L’ultima notizia è quella riportata dal sito Arab21 e pubblicata anche da Middle East Eye. Gli Emirati Arabi Uniti sono pronti ad arruolare militari dell’Uganda per rafforzare il loro contingente militare in Yemen.

Secondo la fonte, il principe ereditario di Abu Dhabi, lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, dovrebbe visitare a breve l’Uganda per firmare diversi accordi, tra cui uno che prevede l’invio di 8mila combattenti nello Yemen per sostenere le forze degli Emirati Arabi. Oltre a questi, è previsto l’invio di un contingente di altri 2mila soldati in Somalia. Un altro Paese in cui Abu Dhabi ha una forte influenza.

Secondo quanto rivelato dalle fonti yemenite al sito arabo, l’obiettivo degli Emirati è quello di ottenere il prima possibile il contingente ugandese per rimpiazzare altri soldati africani, del Sudan, dopo il che il governo di Khartoum potrebbe decidere per il loro ritiro. Una scelta che metterebbe a rischio la già fragile strategia della coalizione araba in Yemen.

La notizia del possibile arruolamento di soldati ugandesi in Yemen non è una novità assoluta. Sono migliaia i soldati di Paesi africani poverissimi che si trovano a combattere in questa guerra voluta dall’Arabia Saudita contro i ribelli Houti filo iraniani. Il motivo è semplice: le monarchie del Golfo non hanno una popolazione che consente loro di avere un esercito. Inoltre, hanno i soldi per fare in modo che siano i Paesi poveri dell’Africa a inviare le loro truppe, attirando i governi locali con i petroldollari. 

Una strategia che da tempo viene utilizzata da tutti e tre i Paesi della penisola Arabica e che sta mostrando al mondo un altro lato di questa guerra così oscura che si sta svolgendo in Yemen. Una guerra che prevede sia truppe regolari inviate da questi Stati poverissimi, sia compagnie di mercenari assunti per colmare il vuoto delle forze armate emiratine, saudite e qatariote.

Nel 2015, un’inchiesta del New York Times , rivelò che gli Emirati Arabi Uniti avevano segretamente inviato centinaia di mercenari colombiani nello Yemen. Il programma inizialmente era gestito da una società privata collegata a Erik Prince, il fondatore di Blackwater (oggi Academi). Poi, le fonti del Nyt hanno affermato che il programma di addestramento e di schieramento era passato tutto nelle mani dell’esercito degli Emirati.

Secondo quanto confermato dal quotidiano americani, erano circa 450 i soldati provenienti dall’America latina – tra cui anche soldati panamensi, salvadoregni e cileni –  inviati a combattere in Yemen. “I mercenari sono un’opzione attraente per i Paesi ricchi che desiderano fare la guerra ma i cui cittadini potrebbero non voler combattere”, ha detto Sean McFate, autore di “The Modern Mercenary”.

Stessa strategia usata dai sauditi. Pochi giorni fa, i media hanno riportato la notizia che in un’operazione delle forze Houti, i ribelli sciiti avevano ucciso negli scontri 12 soldati sudanesi. Secondo la rete televisiva satellitare yemenita al-Masirah , le forze sudanesi sono state uccise mentre le forze yemenite avevano teso un agguato al loro convoglio nella provincia nordoccidentale di Hajjah.

L’Arabia Saudita ha anche dispiegato soldati del Senegal lungo i suoi confini meridionali proprio per affrontare attacchi di rappresaglia delle forze del movimento filo iraniano. Già nel 2015, il Senegal aveva inviato più di 2mila uomini per partecipare alla guerra nell’ambito della coalizione a guida saudita.  Un coinvolgimento di mercenari che di certo non fa eco alle parole del tutto eccessive del principe saudita Mohammed bin Salman. “L’esercito saudita è uno dei più potenti e gode di molte capacità. Se necessario, l’esercito saudita effettuerà un attacco di terra contro lo Yemen”, ha detto il principe ereditario in un’intervista al Time. Frasi a dir poco opinabili visti i continui fallimenti dell’esercito saudita in Yemen e l’impiego di mercenari e soldati da tutta l’Africa.

 

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