È stato uno dei mesi più difficili, per lo Yemen. E, probabilmente, il più sanguinoso dall’inizio del conflitto. Perché soltanto nel periodo di novembre 2018 si sarebbero registrati almeno 2.959 morti documentati. Li ha contati l’osservatorio Acled (the Armed Conflict Location and Event Data), che ha sottolineato anche come la coalizione saudita (con gli Emirati Arabi Uniti) abbia intensificato la sua campagna di bombardamenti prima dei colloqui di pace in Svezia, fortemente voluti dalle Nazioni Unite.

La conta delle vittime di guerra

Secondo quanto riportato da Al Jazeera, Acled avrebbe fornito anche il numero delle vittime nei primi undici mesi dell’anno. Che corrisponderebbero a 28.115 persone, con un aumento del 68% rispetto al 2017. In totale, da gennaio 2016, nove mesi dopo che l’Arabia Saudita aveva lanciato una massiccia campagna aerea contro uno dei Paesi più poveri al mondo, i morti sarebbero stati 60.110. Una cifra sei volte superiore a quella citata dall’ONU (che contava 10.000 decessi). Secondo Clionadh Raleigh (direttore esecutivo di Acled), citato dal quotidiano qatariota, la stima dell’osservatorio delle morti “per conflitto diretto” nel Paese “è di gran lunga superiore ai numeri ufficiali ed è ancora sottovalutata”.  Raleigh ha spiegato come questi numeri rappresentino soltanto una sorta di “approssimazione della tragedia“. Che invece, nei fatti, corrisponde a una delle peggiori crisi umanitarie contemporanee.

Le molte facce del conflitto (senza fine)

A determinare un numero così alto di vittime è la tipologia di conflitto . Che, dal 2014, coinvolge diversi attori internazionali. Come l’Arabia Saudita (e i suoi alleati) e l’Iran. All’inizio, il gruppo sciita degli Houthi aveva cercato di sfruttare la rabbia diffusa che la popolazione nutriva (già da tempo) nei confronti del presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi, rovesciando il suo potere nel 2015.

Il simbolo Hodeidah e la fame

La presa (e il successivo blocco) della città portuale di Hodeidah ha fermato, nel tempo, l’arrivo degli aiuti umanitari e delle merci. Situazione che non ha fatto altro che esasperare le già difficili condizioni della popolazione. In particolare dei più piccoli. Alcune organizzazioni non governative, come Save The Children, per esempio, hanno riferito che circa 85.000 bambini potrebbero essere morti di fame dall’inizio dell’offensiva della coalizione guidata dai sauditi. E anche per Acled, Hodeidah è stata la testimonianza diretta della peggiore escalation di violenze del 2018, “con un aumento del 820% delle vittime totali collegate al conflitto”. Gli scontri, nella zona, si sarebbero intensificati dal 13 giugno, data in cui la coalizione diretta da Riad avrebbe lanciato un’operazione per riprendersi Hodeidah dai ribelli. Per i sauditi, infatti, la città sarebbe il principale punto di ingresso per le armi dirette agli Houthi. Le associazioni umanitarie hanno segnalato che l’assalto alla città potrebbe chiudere, definitivamente, una delle ultime linee considerate di sopravvivenza rimanenti per milioni di civili affamati dal conflitto e dalla povertà.

Le conseguenze nel Paese

Secondo quanto riportato dal quotidiano, su una popolazione di 28 milioni di persone, circa otto sarebbero sull’orlo di una pericolosa carestia. Intanto la moneta yemenita, il riyal, ha perso valore, deprezzandosi di quasi del 180% negli ultimi mesi, inasprendo quindi lo stato di crisi. I prezzi del cibo, inoltre, sono aumentati in media del 68%, così come le materie prime come benzina e gasolio.

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