Luglio, il mese della svolta sull’immigrazione in Europa. I ministri degli Interni dei 28 Paesi membri si incontrano a Tallinn per decidere come gestire l’emergenza migratoria. È una riunione cruciale, dalla quale emergono tre punti fondamentali:

Triton non si tocca, come spiega il commissario europeo alla Migrazione, Dimitris Avramopoulos: “Il mandato della missione è ben definito. Si tratta di migliorare l’attuazione di quanto già concordato. Fanno già un lavoro molto buono”.Germania e Belgio si oppongono all’apertura di altri porti europei e, di fatto, scaricano tutto sull’Italia. Il ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maiziere, afferma: “Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio”. Il ministro per l’Asilo e politica migratoria belga, Theo Francken, chiude a ogni possibilità di aiuto al nostro Paese: “Non credo che il Belgio aprirà i suoi porti ai migranti salvati nel Mediterraneo”.L’Italia, ormai allo stremo, chiede aiuto all’Unione europea e, soprattutto, si aspetta un contributo concreto sulla forma e i contenuti del “codice di condotta” per le ong che verrà poi pubblicato a fine mese, come anticipa il ministro dell’Interno Marco Minniti: “Le ong che operano nel Mediterraneo per soccorrere i migranti dovranno collaborare alle attività di polizia giudiziaria nei confronti dei trafficanti di esseri umani”.

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Guardando i dati diffusi dal ministero dell’Interno, si scopre che, proprio in concomitanza con l’incontro di Tallinn e l’annuncio dell’arrivo del codice per le ong, gli sbarchi si sono dimezzati rispetto al 2016.

In mezzo ci sono anche gli accordi tra Italia e Libia, come spiega Gian Micalessin su Il Giornale di oggi: “Come mai gli sbarchi si sono fermati anche a Zawya, la cittadina costiera 50 chilometri ad est di Tripoli considerata, fino a tre settimane fa, una centrale della tratta di uomini? Lì il capo della Guardia Costiera Abd al-Rahman Milad, un veterano della guerra anti Gheddafi, conosciuto con il soprannome di ‘Bija’, era il partner preferito della Brigata Al Nasr, una banda di tagliagole specializzati nel contrabbando di uomini e merci guidata da un esponente della stessa tribù di Bija. Grazie a queste connessioni tribali le attività di Guardia Costiera e trafficanti erano inestricabili. Oggi, invece – a quanto raccontano fonti de Il Giornale in Libia – da Zawya non parte un solo gommone. In compenso grazie agli accordi con l’Italia – spiega una di queste fonti – il ministero degli interni di Tripoli gira mezzi e soldi a Bija e a quelli come lui che guidano le ‘varie’ guardie costiere. L’addestramento della ‘nuova’ guardia costiera è solo una copertura per non far capire che il lavoro sporco è stato delegato alle vecchie milizie fornendo loro soldi e mezzi“.

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L’arrivo dei migranti subisce una forte battuta d’arresto ad agosto, quando le ong si fanno da parte e, di fatto, smettono di recuperare i migranti al largo della Libia. Ad agosto del 2016 i migranti che arrivano in Italia sono 25.675. Quest’anno 2933 (ovviamente siamo solo a metà mese e si tratta quindi di un parziale).

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Queste cesure dimostrano una cosa: si può fermare l’immigrazione clandestina. Basta volerlo. Già, ma perché non è stato fatto prima? Per ovvi motivi geografici, l’Italia è la prima tappa per chi è in fuga dall’Africa. Lo comprese bene Silvio Berlusconi quando nel 2008 firmò uno storico accordo, che prevedeva pattugliamenti congiunti di Marina italiana e libica per bloccare i migranti. Poi vennero le Primavere arabe, l’intervento Nato in Libia e, poco dopo, la caduta del governo Berlusconi. Parallelamente a questi eventi cresce il numero di immigrati che raggiungono il nostro Paese. Il 2011 è un anno di grandi sconvolgimenti in Nord Africa e in tutto il Medio Oriente, quindi un numero così alto – 62.692 arrivi – è comprensibile, tanto che nel 2012 si registra già un drastico calo. 

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A partire dal 2013, anno in cui va al governo Enrico Letta, ma soprattutto con l’arrivo di Matteo Renzi a palazzo Chigi, si assiste però ad un vero e proprio boom di arrivi. Quattro volte di più rispetto all’anno precedente. A cosa è dovuto questo cambio repentino?

L’operazione Mare Nostrum

Il 3 ottobre del 2013, a poche miglia da Lampedusa, naufraga, dopo un drammatico incendio, un barcone carico di migranti. I morti sono 368, ma potrebbero essercene anche di più. Si salvano miracolosamente 155 persone, tra cui 41 minori non accompagnati. L’Italia non può più fare finta di nulla. Il governo decide di pattugliare con più attenzione le acque italiane e internazionali, avviando l’operazione Mare Nostrum, che comprende il dispiegamento di elicotteri HH139, aerei da ricognizione PiaggioP180, un aeromobile Breguet Atlantic, droni Predator B e cinque unità navali d’altura (la nave anfibia san Marco, due pattugliatori e due fregate). L’operazione dura circa un anno, poi il ministro dell’Interno Angelino Alfano è costretto a chiuderla. Troppo cara sia in termini economici che di perdite di vite umane: “499 morti durante le operazioni, 1.446 presunti dispersi, 192 cadaveri da identificare”. Mare Nostrum ha un costo troppo alto, come spiega il ministro: “Per l’operazione della Marina militare l’Italia ha speso in un anno 114 milioni di euro, 9,5 milioni al mese. Mentre da domani la nuova operazione di pattugliamento delle frontiere, Triton, costerà 3 milioni di euro al mese e sarà pagata da Frontex, quindi all’Italia costerà zero euro”. Le associazioni internazionali temono che l’addio di Mare Nostrum possa aumentare il numero di morti e uno studio di ricercatori delle università di Londra e York sembra dar loro ragione.

L’operazione Triton

Il 1° novembre del 2014 inizia l’operazione Triton. L’Italia, almeno sulla carta, non è più sola nel gestire l’emergenza migratoria. Quindici Stati europei – Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Austria, Svizzera, Romania, Polonia, Lituania e Malta – le vengono incontro. I morti nel Mediterraneo aumentano: 3771(dati del 2015). Il 2016 è l’annus horribilis per i migranti morti durante la traversata: 3800, tra deceduti e scomparsi. 

BREAKING Latest reports put the number of people dead and missing in the Mediterranean Sea this year at over 3800, the highest ever.

— UNHCRNews (@RefugeesMedia) 26 ottobre 2016

Mentre sale il numero di morti nel Mediterraneo, cominciano anche ad arrivare accuse alle ong impegnate nel salvataggio dei migranti. Il 15 dicembre del 2016, il Financial Times, che cita rapporti di Frontex, scrive che i migranti in arrivo dal Nord Africa avrebbero ricevuto “chiare indicazioni prima della partenza sulla direzione precisa da seguire, per raggiungere le imbarcazioni delle ong”. In un altro rapporto, sempre citato dal quotidiano britannico, si denuncia un “caso registrato in cui le reti criminali hanno trasportato i migranti direttamente su un’imbarcazione di una ong”. Si apre così il vaso di Pandora sulle organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo.

“Il suicidio di Renzi e Alfano”

C’è stato un punto di non ritorno, confermato anche dai numeri, nell’apertura del nostro Paese ai migranti: il governo Renzi. Lo ha ammesso Emma Bonino, intervistata dalla direttrice de Il Giornale di Brescia, Nunzia Vallini: “Nel 2014-2016 che il coordinatore fosse a Roma, alla Guardia Costiera e che gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia, lo abbiamo chiesto noi, l’accordo l’abbiamo fatto noi, violando di fatto Dublino”. E ancora: “All’inizio non ci siamo resi conto che era un problema strutturale e non di una sola estate. E ci siamo fatti male da soli. Un po’ ci siamo legati i piedi e un po’ francamente abbiamo sottovalutato la situazione”. In pratica, l’Italia avrebbe accettato di accogliere i migranti per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici. Quest’opinione è condivisa anche da Mario Mauro, ministro della Difesa del governo Letta, che, in un’intervista a Il Giornale, ha detto: “Come spiega l’ex ministro delle finanze Francesco Forte ogni centomila immigrati hai un incremento di spesa pubblica che non va ad alimentare il debito pubblico. In pratica trasformando il salvataggio in mare in un servizio taxi Renzi ha alterato il rapporto fra il Pil e il rapporto debito pubblico”.

Incredibilmente, la posizione di Renzi è cambiata da quando Matteo non è più al governo. Se prima aveva sempre sostenuto a spada tratta l’immigrazione nel nostro Paese, ultimamente il segretario del Partito Democratico è arrivato a dire che i migranti “vanno aiutati a casa loro. Perché l’immigrazione indiscriminata è un rischio che non possiamo correre”. Ed è quello che sembra voler fare Minnti. Per la prima volta, dopo anni, non sono state segnalate partenze dal quadrante libico. È solo l’inizio. Ora, nel caso in cui si dovesse arrestare il flusso di migranti verso l’Italia, si dovrà pensare a coloro che sono già qui. Una nuova sfida per il governo.

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