(Damasco) Mentre la guerra della coalizione guidata dai sauditi in Yemen arriva al suo quarto anniversario senza nessuna vittoria decisiva o risultati tangibili, si possono prevedere ancora moltissimi morti e distruzione ovunque in un Paese già di per sé fragile ed impoverito.

A rendere ancora peggiore una situazione già negativa, l’incombente carestia e la diffusione delle epidemie che si temevano, minacciano, più che mai in passato, di sancire la tragica fine di milioni di civili yemeniti, proprio sotto gli occhi di un’attonita comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie.

Una stima prudente prevede che il numero dei soli bambini morti superi i 100mila, la maggior parte dei quali sotto i cinque anni. Come risultato di bombardamenti, denutrizione e mancanza di cure sanitarie, ulteriormente complicate dalla grave carenza di cibo, di medicinali e ospedali.

Le pur scarse forniture di cibo che raramente riescono a raggiungere i porti di questo Paese massacrato, languono per mesi nei magazzini, e se ne ostacola o si impedisce anche la loro distribuzione al popolo yemenita che ne ha tremendamente bisogno. Il conflitto armato e la fame sono profondamente interconnesse.

I colloqui di pace tra partiti e fazioni yemenite spesso finiscono prima ancora di cominciare, e nel frattempo questo Paese devastato dalla guerra, che è ritenuto il punto di origine da cui quasi ogni tribù araba è migrata verso l’Arabia ed altre aree del Medio Oriente secoli fa, sta affrontando un triste destino ed un futuro incerto.

Secondo le Nazioni Unite servono 4 miliardi di dollari per salvare milioni di yemeniti dalla carestia. Il pesante tributo in vite umane di questa crisi è stato recentemente evidenziato dal Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres durante una conferenza di donatori per lo Yemen che si è tenuta a Ginevra.

“24 milioni di yemeniti, o 4/5 della popolazione, hanno bisogno di aiuto e protezione”, ha dichiarato Guterres, mentre chiedeva i quattro miliardi di aiuti per 15 milioni di yemeniti per quest’anno (è stato questo il maggior appello per singolo Stato mai lanciato dalle Nazioni Unite). “Quasi dieci milioni di persone sono ad un passo dalla carestia”, ha detto Guterres.

Paradossalmente, la maggior parte del contributo di 2,6 miliardi impegnati dai donatori in seguito all’appello del capo delle Nazioni Unite, con un incremento del 30% dell’importo promesso dai donatori ad un evento simile tenuto l’anno scorso, è arrivato dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi, gli stessi Paesi che stanno conducendo la guerra in Yemen.

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, che hanno impegnato 1,5 miliardi di dollari alla conferenza di Ginevra, sono alla testa della coalizione araba che ha combattuto negli ultimi quattro anni per cacciare i ribelli Houthi che controllano la maggior parte del nord dello Yemen, inclusa la strategica città portuale di Hodeidah.

“Se non riceviamo il denaro, la popolazione morirà”, ha dichiarato Lise Grande, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per lo Yemen. “Ci sono intese regolari con i donatori affinché assicurino le loro donazioni, ma gli aiuti verranno distribuiti in base ai principi basilari delle Nazioni Unite”, ha dichiarato il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, ai giornalisti a New York.

Il dilemma dei Mulini del Mar Rosso (Red Sea Mills) è un chiaro esempio di quanto sia intricato il conflitto in Yemen e delle complicazioni che via via si frappongono agli sforzi internazionali per evitare che la minaccia della fame in Yemen aumenti. Gli incaricati a fornire aiuti non hanno potuto avere accesso ai Mulini da settembre, perché la coalizione guidata dai Sauditi ha lanciato una pesante offensiva per strappare la città di Hodeidah dal controllo degli Houthi. Le battaglie in questa città strategica sono infuriate fino a dicembre, quando entrambe le parti si sono incontrate vicino Stoccolma ed hanno firmato una tregua, negoziata delle Nazioni Unite, ed hanno promesso di ritirare le loro truppe dalla città entro il 7 gennaio.

Questo termine è scaduto senza che nessuna delle forze in campo lasciasse la città, ed ognuna delle parti ha accusato l’altra di malafede.

Il 17 febbraio le Nazioni Unite hanno delineato un nuovo accordo tra le due parti per un ritiro delle truppe, che incrementi la reciproca fiducia, dalle città di Saleef e Ras Issa, due porti minori nelle vicinanze. La mossa avrebbe dovuto portare ad uno svuotamento di Hodeidah. Michael Anker Lollesgaard, un generale danese a capo della missione Onu a Hodeidah, ha tenuto colloqui sul posto con le parti in conflitto, ma non si sono raggiunti risultati tangibili.

Gli inviati Onu sono andati avanti e indietro continuamente nel tentativo di far finire la guerra in Yemen e le sofferenze della sua popolazione, ma finora ci sono stati pochissimi progressi. Senza una forte pressione delle Nazioni Unite su Arabia Saudita ed Emirati Arabi per far finire il loro finora sfortunato attacco chiamato “Tempesta Decisiva” sullo Yemen, che avrebbe dovuto far finire la guerra con una decisiva sconfitta degli Houthi in pochi mesi, tutti gli sforzi diplomatici continueranno ad avere scarsissime possibilità di successo.

Se le forti richieste di milioni di persone di questo Paese devastato dalla guerra, che chiedono la fine dello spargimento di sangue e la fine del peggior disastro umanitario della storia moderna, resteranno inascoltate, lo Yemen facilmente scivolerà in un periodo ancor peggiore di combattimenti, ed aumenteranno enormemente le possibilità che si verifichi una catastrofica carestia.

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