Gli esperti delle Nazioni Unite lanciano l’allarme per l’espansione dello Stato Islamico del Grande Sahara, il presidente Zelensky parla per la prima volta di una soluzione politica e non militare, il presidente del Consiglio Europeo esorta l’Unione ad allargarsi per la propria sicurezza. Una telefonata tra Mosca e Nuova Delhi preannuncia grandi piani condivisi e l’Iran dà l’ultimatum a Baghdad per sgomberare i curdi dal confine: ecco le cinque notizie del giorno.
L’allarme dell’Onu in Mali: lo Stato Islamico raddoppia il controllo sul territorio
Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha lanciato l’allarme sulla situazione dello Stato Islamico in Mali: ad un anno dal ritiro delle truppe francesi – preteso dai militari giunti al potere con un doppio golpe nel 2020 e 2021 – un rapporto di oltre 100 pagine traccia l’evoluzione del gruppo Stato Islamico nel Paese saheliano. “In meno di un anno, lo Stato Islamico nel Grande Sahara ha quasi raddoppiato le aree sotto il suo controllo in Mali” hanno rivelato gli esperti, riferendosi al controllo da parte del gruppo delle aree rurali nell’est del Menaka e ampie zone dell’area di Ansongo, nella regione settentrionale di Gao. Gli attacchi da parte del gruppo nell’area hanno eroso la fiducia nei confronti dell’accordo di pace di Algeri del 2015, poichè hanno dimostrato che gli attori statali sono “fornitori di sicurezza deboli e inaffidabili” per le comunità prese di mira dagli estremisti. Il gruppo terrorista e i rivali affiliati ad al Qaeda hanno approfittato del ritardo nell’implementazione dell’accordo per “ricostruire lo scenario del 2012“, quando in seguito ad un altro colpo di Stat i ribelli formarono uno “Stato islamico” nel nord del Paese. All’epoca l’intervento francese a sostegno del governo maliano costrinse i ribelli alla ritirata, ma da allora questi hanno riconquistato aree di influenza nel nord.
Una possibile soluzione politica per la Crimea
In queste settimane le truppe ucraine sono impegnate nella controffensiva a Sud del Paese, dove cercano di riconquistare le aree occupate e di avanzare verso la costa della Crimea. In un’intervista televisiva però il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha aperto ad una soluzione politica per smilitarizzare e liberare i territori della Crimea – annessa dalla Russia nel 2014 – piuttosto che intervenire militarmente sul territorio e causare altre numerose vittime. “Se arriviamo ai confini amministrativi della Crimea, penso che si possa forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della penisola” ha affermato il presidente. Zelensky ha anche specificato che non ha intenzione di spostare lo scontro sul territorio russo, poiché lo scopo dell’offensiva è la liberazione dei propri territori. Infatti, se le truppe ucraine dovessero avanzare nel territorio russo, Kiev perderebbe rapidamente il sostegno dei partner occidentali e rimarrebbe sola nell’impresa. Si tratta di una delle prime aperture da parte del presidente ucraino sul tema che finora Kiev era sempre stato affrontato in termini militari.
L’Unione si prepari a integrare nuovi membri entro il 2030 – le parole di Charles Michel a Bled
L’Unione europea deve essere pronta a integrare nuovi membri “entro il 2030”, ha esortato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel oggi in occasione del Forum Strategico di Bled, in Slovenia. «Lo dobbiamo fare sia per l’Ue che per i nostri futuri Stati membri», ha aggiunto. “È così che da ora dovremmo chiamare i Paesi che hanno confermato la prospettiva dell’Ue. Futuri Stati membri. È tempo di sbarazzarsi delle ambiguità, è ora di affrontare le sfide con chiarezza e onestà“. Il riferimento è ai cinque paesi dei Balcani occidentali, Ucraina e Moldavia che sono candidati all’integrazione nel blocco.” Per essere più forte e più sicura, l’Ue deve rafforzare i nostri legami, ecco perché è giunto il momento di affrontare la sfida dell’allargamento” ha spiegato il presidente del Consiglio. “Il prossimo bilancio a lungo termine dell’Unione dovrà includere i nostri obiettivi comuni: darà una spinta trasformativa alle riforme e genererà interesse, investimenti e una migliore comprensione. Ecco perché i leader dell’UE discuteranno dell’allargamento nelle prossime riunioni del Consiglio europeo. Prenderemo posizione sull’apertura dei negoziati con l‘Ucraina e la Moldavia. E mi aspetto anche che la Bosnia-Erzegovina e la Georgia tornino sul tavolo”.
Mosca e Nuova Delhi condividono piani “su larga scala”
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha reso noto che, nel corso di una lunga telefonata, Vladimir Putin e Narendra Modi hanno discusso della cooperazione nel settore dell’energia, constatando “la dinamica positiva della cooperazione economica e nel commercio e la reciproca intenzione all’attuazione di progetti su larga scala nel settore dell’energia e di un lavoro congiunto nell’espansione dei trasporti internazionali e delle infrastrutture logistiche”. Il presidente russo e quello indiano si sono anche scambiati opionini in vista del prossimo vertice del G20 che si terrà il 9 e 10 settembre in India, riguardo al quale Putin ha informato che non potrà partecipare perché “molto impegnato”, e che la Russia sarà rappresentata dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov.
“Vanno disarmati e trasferiti”: l’Iran vuole i curdi lontani dal confine iracheno
Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani ha dichiarato che i “gruppi terroristici anti-iraniani” che operano dalla regione del Kurdistan iracheno devono essere disarmati e trasferiti dall’area di confine entro la scadenza del 19 settembre prossimo, e ha sottolineato che il termine non sarà prorogato in nessuna circostanza. Kanaani ha parlato durante l’ordinaria conferenza stampa a Teheran, e ha specificato che l’Iran si aspetta che il governo di Baghdad implementi pienamente l’accordo sulla sicurezza siglato in marzo per proteggere il loro confine comune, che prevede lo scioglimento dei gruppi separatisti. “Dopo questa scadenza, se l’Iraq non rispetterà i suoi impegni, il governo iraniano si assumerà le proprie responsabilità, al fine di garantire la sicurezza del Paese”. La regione autonoma del Kurdistan, nel nord dell’Iraq, ospita campi e basi gestiti da diverse fazioni curde iraniane, che Teheran accusa di servire gli interessi occidentali e israeliani.