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La settimana scorsa, il 15 ottobre, la ricognizione satellitare ha scoperto una petroliera iraniana in navigazione nel Mar Mediterraneo scortata da un cacciatorpediniere russo. La petroliera Samah è infatti apparsa in navigazione a breve distanza dal caccia della classe Udaloy (o project 1155) Vice-Admiral Kulakov, che è ormai di stanza nel porto siriano di Tartus. Le due unità erano accompagnate da una petroliera della flotta russa, la Akademik Pashin, che è stata vista dirigersi verso sud dalla costa siriana nei giorni precedenti. La Samah è entrata in Mediterraneo attraverso Suez e si è incontrata con le navi russe, Akadamik Pashin in testa, il 14 ottobre, ovvero il giorno prima che le tre unità venissero scoperte dalla ricognizione satellitare che le mostrava in navigazione verso nord.

La mattina del 17 ottobre, una nave cisterna simile alla Samah è stata notata ancorata al largo del terminal petrolifero di Baniyas in Siria, posto a circa 50 chilometri a sud di Latakia. Nello stesso giorno la Akademik Pashin stava navigando a ovest verso la Grecia. Ad oggi, 23 ottobre, la petroliera russa, come risulta da Marine Traffic, è in navigazione a est di Creta.

La Samah, come accennato, è entrata nel Mediterraneo passando attraverso il canale di Suez, e appena superatolo ha spento l’Ais, ovvero il dispositivo simile al transponder aeronautico che segnala posizione, direzione, tipologia e velocità del natante, evitando così, seguendo questa rotta, di doppiare lo stretto di Gibilterra teatro del sequestro di un’altra petroliera iraniana, la Adrian Darya 1 (già nota come Grace 1), che il 5 luglio dell’anno scorso era stata abbordata dai Royal Marines inglesi e costretta a fermarsi nella rada di Gibilterra per più di un mese.

In quell’occasione la nave era stata bloccata nel rispetto dell’embargo alla Siria imposto dall’Unione Europea e dal Dipartimento del Tesoro Usa.

Il passaggio da Suez ha così evitato alla Samah di poter andare incontro ad una sorte simile a quella della Adrian Darya 1, ma l’intervento russo, in questo caso, è una novità assoluta che apre scenari interessanti.

La Marina russa, infatti, ha lasciato intendere che diventerà più attiva nella scorta di navi mercantili nella regione. Dopo l’arrivo a destinazione della petroliera iraniana, la Vmf (Voenno-morskoj Flot) ha effettuato un’esercitazione al largo della Siria, intesa a proteggere “il regolare passaggio delle navi civili”. In particolare è stato simulato un attacco da parte di un sottomarino a cui ha risposto proprio il cacciatorpediniere Vice-Admiral Kulakov: come si vede in un video di Zvezda Tv, un elicottero Ka-27 è decollato dalla nave mentre si trovava a pochi chilometri dalla costa, proprio nei pressi del porto siriano di Baniyas. L’elicottero, dopo aver trovato il suo bersaglio immerso, ha inviato un messaggio al cacciatorpediniere che ha simulato un attacco con bombe di profondità.

Il canale televisivo russo riferisce che il compito di tutte le navi che hanno partecipato all’operazione è di stabilire una zona sicura per il passaggio delle navi commerciali.

L’esercitazione della Kulakov, e lo stesso servizio di scorta alla petroliera battente bandiera dell’Iran, potrebbero essere segnali inviati agli alleati della Russia, ma soprattutto ai potenziali avversari, che Mosca impedirà attivamente qualsiasi interferenza con le spedizioni iraniane.

Attualmente la Voenno-morskoj Flot dispone, nel porto di Tartus, di una flottiglia composta da due fregate classe Admiral Grigorovich (Admiral Essen e Admiral Makarov), un cacciatorpediniere classe Udaloy, un sottomarino hunter killer (Ssk) classe Kilo migliorata (o project 06363), il Rostov sul Don, una corvetta della classe Buyan-M (l’Ingushetiya), una nave da sbarco (la Saratov della classe Alligator), una unità cacciamine, una nave spia (la Priazove), tre navi petroliere, una nave officina più un rimorchiatore d’altura e altre 4 unità sottili.

Se Mosca deciso che la rotta petrolifera Iran-Siria è ora sotto protezione della Marina russa, è probabile che si complichi l’applicazione delle sanzioni internazionali a cui è sottoposto il regime siriano, e allo stesso tempo aprirebbe un canale preferenziale per le esportazioni di idrocarburi iraniani, che, tra le varie destinazioni, raggiungono anche il Venezuela.

L’attività di scorta e l’esercitazione dell’Admiral Kulakov sembrano quasi una “prova” per sondare le reazioni della comunità internazionale, ed in particolare degli Stati Uniti e dei suoi alleati europei che ancora hanno attivo l’embargo alla Siria. Reazioni che, per il momento, sembrano tardare.

Quello che è invece palese è la maggiore assertività russa che ha preso in carico la “questione iraniana” oltre che quella siriana: Mosca se dovesse decidere di effettuare un regolare servizio di scorta alle navi di Teheran dimostrerebbe la propria volontà di schierarsi alla parte degli Ayatollah non solo a livello economico/commerciale, come si può anche evincere dalla decisione di riprendere la collaborazione nell’ambito militare, ma anche a livello diplomatico.

Una scorta navale è un segnale molto forte per le cancellerie occidentali, e una tale scelta potrebbe mettere in crisi proprio l’Unione Europea, che si trova, in questo particolare contesto storico, in mezzo a Stati Uniti e Russia come un vaso di coccio tra vasi di ferro, almeno per quanto riguarda le questioni politiche. L’Ue, infatti, ha sempre cercato di mediare le posizioni perentorie statunitensi sulla questione iraniana, ad esempio, e anche con la Russia ha un rapporto ambivalente fatto di adesione alle sanzioni internazionali ma di collaborazione energetica, quindi davanti alla possibilità di dover intervenire per far rispettare l’embargo alla Siria con le navi russe in mezzo, sarebbe in estrema difficoltà. Difficoltà che non avrebbero gli Stati Uniti, che sono il vero attore da osservare in questi giorni, e che, per il momento, non hanno ancora reagito alla mossa della Russia.

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