Nel 2014 con la proclamazione del califfato da parte di Abu Bakr Al Baghdadi, l’Isis prova a diventare uno Stato a tutti gli effetti. Ha una capitale, Raqqa, una città importante, Mosul, un’estensione territoriale ampia e vasta che da Falluja arriva fin dentro la provincia di Damasco. Dinamiche molto simili a quelle di un vero e proprio Stato, con i miliziani provenienti da tutto il mondo a fungere da esercito. E, come in ogni Stato che si rispetti, arrivano anche i colpi di Stato tentati contro la leadership. La follia dell’Isis, che a livello di estensione territoriale volge oramai verso il tramonto nel deserto mesopotamico, può essere equiparata quasi ad una nazione anche per questo motivo. Pare infatti che, a settembre, un gruppo di miliziani avrebbe provato ad eliminare lo stesso “califfo” Al Baghdadi. 

Il presunto “colpo di Stato” in quel che resta del califfato 

Sembra un po’, con le dovute differenze e proporzioni, la stessa dinamica dell’operazione Valchiria del luglio 1944: in quel caso, un Reich oramai avviato alla sconfitta vede l’emergere di alcuni ufficiali della Wehrmacht che pianificano un attentato contro Adolf Hilter con lo scopo di attuare un colpo di Stato. Nella Siria orientale di fatto sarebbe accaduto un qualcosa di molto simile: alcuni miliziani dell’Isis, in un califfato oramai prossimo alla sconfitta e ridotto soltanto ad un pugno di villaggi sulla riva orientale dell’Eufrate, organizzano un’imboscata contro Abu Bakr Al Baghdadi. Il leader indiscusso, trincerato in un nascondiglio di una delle poche località in cui sventola la bandiera nera, è oggetto di un attacco volto a dare all’organizzazione terroristica un nuovo vertice. 





A darne notizia è il quotidiano britannico The Guardian, in un articolo del giornalista Martin Chulov. Nel pezzo ci si avvale della testimonianza di una fonte ritenuta affidabile: si tratta, in particolare, di Jumah Hamdi Hamdan, uomo di 53 anni che nei mesi scorsi si trova all’interno del triangolo ancora in mano all’Isis. Tutto sarebbe avvenuto nel villaggio di Al Keshma nel mese di settembre. La località è vicina al villaggio di Baghouz, l’ultima roccaforte del califfato attualmente sotto assedio delle forze Sdf. “L’ho visto con i miei occhi – dichiara Hamdan – I combattimenti sono andati avanti per diversi giorni. Alcuni miliziani, soprattutto tunisini, hanno ingaggiato una battaglia con le guardie del corpo di Al Baghdadi”. Il leader dell’Isis sarebbe quindi rimasto accerchiato per diversi giorni: non solo tunisini, ma anche algerini e marocchini avrebbero partecipato alla battaglia contro Al Baghdadi. I miliziani “ribelli” sembrerebbero anche molto organizzati: tunnel scavati nelle vicinanze del covo del leader e tecniche di battaglia collaudate per provare a prendere il potere in seno all’organizzazione terroristica. 

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Qualcosa però va storto. Come riferisce sempre Hamdan e come confermato da alcuni generali delle forze Sdf al The Guardian, i ribelli perdono e vengono subito giustiziati. Le guardie di Al Baghdadi riescono a respingere l’attacco ed il “colpo di Stato” tutto interno al regno del terrore finisce senza stravolgimenti in seno ai vertici dell’Isis. Da allora, si legge ancora sul The Guardian, Al Baghdadi si sarebbe spostato. Probabilmente si trova proprio a Baghouz, ultimo “bunker” suo e del califfato che proclama a Mosul nel 2014. Se queste circostanze vengono confermate, nei prossimi giorni si potrebbe assistere al più classico degli epiloghi di ogni guerra: il ricercato che crolla nella sua ultima roccaforte assieme al suo gruppo oramai sconfitto. 

Le sorti incerte di Al Baghdadi

In verità però, c’è anche da dire che Abu Bakr Al Baghdadi dal 2014 è perennemente attorniato dal mistero. Viene dato per morto tante volte: iracheni, americani, siriani e russi in più di un’occasione sostengono con certezza di aver ucciso o catturato il leader dell’Isis. Puntualmente però, arrivano ogni volta riscontri diametralmente opposti. L’ultimo suo messaggio audio risale al mese di settembre 2017, tre mesi dopo essere dato per morto a seguito di un raid russo a Raqqa. Un anno dopo dunque, a seguito ella testimonianza riportata dal The Guardian, Al Baghdadi sarebbe ancora vivo e rifugiato nelle ultime roccaforti del suo califfato. Sopravvissuto al tentativo di colpo di Stato, l’introvabile califfo si troverebbe ancora sulle rive dell’Eufrate. Possibile che in queste settimane stia pensando ad una fuga verso il deserto di Abu Kamal, ma c’è chi spera in una sua cattura una volta caduto anche il villaggio di Baghouz. 

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