponesse lo stop, ci sono stati casi di bengalesi arrivati in Italia infetti. Alcuni non hanno rispettato alcun isolamento, neppure al cospetto di sintomi evidenti come febbre alta e malessere. Ecco perché il rischio che l’Italia possa tornare nell’incubo non è poi così campato in aria.