È trascorso un anno dalla guerra voluta da Vladimir Putin, dall’invasione del territorio ucraino, dall’inizio di morti e scie di sangue. Migliaia di vittime innocenti, soldati uccisi ed esecuzioni truculente. Nessun segnale degno di nota dalle trattative per il cessate il fuoco, riflettori accesi sulle dinamiche a livello internazionale con protagonisti anche Stati Uniti e Cina, senza dimenticare l’Europa. L’Italia ha sempre mantenuto la barra dritta, nonostante il cambio di governo e di maggioranza. Il passaggio da Mario Draghi a Giorgia Meloni non ha visto scossoni per quanto concerne il sostegno a Kiev: totale e incondizionato.
L’esecutivo di unità nazionale fatto cadere dal Movimento 5 Stelle ha interpretato un ruolo importante a livello europeo nel sostegno al Paese di Volodymyr Zelensky. Draghi si è esposto in prima persona con gli altri leader, ribadendo l’importanza di individuare spiragli di pace e mediazione ma allo stesso tempo rimarcando l’imperativo di ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina. In altre parole, di garantire il rispetto di un popolo aggredito.
Come anticipato, il risultato delle elezioni del 25 settembre non hanno segnato svolte o passi indietro sul sostegno a Kiev. Anzi, hanno rafforzato le garanzie di sostegno. Le perplessità appartengono sono alla sinistra: il Movimento 5 Stelle si è reso protagonista dell’ennesima capriola firmata Giuseppe Conte, un riposizionamento ultra-pacifistica per una logica elettorale. No convinto all’invio di armi da parte dei grillini, ma anche di Verdi e Sinistra Italiana, alleati del Partito Democratico.
In politica, come in molti altri ambiti della vita, contano i fatti più delle parole. E i fatti sono noti a tutti, a prescindere dalle fake news: il centrodestra ha sempre votato in maniera compatta pro-Kiev. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno votato documenti operativi e di solidarietà sin dall’inizio dell’invasione. Tenere aperto il dialogo per arrivare alla pace è un conto, smettere di contribuire alla difesa di un Paese aggredito è tutt’altro discorso. Nonostante la propaganda e le accuse lanciate in campagna elettorale, la sinistra sul punto è apparsa quantomeno confusa. Restando all’opposizione, discorso diverso per Italia Viva e Azione: i partiti guidati da Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno sempre votato per fornire aiuti e armi a Kiev, confermando la linea tenuta durante la presidenza Draghi.
Il viaggio in Ucraina di tre giorni fa ha confermato ancora una volta l’indirizzo di Giorgia Meloni. Il primo ministro ha espresso a parole e con i fatti il sostegno a Kiev sia dai banchi dell’opposizione, sia da Palazzo Chigi. “Potete contare sull’Italia. Siamo con voi dall’inizio e lo saremo fino alla fine. Avete tutto il nostro il supporto”, il messaggio della leader di Fratelli d’Italia a Zelensky.
In prima linea anche Antonio Tajani e Guido Crosetto. Il titolare della Farnesina ha ribadito a più riprese la contrarietà azzurra all’invasione russa e l’appoggio all’indipendenza ucraina, come certificato dalle votazioni in Parlamento. “Dobbiamo essere ottimisti anche in un momento difficile, non dobbiamo mai dimenticare che alla fine prevale il bene sul male, che alla fine prevarrà la pace e dobbiamo impegnarci tutti noi affinchè si arrivi a un accordo che non penalizzi l’Ucraina perchè la resa sarebbe una cosa diversa dalla pace. Se aiutiamo quel Paese lo facciamo perchè vogliamo una trattativa”, la sua posizione. Posizioni condivise dal collega della Difesa, che ha dovuto fare i conti con minacce e offese personali da parte dell’elite russa, a partire dall’ex presidente Dimitri Medvedev.