Guerra /

Il leader del Gruppo Wagner, Evgenij Prigozhin, nella giornata di domenica ha fatto sapere, via Telegram, che “i nostri piani prevedono di andare via da Bakhmut per il primo giugno. Potremmo non avere il tempo di consegnare tutto ai militari (dell’esercito regolare russo ndr), forse ci vorrà qualche giorno in più. A condizione che a partire dal 5 giugno l’esercito abbia spazio operativo per un’offensiva a ovest. Come ha già detto il ministro della Difesa, dopo la presa di Bakhmut, l’esercito russo ha tutte le possibilità di lanciare una grande offensiva con la cattura di Kramatorsk, Sloviansk, Druzhkovka, Konstantinovka, Chasov Yar, cioè ‘l’anello del Donbass'”.

Bakhmut, come detto più volte, non rappresenta in sé uno snodo strategico, ma dal punto di vista tattico è importante perché la cittadina è collegata a Kramatorsk – via Chasov Yar – da una ferrovia, e proprio la rete ferroviaria è fondamentale per le caratteristiche stesse dell’esercito russo, che più di ogni altro la sfrutta per le proprie operazioni belliche.

Guardando una carta geografica, le città indicate da Prigozhin sono poste lungo un “anello” che ha il suo apice in Kramatorsk-Sloviansk, che rappresentano il vero centro strategico di tutto il Donbass, pertanto dal punto di vista delle operazioni belliche russe non è così peregrino pensare che una nuova eventuale offensiva russa possa prendere quella direzione con una manovra avvolgente da sud, cioè partendo proprio da Bakhmut, e con ogni probabilità cercando – per l’ennesima volta – di puntare, con una manovra a tenaglia, su Sloviansk anche da nord, ovvero da Kreminna.

Il ritiro dei contractor del Gruppo Wagner, potrebbe infatti essere un segnale in questo senso: i miliziani che hanno combattuto duramente – e con notevoli perdite – a Bakhmut, dopo un periodo di recupero e riorganizzazione dei ranghi, potrebbero vedere l’impiego come unità di punta in caso di nuovo attacco russo. Qualcosa che si è visto altrove durante il conflitto in atto, non solo a Bakhmut.

Anche l’offensiva dal cielo sulla capitale ucraina potrebbe trovare spiegazione nella preparazione di un nuovo attacco russo, ma prima di affrontare questa tematica è bene fare qualche precisazione tecnica.

Gli attacchi russi su Kiev si sono fatti più frequenti a partire dall’inizio del mese di maggio, raggiungendo un rateo di due o tre incursioni alla settimana, e hanno utilizzato per la maggior parte loitering munitions ma anche missili da crociera. Il maggiore impiego di vettori missilistici di precisione si potrebbe spiegare in due modi: o nei mesi scorsi i russi hanno conservato questi sistemi per un attacco massiccio futuro considerando che devono comunque mantenere una capacità missilistica di deterrenza nei confronti della Nato, oppure la Russia è riuscita a sostituire le proprie fonti di approvvigionamento di quella componentistica di alta tecnologia che proveniva dall’Occidente impiegata nella loro fabbricazione. Nella fattispecie è probabile che Mosca sia riuscita ad attingere a microchip e ad altre componenti di questo tipo tramite triangolazione con Paesi che non sono soggetti a embargo (eventualità che spiegherebbe anche il tentativo occidentale di rimodulare le sanzioni alla Russia per evitare quest’ipotesi), quindi a riavviare la produzione di vettori di precisione nei mesi scorsi, i cui effetti si stanno cominciando a far sentire solo ora.

Veniamo ora a cercare di dare un senso all’offensiva aerea su Kiev di queste ultime settimane. Gli attacchi, che come detto hanno un rateo più intenso rispetto a quello visto nei mesi scorsi, potrebbero essere portati per consumare le difese aeree ucraine che, come abbiamo avuto modo di analizzare in precedenza, si trovano in svantaggio numerico, e per accentrarle intorno alla capitale, lasciando sguarniti altri e ben più vitali settori. Il tiro missilistico ucraino per cercare di intercettare i missili ipersonici Kh-47M2 “Kinzhal”, ad esempio, è stato effettuato “a sbarramento”, come da video circolati in quelle occasioni, quindi con un dispendio di missili non indifferente. Se, oggettivamente, colpire un classico vettore da crociera (o un drone) è più semplice per via della velocità sensibilmente inferiore, il lancio sostenuto potrebbe avere la stessa finalità: consumare le scorte di missili ucraine.

Le valutazioni dello Stato maggiore di Mosca potrebbero essere le stesse, con la speranza quindi di poter avere maggior agibilità nello spazio aereo sul territorio in cui potrebbe avvenire la prossima offensiva, e conseguentemente poter far intervenire la propria aviazione a supporto delle truppe di terra più liberamente, anche considerando che i sistemi da difesa aerea mobili (tipo S-300) rimasti in mano agli ucraini non sono più così numerosi come a inizio del conflitto. Bisogna però ricordare che le Vks, le forze aerospaziali russe, non hanno dato buona prova delle proprie capacità sino a oggi, sia perché – come detto più volte – l’ottenimento della superiorità aerea così come la concepiamo in Occidente non è contemplato nella dottrina russa delle operazioni aeree, sia perché la reazione ucraina è stata vivace (con circa 70 caccia di vario tipo persi dalla Russia sino a oggi), senza considerare le limitazioni date dai fattori strutturali che affliggono tutte le forze armate russe, come la corruzione diffusa e una logistica zoppicante.

La vera domanda è se la Russia abbia forze sufficienti, e sufficientemente armate e addestrate, per imbastire una nuova offensiva, e da questo punto di vista, al netto delle enormi difficoltà intrinseche dell’esercito russo, la relativa quiete di questi mesi – se escludiamo l’area di Bakhmut e lo sforzo profuso a sud verso Vuhledar, ma terminato dopo qualche settimana dal suo inizio – potrebbe aver permesso allo Stato maggiore russo il raggruppamento abbastanza unità per tentare una manovra avvolgente nel Donbass, oppure un nuovo sfondamento a sud di Donetsk, approfittando di un terreno più agevole e di meno fortificazioni ucraine presenti.

Passare per primi all’offensiva, poi, permetterebbe a Mosca di mantenere l’iniziativa tattica e quindi costringere l’Ucraina a spostare le forze che sta preposizionando per la sua controffensiva, avendo nel contempo il non indifferente vantaggio di avere la relativa sicurezza di non doversi trovare davanti un grande numero di moderni carri armati di fabbricazione occidentale, che Kiev potrebbe facilmente impiegare, in forze, per la sua operazione d’attacco principale.

Anche per i russi il fattore tempo è decisivo: il consumo delle difese aeree ucraine deve avvenire velocemente, per evitare che i depositi vengano riempiti nuovamente dall’Occidente, e altrettanto velocemente deve recuperare l’iniziativa sul campo di battaglia se non vuole trovarsi davanti tutte insieme in un piccolo settore del fronte le nuove brigate corazzate/meccanizzate ucraine equipaggiate coi mezzi pesanti forniti dai Paesi occidentali.

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