Diecimila morti, una guerra lunga oltre venti mesi che ha fatto aumentare del 200% i dati sulla malnutrizione, con un ospedale su due che ha smesso di funzionare, bombardato o semplicemente senza più fondi per andare avanti. Secondo dati recenti quattordici milioni di persone, praticamente una su due, senza più accesso a una quantità adeguata di cibo.Sono i dati, sterili ma terribili, che raccontano l’agonia di uno Yemen ingolfato in uno scontro che contrappone una coalizione guidata dall’Arabia Saudita ai ribelli Houthi, milizie di una setta sciita, spalleggiati dall’Iran. Un conflitto che oggi si sviluppa su linee settarie (o i ribelli, o il governo), ma che arriva da molto lontano.Il controcanto a statistiche e numeri lo forniscono le immagini, sempre troppo poche, che quando riescono a raggiungere le pagine della stampa raccontano di un orrore che spesso fallisce nell’intento di smuovere la comunità internazionale.Immagini come quelle di Saida Ahmad Baghili, diciottenne arrivata in condizioni gravissime all’ospedale Al Thawra di Hodaida, e che ora – lentamente – sta riacquistando le forze. Storie come quella tremenda raccontata a fine novembre dal Washington Post, al centro una famiglia costretta a scegliere se pagare le cure necessarie per il figlio di due anni o usare quei soldi per permettere agli altri bambini di sopravvivere ancora per qualche giorno. E lasciarlo morire.Saida Ahmad Baghili, 18 anniUn orrore che non ci esime da sensi di colpa, né dalla necessità di interrogarci sulle vittime civili del conflitto e sulle bombe che la coalizione a guida saudita sgancia da mesi sullo Yemen. Che hanno a che fare con l’export bellico italiano, che arrivano pure dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, tanto da far dire a settembre ad Amnesty International che proprio made in Usa è una bomba spedita su un ospedale di Medici senza frontiere, in un attacco che ha causato undici vittime ad agosto di quest’anno.Già a febbraio le ong chiedevano con forza alla comunità internazionale di bloccare il flusso di armi destinate ai Paesi impegnati nella campagna yemenita. Ad agosto Control Arms accusava Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna della “peggior specie di ipocrisia”. E pochi giorni fa è stata Human Rights Watch a tornare alla carica, dicendo che decine di civili sono rimasti uccisi in tre attacchi aerei – tra settembre e ottobre 2016 – in cui sono state impiegate bombe statunitensi. Sono inoltre numerosi i casi in cui sono state utilizzate armi proibite a livello internazionale.Una risposta tardiva, insufficiente, è arrivata ieri sera. Un funzionario dell’amministrazione Obama, citato a condizione dell’anonimato dalla Reuters, ha dichiarato che l’America ha deciso di bloccare la vendita di alcune armi, per “sistematici, endemici” problemi della coalizione nella scelta degli obiettivi da colpire. Lungi dall’essere una condanna dell’Arabia Saudita, il riconoscimento di un fatto: sotto le bombe stanno morendo tutti, indiscriminatamente.[Best_Wordpress_Gallery id=”371″ gal_title=”Denutrizione Yemen”]Sono i dettagli del passo indietro statunitense a mancare. Da Washington non dovrebbero più arrivare i sistemi di guida che trasformano le bombe a caduta libera in “bombe intelligenti”. Un affare che vale centinaia di milioni di dollari. La tesi dominante, a oggi, sosteneva che fornire bombe intelligenti fosse un modo per ridurre le vittime civili del conflitto. Un’idea che se può sembrare non contro-intuitiva, però deve scontrarsi con la realtà dei fatti.Ancora a ottobre 140 persone sono morte dopo che gli aerei da guerra hanno messo nel mirino un funerale a Sana’a, la capitale dello Yemen. Le informazioni d’intelligence sostenevano che al momento di cordoglio avrebbero preso parte diversi leader delle milizie di Houthi. Il risultato è stato una carneficina e l’ammissione tardiva di un errore, dopo il tentativo di negare qualsiasi responsabilità.La stretta dell’America può ora sembrare un passo avanti, ma non è sufficiente. In un contesto in cui la coalizione è accusata di potenziali crimini di guerra, i sauditi – acciambellati su una poltrona del Consiglio per i diritti umani dell’Onu – continuano a godere dell’appoggio logistico di Washington. Inoltre il Dipartimento di Stato ha annunciato un piano da 3 miliardi e mezzo per fornire elicotteri cargo, equipaggiamento, addestramento e supporto agli alleati del Golfo.A dimostrazione che la crisi rimane per l’Occidente un affare dal punto di vista degli armamenti. Intanto gli yemeniti continuano a cadere vittime del conflitto, in uno scenario in cui si muovono anche jihadisti di al-Qaida e altri legati al sedicente Stato islamico. Almeno 36 tra poliziotti e soldati leali al Abd Rabbu Mansour Hadi sono morti sabato, in un attacco ad Aden poi rivendicato dall’Isis.





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