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Erano meno dell’1% della popolazione totale del Cile intorno agli inizi degli anni ’80. Tre decadi dopo, nel 2010, non avevano ancora raggiunto il 2%. Eppure, secondo le stime ufficiali, nel 2018 gli stranieri già erano quasi il 7% degli abitanti di questo Paese. “Per noi è una novità, non abbiamo una tradizione legata all’accoglienza”, commenta Rodrigo Ubilla, sottosegretario agli Interni del Cile. A questo, inoltre, si deve aggiungere che l’America Latina è la regione più violenta del mondo, in cui è concentrata l’8% della popolazione del pianeta e il 40% degli omicidi. Come affrontare la sfida dell’immigrazione è stato uno dei temi della Settimana della Sicurezza cittadina della Banca Interamericana di Sviluppo, svoltasi a Washington tra il 9 e il 13 settembre scorsi. A cento chilometri da lì c’è Medellin, che sta vivendo una situazione molto simile a quella cilena. Diventata famosa per essere la città che ha superato la brutale violenza del narcotraffico del cartello di Pablo Escobar, ora deve fare i conti con una nuova difficile prova: la massiccia immigrazione venezuelana. “In queste settimane stanno arrivando migliaia di venezuelani in Colombia, e ciò aggrava la nostra crisi sociale”, dichiara Federico Gutiérrez, sindaco della città di Medellin, la seconda più grande del Paese. Il primo cittadino sostiene che la trasformazione della città: “Non è un miracolo, ma un grosso lavoro”. È arrivato il momento di ricambiare un favore: “Negli anni ’80 milioni di colombiani cercarono rifugio in Venezuela, e siamo stati accolti molto bene, ecco perché ora tocca a noi accogliere loro nel miglior modo possibile”.

I flussi

1,4 milioni di venezuelani (quasi un terzo dei 4,3 milioni che hanno abbandonato il Venezuela dal 2017) si trovano attualmente in Colombia, il 47% non regolarmente. La previsione è che la cifra dei profughi continuerà ad aumentare nei prossimi anni. La direttrice del dipartimento di Giustizia, Sicurezza e Governo, Diana Urbano, assicura che il progetto del Governo colombiano è “approfittare del potenziale positivo dell’immigrazione, non vederla come una minaccia ma di pensare, prima di tutto, ad aiutare e integrare”. Inoltre, si nota un peggioramento della situazione di chi arriva. La percentuale dei migranti venezuelani che arriva in Colombia in stato di povertà è cresciuta di dieci punti tra il 2016 (29,6%) e il 2018 (40%), secondo i dati presentati da Urbano. “Per questo, in primo luogo, stiamo lavorando per migliorare l’attenzione umanitaria, con politiche mirate alla prevenzione di salute, educazione, impiego e all’accesso dell’acqua”. Ma il compito non è facile quando i fondi scarseggiano. Ad aprile scorso, Unicef elogiava la generosità colombiana, ma comunque più 300 mila bambini venezuelani in Colombia avevano bisogno di un aiuto urgente. Di fatto, data la mancanza di opportunità e vista l’incertezza che regna in Colombia, molti venezuelani provano a raggiungere altri paesi. I primi della lista sono Perù e Cile. Per quanto riguarda quest’ultimo, l’arrivo dei venezuelani si somma al fenomeno migratorio che negli ultimi dieci anni ha portato molti haitiani ad arrivare. L’origine di quest’ondata si attribuisce alla presenza di truppe cilene durante la missione Onu nel paese caraibico tra il 2014 e il 2017. Tanto da far diventare Haiti la terza minoranza in terra cilena con quasi 180 mila immigrati, dietro Venezuela (288 mila) e Perù (223 mila).

Le misure

“Abbiamo ricevuto 800mila immigrati tra il 2014 e il 2018, in un paese di 17 milioni di abitanti”, sottolinea il sottosegretario agli interni del Cile. Cifre significative in uno Stato “che aveva una legge sull’immigrazione precaria, senza politiche pubbliche né istituzioni specializzate e con un’attenzione al fenomeno migratorio quasi inesistente”, aggiunge. Negli ultimi anni si sono registrati molti episodi di razzismo e mentre dai settori conservatori si chiedono maggiori restrizioni legate all’ingresso degli stranieri, l’opposizione e le organizzazioni umanitarie hanno denunciato le limitazioni delle nuove leggi. Anche l’Onu ha criticato, lo scorso maggio, alcune delle misure utilizzate dal Cile che, tra l’altro, nel dicembre 2018 si era rifiutato di sottoscrivere il patto per i migranti proposto proprio dall’Onu. “Regolamentare non significa inasprire, ma offrire delle regole chiare di ingresso”, sostiene Ubilla. E ancora: “I pilastri del modello di integrazione del governo cileno sono l’immigrazione ordinata, regolare e sicura. Ma anche l’uguaglianza di trattamento e l’interculturalità”. Come esempi concreti, cita il Processo di regolarizzazione straordinario in cui sono stati registrati 155 mila migranti, la regolarizzazione di altri 110 mila per via ordinaria e il Piano Umanitario di rimpatrio ordinato, per cui 1400 migranti sono tornati nel loro paese d’origine. In quanto alle misure specifiche per il Venezuela tra il 2018 e il 2019, Ubilla cita “più di 45 mila visti di responsabilità democratica, approssimativamente 3000 visti per turismo e più di mille lasciapassare (il 70% rilasciati a minori)”. Per quanto riguarda il caso di Haiti, menziona 300 visti turistici e 700 per ricongiungimento famigliare. “Scommettiamo sull’integrazione economica e la convivenza”, afferma, specificando che non si tratta di “stigmatizzare la migrazione come un problema”, ma di “affrontarla con responsabilità”.

Sulla Colombia, invece, Ubilla assicura si stanno snellendo i meccanismi migratori, per sostenere la crescente domanda di entrate dal Venezuela. Per esempio, la direttrice del dipartimento di Giustizia, Sicurezza e Governo, ricorda che ad agosto 2019, il Governo colombiano ha concesso la nazionalità a 25mila bambini nati da madri venezuelane dal 2017. Allo stesso modo, si stanno offrendo permessi speciali e altri sussidi, come il riconoscimento di titoli professionali per favorire l’accesso al mercato del lavoro. L’integrazione, per l’esecutivo colombiano, è anche un modo per combattere la violenza. Secondo Urbano alcuni lavori investigativi evidenziano come la criminalità organizzata sta iniziando a reclutare immigranti venezuelani. Il tutto, nel complesso processo di pace che vive il paese e con l’aumento delle tensione in vista delle prossime elezioni locali programmate per la fine di ottobre. Urbano, inoltre, spiega che l’Amministrazione statale sta lavorando per offrire ai nuovi leader locali piani di sicurezza e convivenza mirati a favorire l’integrazione. “Viviamo una grande sfida per la Colombia e in base ai dati e all’appoggio degli esperti, stiamo lavorando per trovare le migliori forme per affrontarla al meglio”, conclude, citando una prova condivisa con tutto il resto dell’America Latina.

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