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Il primo round di colloqui tra Russia e Ucraina ha dato risultati sufficienti per poter organizzare un faccia a faccia tra i presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Lo ha dichiarato il consigliere presidenziale ucraino, Mikhailo Podolyak, al termine della tornata negoziale. Il capo della delegazione ucraina, David Arakhmia, ha aggiunto che se il sistema di garanzie per la sicurezza dell’Ucraina, proposto alla Russia, dovesse “funzionare”, il governo di Kiev accetterebbe lo status di “neutralità”.

Dal canto suo, per bocca del Ministero della Difesa, la Russia ha annunciato una riduzione “radicale” dell’attività militare nelle regioni ucraine di kiev e Chernihiv. Il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky ha affermato che un incontro fra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky è possibile ma soltanto dopo che una bozza di trattato sarà raggiunta tra le parti. Medinsky ha chiarito che se il lavoro sul trattato Mosca-Kiev si muove velocemente è possibile trovare un compromesso. Non è ancora chiaro se il negoziato proseguirà anche nella giornata di domani.

La mediazione della Turchia

“I progressi nei colloqui di pace tra le delegazioni ucraina e russa in Turchia potrebbero aprire la strada a un incontro a livello di leader”. Il “padrone di casa” Recep Tayyp Erdogan ha dato il via ai negoziati di Istanbul, annunciando la sua disponibilità ad ospitare un eventuale faccia a faccia tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky nel caso in cui, nelle prossime ore, dovesse esserci la tanto agognata fumata bianca.



Il presidente turco, indossando gli abiti del grande mediatore, ha definito entrambi “amici preziosi” e spiegato che è arrivato il momento di “aspettarsi risultati solidi“. Resta da capire se questi risultati emergeranno già in seguito ai colloqui in atto a Palazzo Dolmabache o in successivi incontri. Certo è che Erdogan, dopo che nei giorni scorsi aveva dichiarato che Ucraina e Russia sembravano vicini al raggiungimento di un’intesa, ha sottolineato che “spetta a entrambe le parti fermare la tragedia”.



Chi siede al tavolo delle trattative

Tra diffidenze e sospetti reciproci, le due delegazioni si sono salutate mettendo in mostra un’accoglienza fredda, senza strette di mano. Del resto, per la parte ucraina, il ministro degli Esteri Dmitry Kuleba aveva avvertito i suoi consigliando loro di “non mangiare o bere e preferibilmente evitare di toccare qualunque superficie”.

I russi sono guidati da Vladimir Medinsky, Consigliere di Vladimir Putin nonché ex ministro della Cultura. È considerato un appartenente al gruppo dei “falchi” di Mosca ed è noto per avere posizioni nazionaliste piuttosto estreme. Assieme a lui troviamo Alexander Fomin, viceministro della Difesa della Federazione Russa, Leonid Slutsky, Presidente della Commissione esteri della Duma, e Andrei Rudenko, viceministro degli Esteri dal 2019.

La delegazione ucraina è invece guidata da Oleksii Reznikov, ministro della Difesa di Kiev e fedele braccio destro di Zelensky. Spazio poi a David Arakhamia, leader di Servitore del Popolo, il partito di Zelensky, Mykola Tochytskyi, ex ambasciatore in Gran Bretagna e Ue, Mykhailo Podolyak, Consigliere di Zelensky, e Rustem Umerov, deputato rappresentante dei tatari di Crimea.

Ai negoziati è presente anche Roman Abramovich, che non è però seduto al tavolo principale delle delegazioni russa e ucraina, ma di lato accanto a Ibrahim Kalin, un portavoce del presidente Erdogan.

I temi del negoziato

Tra i temi trattati durante i colloqui dovrebbe esserci spazio per quanto riguarda i termini dello status neutrale dell’Ucraina. Secondo quanto riferito da una fonte all’agenzia Interfax, l’incontro potrebbe finire “con la messa su carta dei termini dello status neutrale” di Kiev.

Bisogna tuttavia capire quali saranno le richieste ufficiali delle delle delegazioni. In particolare, il Financial Times, citando una bozza di accordo, ha scritto che Mosca non chiederà più la “denazificazione” dell’Ucraina, né la sua “demilitarizzazione“. Al contrario, la Russia sarebbe pronta a consentire all’Ucraina di far parte dell’Unione europea a fronte di garanzie sulla sicurezza e nel caso in cui rinunciasse ad aderire alla Nato.

L’Ucraina otterebbe le citate garanzie di sicurezza, simili all’articolo 5 della Nato – e cioè quello che impegna tutti i Paesi membri dell’Alleanza Atlantica ad intervenire qualora uno di loro dovesse essere attaccato – da parte di Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Germania, Polonia, Israele, Turchia e, in teoria, anche dalla stessa Russia. Ma la strada non è affatto in discesa, perché rimangono da sciogliere, ad esempio, gli spinosi nodi relativi ai territori occupati dall’esercito russo. Se ci sarà una fumata bianca, Mosca dovrebbe infatti ritirarsi, accontentandosi di tenere Crimea e Donbass.

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