Lo scorso 11 luglio il razzo Vega 15 avrebbe dovuto mettere in orbita il primo satellite spia degli Emirati Arabi Uniti, il Falcon Eye 1, ma il vettore, poco dopo il lancio dal poligono di Kourou nella Guyana francese, perde quota e si inabissa nell’Oceano Atlantico.
L’incidente è stato il primo che ha coinvolto il razzo Vega, progettato per il 70% dalla Avio Spa di Colleferro: dopo circa due minuti di volo, all’accensione del secondo stadio (chiamato Zefiro 23), un’anomalia diffusa dei sistemi ha provocato una drastica diminuzione della spinta che ne ha causato lo schianto in mare.
I precedenti 14 lanci dei razzi tipo Vega, effettuati per conto della francese Arianespace, sono sempre stati coronati da successo facendone uno dei vettori più sicuri al mondo. Questo, unito all’improvvisa e catastrofica catena di malfunzionamenti, ha fatto pensare che la perdita sia da imputare ad un atto di sabotaggio.
L’occhio indiscreto degli Emirati nello spazio
Il satellite Falcon Eye 1 fa parte di una coppia di satelliti spia costruiti dalla Francia per conto degli Emirati Arabi Uniti, i primi in assoluto per Abu Dhabi. Il contratto di produzione e messa in orbita ha un valore complessivo di un miliardo di euro ed in particolare Falcon Eye 1 è stato assicurato per 416 milioni di dollari.
Il satellite, secondo fonti specializzate, era dotato della più avanzata ottica che la Francia avesse mai messo a disposizione ad un Paese straniero. Falcon Eye 1 sarebbe stato in grado, infatti, di spazzare un’area di venti chilometri quadrati con una risoluzione di 70 centimetri. Costruito da un consorzio costituto dalla Airbus Defence and Space e dalla Thales Alenia Space pesava 1197 chilogrammi avrebbe dovuto essere messo in orbita a 611 chilometri di altezza dalla superficie terrestre.
Il direttore generale dell’agenzia spaziale degli Emirati Arabi, il dottor Mohammed al-Ahbabi, ha spiegato, in occasione dell’incidente, che “il sistema Falcon Eye include 2 satelliti (Falcon Eye 1 e 2). Lo scopo del secondo è quello di essere un’alternativa rispetto al primo in caso di perdita o malfunzionamenti”.
Ha infine aggiunto che il secondo satellite sarà lanciato, sempre dalla Guyana francese, entro la fine di quest’anno.
I sospetti di sabotaggio
La serie improvvisa di anomalie ha destato sospetti immediati di un possibile sabotaggio: ad affiancare la commissione di inchiesta congiunta dell’Esa e di Arianespace, infatti, è arrivato un esperto della Dga, la direzione generale degli armamenti francese, seguito da uno del Ministero della Difesa italiano.
Come riporta anche Repubblica, a Palazzo Chigi i dubbi sull’incidente sono arrivati poche ore dopo lo schianto, determinando la mobilitazione della nostra intelligence per un’ istruttoria altamente riservata.
Il Falcon Eye 1, infatti, rappresentava uno strumento molto delicato in mano a un Paese che, in questo periodo storico, è tra i protagonisti di una crisi internazionale dove sono coinvolti attori regionali e mondiali: quella del Golfo Persico.
Una cortina di silenzio è scesa sull’incidente e sull’ipotesi del sabotaggio, allo stesso modo il lancio di Vega 15 è avvenuto in sordina, ma i sospetti che il fallimento della missione possa essere stata causato da un intervento esterno è forte proprio per le attuali congiunture internazionali.
Gli Emirati Arabi Uniti sono infatti uno dei diretti avversari dell’Iran e sono attivi nella lotta alle milizie sciite in Yemen: uno strumento sofisticato come il Falcon Eye 1 avrebbe potuto dare un vantaggio diretto ad Abu Dhabi rispetto a Teheran anche in considerazione delle evidenti difficoltà incontrate dall’Iran nel suo programma missilistico.
Il rateo di incidenti dei vettori iraniani è infatti molto alto (circa il 70% rispetto al 5% del resto dell’industria spaziale) ed i tentativi di mettere satelliti in orbita si è trasformato sempre in un fallimento.
Si apre quindi la possibilità che dietro l’incidente a Vega 15 ci possa essere lo zampino dell’Iran e della sua cyber warfare, divenuta sempre più attiva e pericolosa negli ultimi anni. Sebbene sia difficile credere che Teheran possa avere le risorse e le capacità di penetrare le difese telematiche dei computer del poligono francese di Kourou oppure di mettere in atto attacchi elettronici di disturbo (jamming) delle comunicazioni spaziali, non è da escludere che possa essere stato coadiuvato in questo dai suoi “alleati”: la Cina e la Russia.
Analisti del Royal Institute of International Affairs avvisano che “Cina e Russia stanno dando impulso alla guerra elettronica, ai cyber attacchi e agli strumenti per ottenere la superiorità sul campo di battaglia elettromagnetico” ed entrambe le nazioni “pongono particolare attenzione a “disturbare le comunicazioni satellitari dell’avversario inibendone l’efficacia operativa” quindi sia la Cina sia la Russia stanno cercando mezzi per compromettere la rete satellitare degli Stati Uniti e dei suoi alleati, come gli Eau.
A rafforzare questa tesi c’è l’esponenziale aumento dei cyber attacchi provenienti da Russia, Cina, Corea del Nord e Iran che aprono ad un’ipotesi affatto campata in aria: Teheran potrebbe essere stata usata da Pechino o da Mosca come proxy per un cyber attacco di questo tipo.
Il confronto in Medio Oriente, via via sempre più caldo, non si sta svolgendo solo con la contrapposizione di assetti navali e aerei, bensì anche con attacchi cibernetici che vedono protagonisti gli Stati Uniti – con al loro fianco Israele, Arabia Saudita e Eau – e l’Iran, affiancato dai suoi proxy. In questo scenario Russia e Cina restano ai margini ma sono entrambe coinvolte, quindi è ragionevole pensare che la perdita di Vega 15 possa essere stata causata da un intervento iraniano sotto controllo di Mosca o Pechino.
Sicuramente il prossimo lancio ci fornirà più elementi per capire cosa realmente possa essere successo: al di là di un possibile secondo “incidente” – il virgolettato ora è d’obbligo – sarà interessante vedere che tipo di misure di sicurezza prenderanno Esa ed Arianespace, e, qualora siano di tipo diverso, avremo la prova indiretta di un precedente sabotaggio.